martedì 26 ottobre 2010

Ragnarok

28

Fendenti, scoccate, parate, per tre lunghi giorni Katòn si dedicò ad affinare le sue misere capacità con le armi bianche insieme a West, suo spietato mentore. Non riusciva a capire come mai, dopo ogni scontro, i muscoli delle gambe e delle braccia gli dolevano così tanto da farlo lacrimare mentre West pareva fresco come una rosa; questo faceva montare al principe cadetto una rabbia tale da renderlo, scontro dopo scontro, più determinato a batterlo, fosse stato anche solo per una volta sola.
Il primo giorno aveva dimostrato a tutto il castello di non essere affatto portato per combattere con la spada, perfino suo padre era andato ad assistere a quell'evento straordinario, il principe Katòn che tirava di spada non era certamento uno spettacolo ordinario.
Il secondo giorno di allenamenti vide il principe minore combattere con suo padre, nobili e alti dignitari di corte accorsero immediatamente, West stava da parte incitando l'amico a battersi con forza e coraggio. Sua Maestà si era rivelato uno spadaccino ancora in forma, dopo aver battuto il figlio ricevette il plauso di tutti gli spettatori; Katòn si defilò nelle sue stanze, meditando sulle infime possibilità che aveva di sconfiggere un Sicario in duello.
Il terzo giorno Katòn riuscì, dopo ingenti sforzi, a colpire West ad un braccio, tuttavia fu subito sconfitto dall'attacco successivo dell'amico: il principe aveva attaccato, ma West aveva parato e lo aveva colpito allo stomaco con un pugno deciso. Katòn cadde a terra ansimando e tossendo violentemente.
« Non si combatte come cani rabbiosi, Katòn.
Se vuoi attingere alla rabbia che hai in corpo per combattere va bene, ma fallo con la testa. »
« Mi hai tirato un pugno... » protestò Katòn ansimando per il colpo ricevuto.
« Sì, non crederai mica che i Sicari siano degli uomini d'onore, vero? »
Il giovane rifletté per qualche minuto sulle parole dell'amico, non gli si poteva certo dar torto.
Aborrava l'idea di dover condurre un duello, men che mai in maniera tanto subdola eppure sapeva che era l'unica possibilità che aveva.
Non gli importava degli altri araldi, in quel momento la sua priorità era sconfiggere il Sicario prima che potesse commettere altri omicidi.
Katòn rinfoderò la spada. Era quasi ora di andare.

Il luogo scelto per l'appunto era il medesimo dove l'araldo di Corinne s'era fatto vedere tre giorni prima. Il sole era alto nel cielo e la temperatura dell'aria era piacevolmente calda per essere agli inizi della primavera; la foresta si stava animando dei piccoli animaletti in carca di cibo, degli uccellini e del loro canto, della vita che si risvegliava dopo il lungo inverno.
Katòn e West arrivarono puntuali, era possibile sentire i tre rintocchi pomeridiani della Torre Campanaria, esattamente come il Sicario aveva chiesto...
Quando il principe e il capitano delle guardie erano tornati al castello una cameriera porse a Katòn una busta sigillata con della ceralacca nera, il principe era andati nei suoi appartamenti e, insieme a West, l'aveva aperta leggendo così che il Sicario incontrato prima gli aveva fornito le indicazioni per l'incontro successivo.
« Il nostro uomo non si fa vedere. » commentò West smontato da cavallo.
« Dev'esserci sicuramente una motivazione per questo suo ritardo. » rispose Katòn guardando apprensivamente l'amico.
Da una fonte sicura – una vecchia cameriera che si era occupata di entrambi con amore – aveva scoperto che ultimamente il giovane capitano delle guardie era solito cenare insieme a Dama Felia, vedova del conte Gunfrast, ucciso durante la Battaglia del Deserto. Non che la cosa gli desse fastidio, anzi, era molto contento che finalmente West avesse iniziato a mettere la testa a posto; quello che lo preoccupava era il coinvolgimento dell'amico nel Ragnarok.
Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Poi gli balenò alla memoria una cosa che gli aveva detto il capitano dopo il suo incontro con il Veggente. Se davvero il povero vecchio poteva vedere nel futuro, allora...
Cercò di tornare ai suoi pensieri principali, non era il momento di esultare per certe cose, la sua priorità era il Sicario, guadagnarsi in qualsiasi modo la sua fiducia e poi colpirlo alle spalle.
« Perdonate il mio ritardo, il mio lavoro mi espone spesso a dei contrattempi. »
L'araldo di Corinne si presentò finalmente al principe e al capitano delle guardie.
In poche parole spiegò loro che in città c'era un altro araldo e che il loro compito era quello di farlo uscire di scena il prima possibile per evitare scontri inutili alle loro dee.
« Aspetta, anche se noi diventassimo alleati, alla fine rimarrebbero Roriath e Corinne, lo scontro finale.
Chi mi assicura che non cercherai di farmi fare la medesima fine degli altri araldi? »
« Principe, suvvia, così m'offendete. Una volta che rimarranno solo loro due il nostro compito sarà finito, spetterà alle nostre Signore combattere, noi non dovremo più fare niente. »
Katòn lo fisso perplesso, non si fidava.
« Indicaci la strada. » sospirò il principe cadetto affiancandosi all'amico.
Il Sicario fece un sorrisetto e si portò avanti; non parlarono per tutta la durata del breve viaggio, West era concentrato ad osservare ogni minimo movimento del sicario, Katòn perso nei suoi pensieri. In città presero vie secondarie e stretti viottoli.
« Poco più avanti ci aspetta il nostro obiettivo, per depistarlo gli ho suggerito che avremmo potuto essere alleati. Ovviamente non sarà così, non guardatemi di sbieco. »
« Sempre che di te ci si possa fidare. » insinuò West.

