venerdì 8 gennaio 2010

Ragnarok

05

« Mia sorella è ricercata. Sembra che abbia ucciso un vecchio nobile, decaduto tra l'altro, e adesso la stanno cercando in lungo e in largo. L'uomo che mi ha spedito la lettera dice di averla vista l'ultima volta nella città di Sejh'katar che si stava dirigendo a Nord. »
Il capitano delle guardie guardava il paesaggio innevato appoggiato con i gomiti sull'alto mura della terrazza del castello reale, gli faceva strano parlare di sua sorella, non aveva mai rivelato a nessuno della sua esistenza, sarebbe stata un'onta troppo grossa per esere lavata via facilmente, si vergognava di essere suo fratello ma, nonostante non si vedessero da anni, continuava a preoccuparsi per lei.
« Sai, non è propriamente mia sorella, in comune abbiamo il padre ma le nostre madri sono diverse. Siamo coetanei, nostro padre ci ha concepiti nello stesso periodo, non ho ide di come siano andate le cose, se lui abbia tradito mia madre o la madre di mia sorella, fatto sta che venne scoperto e che gli venimmo affidati senza troppi complimenti. Lui era un mercenario, combatteva per soldi, non ci faceva mancare nulla, questo lo ammetto ma ogni notte ci addormentavamo con il dubbio di non rivederlo mai più.
Poi non so cosa successe, ero troppo piccolo perché possa ricordare, so solo che venni affidato a Fafka al Denìo, ne presi il cognome e divenni suo figlio a tutti gli effetti; ogni tanto mi arrivavano notizie di mio padre e mia sorella, la fece diventare una mercenaria come lui... E adesso guarda come è ridotta, costretta alla fuga, esattamente come nostro padre. »
Katòn noc Ferac ascoltò il racconto dell'amico in religioso silenzio, era perfettamente conscio del fatto che West non stava realmente parlando con lui bensì stava confessandosi, stava liberandosi di un peso che lo opprimeva da tempo; il principe non sapeva cosa dire, cosa poteva fare lui? Anche se era il reggente non poteva annullare il mandato di cattura che pendeva sopra la testa della sorella dell'amico, non poteva usurpare la legge o si sarebbe comportato alla stregua di un tiranno, e poi non sapeva neppure come si chiamasse questa donna, West non aveva fatto il suo nome.
« Se posso fare qualcosa per te... » Kat gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla, non era di grande aiuto ma voleva sapesse che avrebbe potuto contare sempre su di lui. West sorrise e cambiò argomento di discussione, non era suo stile rimuginare troppo sulle cose.
La luna era coperta da nubi e non si riuscivano a vedere le stelle, il cielo era oscuro, nero, tenebroso; in lontananza si sentiva l'eco di un temporale che si stava avvicinando, in breve tempo avrebbe raggiunto quella zona per inondarla con la sua pioggia. Kat e West stavano in silenzio a fissare un paesaggio invisibile ai loro occhi, non c'era abbastanza luce per poter vedere oltre il proprio naso; il principe starnutì, faceva freddo quella sera e anche se si era coperto con una pelliccia di ermellino il gelo si insinuava dentro le sue ossa.
Ad un tratto una goccia di pioggia cadde dal cielo per posarsi su una guancia del capitano, poi un'altra sui capelli di Katòn, un'altra ancora sul pavimento del terrazzo, e alla fine il temporale giunse a distrarli dalle loro preoccupazioni. I due amici si rifugiarono sotto i loggiati della terrazza, West non era intenzionato a tornare giù al pian terreno, nell'ala dedicata ai soldati, voleva rimanere ancora là a non pensare a niente, se fosse tornato nella sala comune sarebbe stato sommerso di richieste e impegni, in quel momento desiderava soltanto restare in pace; Katòn noc Ferac, dal canto suo, aveva deciso di rimanere accanto all'amico in quel momento di più bisogno, si sostenevano a vicenda e come il capitano aveva sostenuto lui allora lui avrebbe fatto altrettanto.