La piazzetta dove il sicario aveva deciso di darle appuntamento era deserta, non si vedeva nessuno che camminasse o che passasse di là per puro caso.
Shirea si tormentava le mani, si era ripassata il discorso più e più volte durante quei tre giorni, solo poche frasi: "Ilùva non accetta, vuole combattere con Corinne, ora, immediatamente.", non era così difficile da pronunciare.
Si guardò intorno, di quell'uomo nemmeno una traccia. Era agitata, spaventata, ma si impose la calma, se qualcosa fosse andato storto Ilùva non sarebbe stata contenta, gliel'aveva promesso, l'avrebbe cercata anche all'altro mondo pur di vendicarsi.
Sentì dei passi dietro di lei.
Si volto lentamente, prendendo il coraggio a due mani per affrontare il Sicario.
Non era preparata alla visione che le si poneva agli occhi.

sabato 2 ottobre 2010

Ragnarok

27

« Vieni West, ti faccio conoscere la Dea della Guerra, mi sembra un atto dovuto dal momento che ti ho coinvolto in questa assurda guerra divina. »
« Sì... certo, e magari prendete anche il té insieme. »
« Non ti conviene fare lo spiritoso, non davanti a lei. »
Le vie della città erano affollate e strette, i banchi del mercato occupavano gran parte delle strade. La fiera era rinomata in tutto il regno, si diceva fosse possibile trovare tutto ciò di cui si aveva bisogno e non: cibi esotici, stoffe preziose, monili. C'erano addirittura commercianti che vendevano mobili; nelle piazze si potevano trovare dei venditori di frutta candita, ortaggi e frutta, frutta secca.
Le locande e le taverne erano piene e lavoravano di gran lena mentre nei postriboli le donne decantavano le gioie e i piaceri del sesso per attirare clienti.
Il mercato della Capitale era famoso anche per la sua lunga durata, si svolgeva una volta ogni tre mesi, una per ogni stagione dell'anno, ma per sette giorni e sette notti non chiudeva mai.
Le notti erano dedicate alle feste e agli artisti, i menestrelli suonavano le loro melodie, i pagliacci intrattenevano i bambini mentre i genitori potevano assistere a qualche opera teatrale all'aperto, giocolieri e funambolieri si facevano notare dal pubblico con i loro giochi.
In mezzo alla masnada di persone intente a guardare e comprare il principe cadetto e la sua nuova fedele guardia personale cercavano di farsi strada per arrivare al quartiere religioso.
« Dovevamo venire proprio oggi? Non era meglio aspettare? » protestò West tentando di non perdere di vista il suo compagno.
« Anche se fossimo venuti domani o fra tre giorni non sarebbe cambiato niente, meglio levarsi il dente subito. » rispose Katòn scostando gentilmente le persone.
Finalmente giunsero a destinazione, il tempio di Roriath era proprio di fronte a loro.
Katòn entro per primo, si accertò con un rapido sguardo che non fosse presente nessuno e si annunciò.
West lo guardò scettico, incrociò le braccia e inarcò un ciglio, ancora nessuna fantomatica dea si era presentata; Katòn si annunciò nuovamente e invocò Roriath affinché facesse la sua comparsa, il capitano delle guardie iniziò a sbuffare.
« Katòn andiamo via, è inutile perdere tempo qui. »
« Perdere tempo? Perdere tempo!? Hai veramente detto ciò!? Se non fossi un aiuto per Katòn ti avrei già infilzato con la mia lancia. »
La Dea della Guerra si materializzò dietro West, fissandolo furente; la povera guardia ebbe un tuffo al cuore, dietro di lui non c'era nessuno, ne era perfettamente sicuro, come aveva fatto quella donna ad avvicinarglisi senza farsi sentire? Non era una cosa possibile. La osservò attentamente, era la medesima figura della grande statua dietro l'altare, che si trattasse veramente di una divinità? Che Katòn avesse avuto ragione fin dall'inizio?
« Tu... tu sei... una dea? » domandò titubante, facendosi piccolo di fronte alla maestosità della divina persona.
« No, sono tua madre. » replicò sarcastica Roriath, « Certo che sono una Dea! Per chi mi hai preso, per una donna qualsiasi? »
« Roriath ti presento West al Denìo, capitano delle guardie del castello reale, mia guardia personale e mio più caro amico.
West ti presento Roriath, Dea della Guerra » intervenì Katòn facendo le presentazioni.
« E favorita uscente del Re. » puntualizzò Roriath avvicinandosi all'altare del tempio.
« Davvero? Non me lo avevi mai riferito. »
« Ah no? Be' adesso lo sai. »
la dea si mise a sedere sopra il blocco di marmo, accavallando le gambe e appoggiandosi sui gomiti.
« Corinne ha avanzato un'offerta, una proposta di alleanza. » disse il principe minore e raccontò nei minimi dettagli l'incontro con il Sicario e il loro scambio di parole.
West, che ascoltava distrattamente, era ancora basito per quello che era appena successo, una divinità gli era apparsa ai suoi occhi! A lui, che non credeva a niente di ciò che i suoi occhi non potevano vedere, a lui, che non aveva fede negli déi.
Era accaduto tutto troppo in fretta, doveva trattarsi necessariamente di un sogno, di un'allucinazione, Katòn non stava parlando davvero con una dea.
Nonostante si fosse dato pizzicotti su pizzicotti quella realtà non mutava, una delle sue tante filosofie di vita recitava: "Se non vedo, non credo". West però aveva visto, non aveva, dunque, più motivo per non credere alle parole dell'amico.
Si diede dello stupido e dell'infame, per tutto quel tempo - un anno? - aveva dato del pazzo a Katòn per colpa delle sue storia, ultimamente aveva persino creduto che fosse tutta una messinscena per incontrarsi con l'amante e invece...
E pensare che sua sorella Esta aveva creduto al principe fin da subito. Si ripromise di sdebitarsi con l'amico non appena ne avesse avuto l'occasione.
« Ritengo che sia una trappola, ma accettando avremo l'occasione di ucciderlo. Sono metodi che mi ripugnano, ma, come ho già detto a West, è l'unica soluzione che ho trovato. »
Roriath annuì soddisfatta, forse non aveva commesso un così grande errore nello sceglierlo come proprio araldo.

La temperatura stava iniziando ad aumentare, segno che la Primavera era ormai alle porte. Non nevicava più da un paio di settimane e il manto bianco era sparito quasi totalmente, solo alla mattina presto e alla sera il freddo tornava a regnare incontrastato.
West era stranamente silenzioso, osservò Katòn, non era affatto da lui starsene buono buono in silenzio, cercò di attaccare bottone, ma la guardia sembrava non ascoltarlo; alla fine Katòn decise di tirare avanti fino al castello senza più parlare.
Arrivati al cortile smontarono da cavallo e affidarono le due bestie allo stalliere, il principe stava già dirigendosi verso il grande portone quando West lo bloccò.
« West, cosa c'è? »
« Sfodera la tua spada e combattiamo. » disse serio il giovane capitano.
« Stai scherzando spero, lo sai che non sono bravo a combattere. »
« Appunto, devi saperti difendere. »
« West, ma... »
« Katòn Noc Ferac al Irrfad, sfoder la tua spada e combatti contro di me. » il tono della voce di West non ammetteva repliche.
Ammutolito Katòn fece come gli era stato ordinato, sguainò la sua arma e la puntò verso West, in posizione d'attacco.
« Proprio ora? Qui? »
« Sì, Qui alleno le nuove matricole e qui allenerò te. »
Il principe cadetto si preparò all'attacco dell'amico. Non fece in tempo a parare un paio di stoccate che fu subito disarmato, West lo guardò esterrefatto, non credeva che il principe fosse talmente scarso.
« Dovremo lavorare molto... » sospirò West quasi rassegnato.

lunedì 20 settembre 2010

Ragnarok

26

Sì, non aveva dubbi, l'uomo che stava di fronte loro era sicuramente l'omicida del povero araldo di Eeda, tutto combaciava nella mente di Katòn, che per la prima volta comprese quanto poco seriamente aveva svolto finora la sua missione. Si era limitato a leggere libri e a cercare di rintracciare solo una ragazza, mosso da chissà quale ossessione, non aveva fatto i conti con gli altri araldi; eppure sapeva della loro esistenza, sapeva che erano molte le divinità partecipanti al Ragnarok, un imperdonabile errore di valutazione.
West osservò attentamente la figura, il cui colore predominante era il nero: stivali di pelle nera, pantaloni neri, giubba nera, mantello nero, perfino i suoi capelli erano neri. Indubbiamente era un uomo che non voleva farsi riconoscere, uno che aveva a che fare con le tenebre, con l'oscurità della notte e il capitano conosceva soltanto un ristretto numero di persone che erano solite vestirsi ed agire in quella maniera.
« Sei un Sicario » affermò sicuro delle proprie parole.
L'uomo misterioso sgranò gli occhi per la sorpresa, non si era aspettato di essere riconosciuto, l'Ordine dei Sicari era sempre stato molto discreto, attento a non far circolare voci sul suo conto, era considerato una sorta di leggenda. Il nero serviva a mimetizzarsi nel buio ed a restare anonimi durante il giorno, ogni Sicario faceva in modo da non lasciare testimoni scomodi, il loro era sempre un lavoro perfetto e pulito.
« Dunque sai chi sono, non mi stupisce che tu, West al Denìo, sia diventato capitano delle guardie così giovane, un buon comandante è colui che conosce a fondo il nemico. »
« Vedo che anche tu conosci il nemico. » replicò West roteando la lunga spada.
« Aspetta West, quest'uomo non ci farà del male, se avesse voluto ucciderci lo avrebbe già fatto. »
« Siete perspicaceMaestà, lasciate che ci illustri il motivo della mia venuta. »
Katòn annuì dando il suo consenso, il Sicario voleva trattare, era palese e infatti non si sbagliò, gli propose un'alleanza con Corinne, Dea della Discordia, per affrontare le altre avversarie.
« Ponderate bene sulla mia proposta, se accettate sarò ben lieto di dividere con voi le mie conoscenze, nel malaugurato caso doveste rifiutare, be', potete immaginare le conseguenze.
La mia dea vi concede tre giorni di tempo, a presto dunque. »
Il Sicario si addentrò velocemente nella boscaglia da cui era provenuto e si accertò che non fosse seguito, aveva ancora un'alleanza da proporre.

« Perché l'hai lasciato andare? Avrebbe potuto ucciderci in qualunque attimo, te l'ha mai detto nessuno che sei un irresponsabile? »
« West, la sua offerta trasudava odore di trappola.
Dea della Discordia... se non è una trappola questa. »
« Se lo sapevi allora sei doppiamente incosciente, perché fare il suo gioco? »
« Perché quel sicario crede di aver a che fare con uno sprovveduto, un principino viziato e coccolato, non sa che ho passato l'ultimo anno a studiare libri di strategie e miti antichi. »
« Cosa c'entrano le leggende? »
Katòn sospirò, cosa ne sapeva un militare di storie antiche e vecchie leggende, cosa ne sapeva delle fondamenta della loro civiltà? Si ripromise di fare qualcosa per alzare il livello culturale dei soldati.
« La vita, la Storia che viviamo attimo dopo attimo non è altro che un circolo, quello che è successo in passato tornerà in futuro.
Molti secoli fa, quando le divinità e gli uomini avevano un rapporto diretto, la Dea della Discordia si infuriò per non essere stata invitata alle nozze del principe del regno precedente il nostro. Non si trattava di un matrimonio qualsiasi, la sposa era la figlia primogenta del regno vicino, l'unione avrebbe cementificato la pace e unificato i due regni. Per vendicarsi ella gettò un incantesimo ai due giovani sposi e... »
« Fammi indovinare, il matrimonio andò a monte e i due regni si dichiararono guerra. »
« Sì, adesso capisci perché ti dico che è una trappola? »
« Vuole metterci contro qualcuno. »
« Esatto. »

Shirea voltò le spalle all'uomo vestito di nero, una mossa pericolosa da fare, ma non voleva che quel misterioso araldo la vedesse in volto. Aveva paura.
Si erano incrociati mentre lei usciva dalla porta sul retro del negozio dove lavorava, l'uomo le aveva tappato la bocca e l'aveva trascinata in un vicolo cieco, si era presentato e le aveva fatto la medesima proposta fatta al principe.
Un'alleanza avrebbe fatto al caso di Ilùva, se non si fosse trattato di Corinne. La Dea della Bellezza l'aveva sempre messa in guardia sulla Dea della Discordia: "Diffida di Corinne e del suo araldo, possono sembrare le più brave persone al mondo, ma non esiterebbero mai a pugnalarti alle spalle, Corinne è fatta così e sono sicura che non sceglierebbe mai un araldo che non sia alla sua altezza. Fa' molta attenzione."
Shirea rifletté attentamente, l'uomo le aveva dato tre giorni di tempo per pensare ed accettare l'offerta, in caso contrario sarebbe stato costretto ad eliminarla. La ragazza certamente non era ancora pronta ad affrontare l'Oscura Signora ed intendeva trovare una qualsiasi scappatoia che le permettesse di non accettare quella proposta malfamata e, al tempo stesso, di avere salva la vita.
A chi poteva rivolgersi? Chi avrebbe potuto aiutarla?
« A presto, madamigella Shirea, spero per voi che facciate la scelta giusta. »
« A presto. » biascicò la fanciulla continuando a dargli le spalle.
Imboccò una via che portava alla strada principale della città, la padrona l'avrebbe cacciata dal negozio, ma questo non la preoccupava più, non aveva più tempo per dedicarsi ad abiti e cercare di convincere la padrona della genialità dei suoi modelli, il Ragnarok era entrato nel vivo, in gioco adesso c'era la sua stessa vita.
« Corinne ha fatto un'offerta? Rifiutala, non posso fidarmi di lei, nessuno si è mai fidata di lei. » ordinò Ilùva appena Shirea gliene fece rapporto, « Da oggi dovrai fare ancora più attenzione. Eeda era una dea partecipante, tuttavia sembra che il suo araldo sia stato ucciso e questo implica l'esclusione di Eeda dal Ragnarok.
Non ne sono sicura, ma dato le minacce che ti ha rivolto posso dire che è stata Corinne ad ordinare l'omicidio. »
« Se un araldo viene ucciso, la sua dea non può più concorrere? »
« Esattamente Shirea, queste sono le regole. »
« Mi basterebbe uccidere quell'uomo e Corinne non sarebbe più un problema. »
« E tu potresti ucciderlo? No, dobbiamo agire in altri modi; è chiaro che la sua offerta mira a metterci contro qualcuno, altrimenti non sarebbe la Dea della Discordia. »
« Quindi cosa avete intenzione di fare? »
« Quando vi incontrerete informalo che io desidero combattere contro Corinne, subito, immediatamente. »