La campana del castello suonò mezzanotte e ruppe il silenzio che vi aleggiava facendo sentire a tutti il miracolo della tecnologia. C'erano voluti quasi cinquant'anni perché gli scienziati e gli uomini di sapere di tutta Irrfad riuscissero a costruire la torre campanaria del castello, mezzo secolo di ingegni e progetti di costruzioni, discussioni tra i più esperti luminari e allegre scazzottate tra gli operai, ma alla fine era venuta su: un'alta torre che segnava l'orario del giorno diviso in ventiquattro ore.
Il problema degli scienziati non fu tanto quello di suddividere la giornata in ore, quanto quello di proiettare l'ora su un grande pannello di forma rotonda posto in cima alla torre.
Il risultato finale fu quella immensa torre, la più alta del castello, nella parte più alta, sui quattro lati vi era una lastra di ferro rotonda, intagliata in dodici parti, all'interno una grande stanza conteneva una dozzina di clessidre, ciascuna di essa misurava il tempo corrispondente ad un'ora; ogni clessidra faceva muovere due lancette sui pannelli, quando si svuotava una clessidra la sabbia di quella successiva iniziava a scendere in un ciclo che non si arrestava ormai da tre secoli; due uomini erano incaricati di girare le clessidre e di supervisionare lo stato delle complesse macchine che lavoravano giorno e notte. La torre campanaria fu il vanto di Irrfad per molto tempo, unica fra tutti gli stati a possedere una torre simile, negli anni avvenire quella tecnologia si diffuse in tutto il regno, ma quella del castello era rimasta la più famosa.
« Sarà meglio che tu ritorni nelle tue stanze, non è adatta ad un principe la vita notturna. » esordì il capitano delle guardie sospirando e scrollando le spalle mentre si avviava alle scale che l'avrebbero condotto nella sua stanza.
« uh? Sì, sì, è il caso di andare. » rispose Katòn interdetto per un secondo, il suo piano iniziale era quello di confessare all'amico che aveva battuto volontariamente la testa contro una colonna perché la sua parte razionale rifiutava la situazione in cui s'era cacciato, probabilmente gli avrebbe dato del pazzo ma West era l'unica persona a cui confidare un segreto simile.
« A proposito, tu non volevi dirmi qualcosa per caso? »
Come volevasi dimostrare, Kat rimase, per la seconda volta in brevissimo tempo, senza parole, cosa poteva rispondere all'amico?
« Chi io? Sì... cioè no, cioè... prima sì, ma adesso non importa più. »
« Non sei mai stato bravo a raccontare bugie, su, parla. »
« No davvero, non è niente di importante. »
West inarcò un ciglio e incrociò le braccia, non sopportava quando si tentava di nascondergli le cose.
« Me lo dici con le buone o devo estorcerti le parole con la forza? »
« E va bene, te lo dirò, » sospirò Katòn rassegnandosi « ma almeno sforzati di credermi! »
« Ok, va bene, non vedo quando mai ti avrei dato del bugiardo ma va bene. »
« West! Quando ti ho fatto il resoconto dettagliato della mia visita al Tempio di Roriath mi hai dato del bugiardo!! »
« Oh andiamo... non penserai mica davvero che io creda seriamente a questa storia della Dea? »
« Appunto... Be' se la metti così allora è inutile che io parli, dato che ha a che fare con la Dea! »
Il principe imboccò le scale con grande disappunto, era il suo migliore amico, perché continuava a non credergli? Era sempre stato sincero con lui, non aveva mai avuto motivo di mentirgli, perché mai avrebbe dovuto iniziare da quel momento? Non aveva voglia di stare a ragionarci sopra, si era preso una giornata di vacanza dai suoi impegni e doveva recuperare assolutamente, doveva consultarsi con il Consiglio per discutere sulle tasse, sulle condizioni del popolo, dello svolgimento della guerra... troppo da fare per un giovane principe più avvezzo alla conoscenza come lui.

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