« Cosa vuoi fare Katòn? Vuoi veramente accettare la sua proposta? »
« Sì, è l'unica possibilità che ho per ucciderlo. La cosa mi ripugna, ma è l'unica soluzione che ho trovato. »
West lo guardò pensieroso.
« Quel Sicario potrebbe aver pensato quello che hai pensato anche tu. »
« Sì, ne sono sicuro però è un rischio che devo correre. »
« In ogni caso non ti lascerò solo ad affrontarlo, ti starò al fianco come nemmeno la tua stessa ombra ha mai fatto prima d'ora. »

martedì 7 settembre 2010

Ragnarok

25

Katòn lesse la missiva almeno tre volte, ancora non capiva dove avesse sbagliato con Shirea, era fuori luogo che la fanciulla se la fosse presa a morte per un appuntamento mancato, Julian era il figlio maggiore di un notabile del re, aveva molti impegni... se si fosse ricordato di dirglielo.
Temette che la ragazza avesse scoperto la sua verà identità, cosa alquanto probabile dato che si era mostrato in pubblico durante la Giostra, e che quindi si fosse messa deliberatamente da parte per non comprometterlo.
No, c'era qualcosa che non tornava, conseguenze non previste; ripensò al vecchio veggente cieco e alla profezia che lo riguardava, per uno strano presentimento sentiva che l'ombra fosse proprio Shirea, non trovava una ragione particolare del perché provava questa sensazione, era così e basta.
Nell'assoluto silenzio dei suoi appartamenti il principe cadetto analizzava le possibili concorrenti del Ragnarok basandosi su un vecchio libro di teologia scritto da un saggio che asseriva di aver conosciuto gli Dei.
« Te l'ho già detto che dovrersti stare più tempo fuori a cercare le mie nemiche invece di chiuderti qui dentro? » irruppe Roriath, fluttuando leggera al centro dello studiolo.
« Sto cercando di capire con chi ho a che fare. » replicò Katòn stizzito.
« Leggendo le fantomatiche descrizioni date da un uomo che fumava erba? Io non ci farei molto affidamento. »
Il principe minore chiuse di scatto il libro e lo lanciò, con uno scatto fulmineo, all'altro angolo della stanza; non era ancora abituato ai modi bruschi e provocatori della Dea, nonostante fosse un membro della famiglia reale senza pretese era stato abituato fin dalla più tenera età ad essere trattato con rispetto e gentilezza, l'unica eccezione era West, con il quale aveva stretto un'ottima amicizia, mal sopportava i modi di fare di Roriath ed era perfettamente consapevole di trovarsi in una situazione in cui gli era impossibile constatarle qualcosa, non voleva di certo ritrovarsi fulminato.
« Qual è il motivo per cui sei venuta? » venne subito al sodo Katòn.
« Vengo ad informarti che Eeda è fuori dai giochi, il suo araldo è stato brutalmente ucciso. »
« Cosa!? Il veggente è stato ucciso? E perché Eeda non può più partecipare? Non basta che si trovi un sostituto? »
« No, ogni Dea ha diritto di partecipare solo se il proprio araldo rimane in vita, con la morte di quel vecchio Eeda è automaticamente esclusa dal Ragnarok.
Solo le regole del Re e non si discute. »
Katòn rimase senza parole per qualche minuto, a cosa stava pensando quando Roriath gli spiegava certe nozioni? Ma soprattutto era veramente sicuro che non le fosse passato di mente?
« Devi fare molta attenzione da ora in avanti dato che c'è in giro un araldo che uccide, è la prima volta che accade una cosa del genere, non so cosìaltro consigliarti. »
« Mi farò accompagnare giorno e notte da West, è l'unico a cui affiderei totalmente la mia vita. »

« Dovrei farti nuovamente da balia!? Non ti è bastato l'anno scorso oppure devo rammentarti in che condizioni eri? »
« Si tratta di un'altra situazione West, mi avevi detto che mi avresti aiutato, vuoi forse rimangiarti la parola? »
Lo studio privato del capitano delle guardie presentava un arredamento privo di lusso e di oggetti superflui, una scrivania, due sedie di legno ed un grosso baule di legno massiccio erano più che sufficienti per West, in linea con il suo carattere aveva fatto rimuovere tutto ciò che gli era sembtato inutile il giorno stesso della sua nomina; il suo predecessore aveva fatto di quello studio un salotto in miniatura per intrattanere e conversare con le dame del castello.
Il principe lo guardò con aria supplichevole, era la sua unica speranza, l'unico a cui poteva spiegare tutto anche se preso per pazzo.
« Katòn cerca di capire, non sono la tua guardia privata, io servo prima di tutto tuo padre, è a lui che ho giurato fedeltà e di proteggere la famiglia reale e il castello anche a costo della vita.
Se perdo tempo con i tuoi giochetti e succedesse qualcosa qui potrei non avere più una testa attaccata al collo. »
Katòn rifletté bene prima di proferire risposta, effettivamente la spiegazione dell'amico corrispondeva a verità, il principe non aveva l'autorità per obbligare il capitano a distrarlo dai suoi doveri, se invece desiderasse ingaggiare qualcuno per far parte della sua guardia reale... Non ringraziò abbastanza i suoi anni di studi sulla retorica.
« Bene, se io volessi un soldato o un piccolo plotone che protegga solo ed esclusivamente la mia persona, posso ottenerlo giusto? »
« Certo, » West si alzò per recuperare un libro dal baule, lo aprì e lo sfogliò con cura, « Se non sbaglio hai la possibilità di scegliere tu stesso chiunque tu voglia dalle guardie reali, il nostro antico nome, ma solo con il permesso di Sua Maestà. »
« Bene. »
Katòn fece per uscire senza aggiungere altro, aveva ingannato West così facilmente che quasi non lo credeva possibile.
« Aspetta un momento... »
Come volevasi dimostrare.
Il principe cadetto iniziò a correre per il castello inseguito dal capitano delle guardie, parevano due bambini che giocavano a rincorrersi, Katòn rideva e derideva l'amico, West gli imprecava dietro.
« Fermati ho detto! »
« La tua corazza ti rallenta, non ti conviene sprecare fiato! »
« Fermo! »
« Mio padre accetterà la mia richiesta, lo sai, è inutile che tu corra tanto! »
Servi e cameriere si spostavano per farli passare, le donne più anziane li brontolavano, gli uomini scuotevano la testa affermando che mai e poi mai sarebbe successa una cosa del genere ai tempi d'oro di Irrfad.
Alla fine West dovette capitolare.

I due stavano cavalcando in direzione della città, West era infuriato e non faceva niente per nasconderlo.
« So che sei arrabbiato con me, ma credimi, ho veramente bisogno di te. »
Silenzio.
« So anche che mi credi pazzo, dammi corda no? Se potessi ti avrei già fornito le prove della veridicità delle mie parole. »
Nessuna risposta.
« Oh insomma! Non è tenendoci il broncio che risolveremo i nostri problemi. »
« Sua Maestà forse parla da solo? »
Una figura nera uscì dalla boscaglia, mostrandosi ai due cavalieri, West portò la mano all'elsa della spada, pronto a sfoderarla in un battito di ciglia, Katòn fermò il cavallo rimanendo dietro l'amico.
« Chi sei? Perché celi il tuo volto? » domandò autoritario il principe.
« Maestà, a causa del mio mestiere mostrare la mia faccia sarebbe un imperdonabile errore, vogliate perdonarmi. »
« Hai risposto alla seconda domanda, non evitare la prima e parla. » lo incitò West scendendo da cavallo.
Il capitano gli si avvicinò con la spada ormai sguainata, la figura tirò fuori dal suo ampio mantello un paio di pugnali corti, pronto a difendersi da qualunque attacco.
« Come pretendete che io risponda, se mi puntate una lama? »
« Come pretendi che io mi fidi, se non ti riveli? »
« Se vieni in pace non ti sarà fatto nulla, se invece le tue intenzioni sono maligne allora preparati a ricevere la giusta punizione. » sentenziò Katòn.
L'oscura presenza si ritirò leggermente, rinfoderò i pugnali e scostò la stoffa dal suo volto, mostrando un giovane di circa trent'anni con una brutta cicatrice sull'occhio.
« Come desiderate Maestà, o forse dovrei dire araldo di Sua Signoria Roriath, Dea della Guerra? »
Il principe cadetto trasalì alle parole dell'uomo, conosceva la sua identità, sapeva qual era la dea che stava servendo, sapeva che era un araldo! Non gli ci volle molto per collegare le cose e comprendere che era lui l'assassino del vecchio veggente.

lunedì 16 agosto 2010

Solarium - Il diario di una ragazza particolare

Parte II
18/01/20XX

Diario mio,
me lo sento, non sopravvivrò a lungo in mano a queste creature.
Ieri sera siamo stati attaccati da alcuni seguaci di Wolfgang, ce la siamo vista veramente brutta! Era appena sceso il tramonto e Alex mi stava scortando al covo, era tranquillo, non c’era niente e nessuno di pericoloso vicino; invece un gruppetto composto da una cinquina di vampiri ci ha circondato e ha cercato di ucciderci, Alex è riuscito a tener bada ad un paio di loro, tuttavia pareva dovesse essere battuto da un momento all’altro, per fortuna è arrivata in nostro soccorso la… regina? signora? maestra? Insomma, Lei.
Ci ha portati sani e salvi al suo rifugio, si è scambiata sangue con Alex e infine mi ha letteralmente trascinata nella sua stanzetta personale.
« Tesoro mio, il momento è giunto, presto tenderemo il nostro attacco finale.
Preparati poiché non ci saranno prove generali. »
A quel punto le ho domandato che cosa avesse intenzione di fare, diamine io sono l’esca! E poi le ho chiesto come si chiamasse. Non che sia davvero importante, solo che mi faceva piacere conoscere il nome di colei che mi ha strappato alla mia tranquilla e banalissima vita.
Se continuerò a vivere mi piacerebbe poter raccontare ai miei nipoti questa strana esperienza.
« Il mio nome? Potresti morire e tu vuoi conoscere il mio nome? Bah, che strani gli esseri umani… Io sono Felia, comunque. »

Oh diario, non so proprio cosa fare, sono spaventata a morte. Stanotte non ho dormito, l’ho passata completamente in bianco; tra poco sorgerà il sole e almeno per un’altra giornata sono salva. Vorrei poterti dire che sto bene e che non accadrà niente di male, ma te l’ho detto no? Non ho un buon presentimento.

20/01/20XX

Felia ha convocato tutto il suo clan, io ero presente, per dare le ultime direttive. Il piano è il seguente: io sarò loro prigioniera e merce di scambio in cambio di un ripensamento di Wolfgang, poi Felia e i suoi lo attaccheranno e lo uccideranno, io sarò libera e potrò tornare a casa.
Speriamo bene…
Che cosa dirò ai miei genitori riguardo la mia sparizione? Ormai è quasi una settimana che sono via di casa, immagino e spero che a questo ci abbia pensato Felia.

Ecco, ci siamo. Cavolo, potrebbe essere l’ultima volta che scrivo su questo diario.
No, voglio credere che andrà tutto per il meglio.

22/01/20XX

Credo che mi farò suora e dedicherò tutta la mia vita a Dio, in fondo mi ha concesso la vita, perché non dovrei ringraziarlo a dovere? Io non sono un’ingrata.
Wuaaaaaaaa sono ancora viva!!!!!!!! È andata esattamente come doveva andare e io non mi sono fatta nemmeno un graffio, è magnifico!
Adesso però ti racconto tutto nei minimi dettagli.
Allora, appena tramontato il sole ci siamo addentrati in un piccolo bosco non lontano da qui e ci siamo incontrati con Wolfgang e il suo seguito. Il fratello di Felia è completamente diverso da lei, aveva i capelli cortissimi e neri come i corvi, i suoi occhi erano come ghiaccio, freddi e penetranti, si vedeva lontano un chilometro che era abituato a comandare.
All’inizio lui e Felia hanno parlato e tentato di trovare un accordo, ho registrato tutto con il cellulare.
« Perché non ti arrendi e non troviamo una soluzione? Ricordi la tregua che stipulammo per combattere i licantropi? »
« La ricordo bene, quei dannati lupi si sono estinti quattrocento anni fa, mai una nostra collaborazione, nonostante i dissidi, fu così produttiva. Questa volta però non intendo venire a patti per nessuna ragione. »
« Anche se io ti facessi il più grande dei doni? Avrai già capito che porto con me un essere umano, non ti interessa sapere che tipo di persona è questa stupida ragazza? »
« Cosa intendi dire? »
« Intendo dire che porto con una Solarium. La mia proposta è questa: tu la smetti di dissipare le nostre provviste e io ti darò la luce del sole. Mi sembra ragionevole, non trovi? »
« Fin troppo generosa, dov’è la fregatura, su, dimmelo. »
« Niente trucchi, niente inganni, dicono i maghi ai loro spettatori; così io dico a te, nessuna fregatura, questa ragazza sarà tua, il suo preziosa sangue sarà tuo se te acconsenti a cacciare gli umani solo per placare la tua fame. »
« Bene dunque, e così sia. »

Non appena Felia mi ha consegnato nelle mani di suo fratello, i vampiri che la seguivano hanno attaccato gli altri, Wolfgang si è distratto per un attimo e Felia ne ha approfittato per strapparmi dalle sue grinfie e attaccare direttamente il fratello; Alex mi ha raggiunto e mi ha lasciato in mano ad alcuni suoi fidati. Poi è iniziata la lotta.
Non ho visto bene, ma il sangue e i pezzi di carne sono ancora là; ho scoperto più cosa in poco più di un’ora che durante i miei giorni di prigionia. I vampiri a cui mi ha lasciato Alex mi hanno riferito che Felia e Wolfgang si combattono da circa seimila anni e che entrambi hanno sviluppato poteri sovrannaturali: Felia il controllo degli elementi, Wolfgang la telecinesi ed altri poteri mentali.
Alla fine sono rimasti solo loro due a combattere, è stato un duello all’ultimo colpo, nessuno ha osato interferire e Felia ne è uscita vincitrice.

Siamo tornati al covo, mi hanno lasciata sola in una stanzetta attrezzata di tutto, mi sono lavata e cambiata con alcuni abiti puliti che erano sul letto.
Adesso sto aspettando che Felia si decida a mantenere la sua promessa, Alex mi ha detto che sarà durante il suo discorso di vittoria; non vedo l’ora di poter tornare a casa.

Tratto dall’ultima registrazione effettuata da un cellulare trovato in un cassonetto della spazzatura

« Miei fedeli, oggi è un giorno molto importante per la nostra comunità, la minaccia che mio fratello costituiva per la nostra unica fonte di sostentamento è stata debellata.
Wolfgang è morto e da oggi non dovremmo più preoccuparci di lui; per gran parte è merito vostro, avete saputo affrontare e sconfiggere i nostri nemici, ed è proprio per ringraziarvi che ho qui un dono per voi.

Una ragazza umana il cui sangue dona la luce a noi vampiri. »

« Cosa? »

« Eccola qua fra noi. Costei è vostra, razionate bene i vostri morsi poiché basta una sola goccia del suo sangue per… »

« Aspetta un attimo! Tu mi avevi promesso che una volta sconfitto tuo fratello mi avresti lasciata andare, mi hai detto che mi avresti lasciata libera e che non mi sarebbe successo niente! »

« Tesoro caro, davvero hai creduto che un intero clan di vampiri ti lasciasse libera? »

« Ma tu hai promesso! »

« Si promettono molte cose pur di arrivare al proprio scopo, non fanno così anche i vostri politici? Se poi la vogliamo mettere sul tecnico allora vedila in questo modo: io ti lascio andare, tu prova a convincere loro a lasciarti viva. »

« Nooo!! Non puoi farmi questo, io ti ho aiutata!! Alex dille qualcosa, dille che sta facendo uno sbaglio! »

« Mi spiace, ma se devo scegliere tra te e la possibilità di poter stare nuovamente alla luce del sole, be’… puoi immaginarti la mia scelta. »

« No, vi prego, no… no… AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! »

venerdì 13 agosto 2010

Solarium - Il diario di una ragazza particolare

Parte I
10/01/20XX

Caro diario,
sai, ho come l’impressione di essere seguita. Ti avevo accennato al tipo biondo che avevo visto per Capodanno, no? Be’, è lui, lo ritrovo in ogni locale in cui vado. Non fa niente di male eh, sta al bancone o al tavolo e beve un drink, non fa altro, non balla, non socializza.
L’ho detto alle mie amiche, ma loro non credono alle mie “manie di persecuzione”, come le chiama Mary, secondo Nikki lui ci vuole provare con me.
« Helen, tesoro » mi ha detto stamani a scuola, « datti una svegliata, le sue intenzioni sono chiare come il sole. »
Non so, c’è qualcosa di strano in lui, è una persona fredda, distaccata, a me da questa sensazione e non mi piace, proprio per niente.

12/01/20XX


L’ho incontrato anche ieri sera, questa volta ho osato: gli sono andata vicina e gli ho sorriso, l’ho perfino salutato; lui mi ha risposto con un mezzo sorrisino ed è tornato nel suo mondo. Diciamo che mi sono sentita avvilita, se davvero questo tipo mi vuol conoscere non è partito bene.
Tra l’altro questo non è neanche un bel periodo, stamani ha telefonato papà. Ha annunciato il suo matrimonio con quell’odiosa della sua nuova compagna.
Quanto non la sopporto! È antipatica, snob, si crede una diva quando invece è una misera segretaria – del direttore di un importante azienda, lo ammetto, ma pur sempre una segretaria! Mi domando coma abbia potuto innamorarsi papà di una donnaccia come quella, vuole mettere bocca su tutto.
Te lo dico io perché si sposano: quella donna si è fatta mettere incinta di proposito, se non ci fosse questo bimbo in arrivo forse papà non se la sposerebbe.
Mi disgusta sapere che al mondo esistono persone come lei.
Ora ti devo lasciare, tra poco arriverà Mary, stasera karaoke.

15/01/20XX

Ho paura.
Ancora non riesco a credere a quello che è successo in questi ultimi tre giorni. Sono sconvolta, ma cercherò di essere il più chiara possibile.
Quando sono andata al karaoke ho trovato di nuovo quel tipo, il ragazzo biondo, solo che sembrava completamente diverso; sorrideva, salutava le persone, pareva molto affabile e alla mano. Mi si è avvicinato e si è presentato.
« Mi chiamo Alex. » ha detto offrendomi da bere.
All’inizio mi sono tenuta un po’ sulle mie, poi, entrando nel discorso, gli ho fatto notare come, all’incirca in queste ultime due settimane, ci siamo sempre incrociati nei vari locali; lui, Alex, ha replicato che doveva essere un segno del destino.
Ha insistito parecchio per riaccompagnarmi a casa, ho pensato volesse passare una notte brava, ma io ho rifiutato, non sono tipa da una botta e via, Alex insisteva, insisteva, così alla fine ho ceduto. Lo vedevo inquieto, sempre a guardarsi intorno, ma non credevo che… oh, sto divagando. Dove ero rimasta? Ah sì.
Dicevo, era ansiosa, solo noi due nel cuore della notte dato che le mie migliori amiche erano rimaste al locale, ad un certo punto spunta fuori da un vicolo un ragazzo che impreca qualcosa da Alex, poi il finimondo.
Questo tizio salta addosso ad Alex velocissimamente mentre Alex (oh, lo so che è brutto a sentirsi, ma ora proprio non ho tempo per pensare a grammatica e sintassi.) mi scosta spingendomi da parte. Non ho visto molto a causa della loro velocità, ma ti posso assicurare che quei due stavano combattendo con morsi e graffi. Io ero ferma contro un muro quando due mani mi prendono per il braccio e mi trascinano via. Ho cercato di ribellarmi, ci ho provato con tutte le mie forze, ma sono stata sopraffatta, mi hanno infilato un sacco di tela in testa e mi hanno portato via.
Quando ho rivisto la luce mi trovavo in uno scantinato, credo, c’era un sacco di gente tutt’intorno a me che mi fissava quasi come fossi carne da macello, c’era un brusio insopportabile, poi una donna ha intimato il silenzio.
L’ho fissata per un’eternità stampandomi nella mente ogni particolare di quella creatura così… così misteriosa, affascinante, sensuale, pericolosa, mortale…
Aveva gli occhi viola, di un colore intenso che fa venire voglia di abbandonare tutto solo per poterli ammirare, i capelli lunghi, lisci, lucenti e soprattutto bianchi; aveva un portamento ed un’eleganza innata che la facevano spuntare da uno di quei quadri settecenteschi con principi e principesse, vestiva con un lungo abito nero, ornato di pizzo agli orli.
Le labbra erano piene e carnose, il naso appuntito, la carnagione chiara, era pallida, una bambola di ceramica.
« Benvenuta nella mia comunità, Helen, per quanto un essere umano possa essere il benvenuto nella casa di un vampiro ovviamente. »
Le sue parole mi sono rimaste impresse, marchiate a fuoco.
« Non stiamo a fare troppi giri di parole, tu sei un essere umano, noi vampiri; non fare mosse azzardate, non rispondo delle azioni dei miei seguaci. »
Il silenzio s’era fatto come tombale, potevo udire distintamente i battiti del mio cuore. Credevo di vivere un incubo, non riuscivo a crederci, neppure quando la donna mi ha mostrato le zanne appuntite per rimarcare il concetto.
« Tu sei speciale, Helen. Il tuo sangue contiene una proteina particolare, la solarina, che consente a noi vampiri, se bevessimo il sangue contenente questa proteina, di esporci alla luce del sole senza subire danni.
Starai sicuramente pensando che verrai mangiata a breve, per tua fortuna non è ancora così. »
Adesso so come si sente un animale che sta per essere macellato, è una sensazione orribile, il cuore batte forte, il respiro è affannoso, si ha la sciocca speranza di potercela fare e il pensiero ricorrente è: “Non sta accadendo a me.”. È così che si sente un condannato a morte? Se i legislatori dei paesi dove è ancora in vigore provassero cosa ho provato io, sicuramente la pena capitale sarebbe abolita in tutto il mondo.
È una cosa che non si riesce a spiegare con parole, si può soltanto vivere.
« Non hai bisogno di conoscere l’intera storia, ti basta sapere che mio fratello e il suo clan mirano alla distruzione del genere umano, io, al contrario, punto alla sua preservazione. Di cosa ci ciberemmo altrimenti? Converrai anche tu che l’idea di mio fratello è folle, da secoli i nostri due clan si combattono fra loro e ancora non esiste vincitore. Adesso invece siamo finalmente giunti alla battaglia finale, ho inflitto una poderosa sconfitta a quel buffone di mio fratello, molti dei suoi lo hanno abbandonato per sposare la nostra causa. Il loro prossimo attacco coinciderà con la loro sconfitta definitiva. »
A quel punto le ho domandato che ruolo avevo io nella loro guerra.
« Quanto sei poco perspicace mia cara.
Ti ho appena detto che sei speciale; mio fratello – Wolfgang, che nome orrendo – mira da sempre poter assaporare il sangue di un Solarium, crede che lo porterebbe in una posizione di vantaggio rispetto a me, quello che non sa è che anche io ho bevuto il sangue contenente la solarina. »
Poi mi ha fornito altre notizie, ma sono così numerose e così surreali che fatico a crederci, nonostante abbia la prova della loro realtà.
Il succo della questione comunque è questo: io devo fare da esca e attirare questo Wolfgang nella trappola che quella donna ha preparato, poi sarò di nuovo libera.

Adesso sono “prigioniera” nella lussuosissima stanza di un albergo a cinque stelle; i vampiri non badano a spese a quanto pare, la vampira è anche una potente imprenditrice che manda avanti un’importante multinazionale grazie ad alcuni suoi servi umani (però, che ipocrita…).
Alex, che ha avuto ordine di starmi addosso 24 ore su 24, sta riposando nella sua bella bara di mogano, gli ho chiesto di prenderti da casa mia, caro mio diario, sei la mia unica valvola di sfogo, non so come potrei continuare ad andare avanti senza di te…
Oh no, si sta svegliando.
Devo lasciarti, continuerò il mio racconto un’altra volta, ammesso che viva ancora…

martedì 10 agosto 2010

Solarium - Il diario di una ragazza particolare

Prima di iniziare.
No, non ho abbandonato Ragnarok e non ho intenzione di farlo; prima di continuare la sua pubblicazione devo rimettere in ordine due o tre idee, abbiate fede e pazienza.
Nel frattempo vorrei allietare la vostra attesa con una nuova storia, un breve racconto vampiresco.

Prologo

01/01/20XX

Caro diario,
come ben sai ieri sera sono andata alla festa in discoteca per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno. Sono stanca morta, ma voglio raccontarti ugualmente quello che è successo.
Dunque, eravamo io, Mary e Nikki, le mie migliori amiche, siamo andate a cena in una pizzeria qua vicino, per fortuna che avevamo prenotato perché era pienissimo, poi siamo andate a bere qualcosa nel locale di William, il fratello di Nikki.
Mary ha bevuto più di quanto possa tollerare ed è finita al solito modo: io che le reggo la testa sopra il cesso e Nikki che le fa aria come può; le abbiamo fatta bere tanta acqua e mangiato tanta di quella focaccia ( non ringrazieremo mai abbastanza il cuoco del locale) che alla fine ci ha supplicato di smettere!
Al locale Nikki aveva conosciuto un ragazzo, ma William ha rovinato tutto. È un bravo fratello, solo che a volte è troppo protettivo.
Quando andiamo via per recarci in disco, Nikki dice:
« Meno male! Non ne potevo più di quella palla al piede di mio fratello, possibile che mi debba sempre rompere i coglioni che non ho quando sono impegnata con qualcuno del sesso opposto al mio? E che cazzo, io mica vado a fare il terzo incomodo quando è con una tipa. »
Effettivamente non ha tutti i torti, William è esagerato a volte, forse troppo.
Va be’, alla fine arriviamo davanti la discoteca e il buttafuori non voleva farci entrare perché “No, scusate, ma voi non siete in lista e quindi non potete entrare.”
A quelle parole Mary non c’ha visto più, ha cominciato ad urlare che lei aveva prenotato la lista da almeno due settimane, che suo padre era un famoso avvocato e che avrebbero ancora sentito parlare di lei; ovviamente la storia del padre avvocato era tutta una balla, ma sai come è fatta Mary, deve fare la melodrammatica, senza contare che era ancora sotto i fumi dell’alcool di prima. Insomma, alla fine arriva la tipa che si occupa delle liste e ci fa entrare porgendoci le sue scuse, Mary era raggiante e soddisfatta, mentre Nikki avrebbe voluto morire per la vergogna.
Non abbiamo bevuto molto, giusto un paio di drink perché non volevamo tornare a casa ubriache fradice.
Al bancone c’era un ragazzo da urlo: biondo, occhi grigi, fisico ben scolpito, sembrava un dio sceso in terra da quanto era bello; mi ha fissata per tutta la nottata.
Mary e Nikki mi dicevano di andare da lui e conoscerlo, io però… non so, da quando mi sono lasciata con Jason non ho interesse a trovarmi un altro ragazzo.
Sì, l’ho dimenticato, non piango più tutte le notti pensando che in quel momento avrei potuto essere nel letto suo, sotto di lui a fare l’amore come dei conigli, non mi rinchiudo più in camera la sera perché non ho voglia di uscire e non scrivo neanche più poesie macabre che parlano di morte; credo di aver superato il primo momento di crisi, adesso sto bene.
È solo che gli altri ragazzi non sono Jason, ecco tutto.
Adesso però devo proprio lasciarti, non riesco più a tenere le palpebre aperte, sono le nove del mattino, sono 24 ore che non tocco il mio amato letto.
Al prossimo aggiornamento, caro mio diario.
Ciao ciao!

sabato 10 luglio 2010

Ragnarok

24

“Mia adorata Shirea,

purtroppo alcune complicazioni mi hanno impedito di adempiere alla mia promessa fattati appena due giorni fa; voglio che tu sappia che ogni momento che ho passato lontano da te, è stato un momento sofferto.
Non oso presentarmi a te sapendo che provi odio e delusione nei miei confronti, ti prego, ti supplico di perdonarmi!
Attendo tue notizie.
Tuo,
Julian.”

« West, puoi farla recapitare entro stasera? »
« Uhm… credo di sì, dopo pranzo dovrò recarmi alla caserma, ne approfitterò prima di visionare le nuove reclute. »
« Non sono più loro a venire qui? »
« No, non dopo l’incidente dell’ultima volta; comunque fidati, la tua lettera è in ottime mani. »
« lo so, ti ringrazio West. »

Shirea stava discutendo con la sua padrona a proposito di un nuovo modello d’abito, la fanciulla aveva notato che, apportando delle modifiche in alcuni punti specifici, i vestiti più scomodi, in particolare quelli per le cerimonie, diventavano più confortevoli da indossare. Questo, però, solo sulla carta, ancora non aveva trovato riscontro positivo nella pratica, se le sue supposizioni si fossero rivelate esatte, sarebbe stata una rivoluzione per la sartoria, un grande passo in avanti; passo che, nonostante le rassicurazioni di Shirea, la padrona del negozio non era convinta ad affrontare.
« Datemi almeno una possibilità! » protestò Shirea di fronte all’ennesimo rifiuto.
« Cerca di capirmi, Shirea. Non possiedo un grande negozio, i soldi che guadagnamo sono appena sufficienti per tirare avanti. Se il modello che proponi non dovesse soddisfare i bisogni della clientela, saremmo perdute, un vestito perso può fare la differenza tra il mangiare un piatto al giorno e il non mangiare affatto. »
La ragazza replicò dichiarando che senza rischiare nessuno è mai andato avanti, anche i generali più esperti – citava – rischiavano il tutto e per tutto in guerra, questo non impediva loro di procedere; così doveva fare lei, continuò Shirea, il progresso era sempre un rischio ed un pericolo, ma portava innovazioni da poter vendere a caro prezzo.
La discussione terminò quando un soldato dalla bionda chioma si presentò per consegnare una lettera; Shirea l’accettò di controvoglia quando seppe il nome del mittente, ma non poteva rifiutarsi di accettare la missiva, in fondo era stata lei per prima ad impegnarsi.
La lesse dopo aver terminato il lavoro, seduta su una panchina antistante il negozio. Julian la supplicava di perdonarlo per non essersi presentato all’appuntamento. Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Neanche lei s’era fatta viva, era sgattaiolata via dal retro per non incontrare il suo “promesso”.
Il soldato le aveva riferito che sarebbe tornato in seguito per ritirare la risposta, Shirea ebbe una leggera crisi di nervi che quasi le fece stracciare il foglio, troppe cose a cui pensare e a cui dedicarsi, troppe preoccupazioni, necessitava di una scala di priorità.

La scarsa luce del tramonto le bastò per terminare di scrivere la lettera di risposta a quella di Julian, con poche e brevi parole accettava di perdonarlo e gli chiedeva di perdonarla a sua volta, in quel preciso momento della sua vita non poteva dedicarsi ad altri che a sé, si chiamava sciocca per aver dato corda alla sua impulsività.
Si diceva dispiaciuta di aver infranto il suo cuore e gli promise che una volta chiariti i suoi sentimenti gli avrebbe fatto pervenire una risposta, in un modo o in un altro.
Consegnò il foglio al soldato senza dire una parola, i suoi pensieri erano rivolti ad Ilùva, la sua dea.
Il tempio, di piccole dimensioni, era riccamente decorato, tappeti preziosi ricoprivano il pavimento, arazzi e quadri erano appesi lungo i muri raffiguranti scene mitologiche e divinità, dei piedistalli erano posizionati lungo il corridoio della navata dove erano posati vasi di terracotta con disegnate scene di vita quotidiana.
La luce proveniva da una miriade di lampade ad olio che illuminavano a giorno la sala, l’altare era di pregiato marmo bianco coperto da una fine seta chiara.
Reliquie di rara bellezza erano depositate in piccole nicchie al lati del tempio, impossibile confondere la dimora della Dea della Bellezza.
Shirea entrò silenziosamente, Ilùva la stava già aspettando.
« Scopri qualcosa di più sul giovanotto che ti corre dietro, nasconde qualcosa. »
« Prego? Ma io gli ho scritto che… »
« Non mi interessa, ritratta quello che gli hai scritto e seducilo in modo che ti dica chi è veramente.
Inoltre fa’ attenzione alle persone che ti circondano e soprattutto sappi questo: una dea ha diritto di competere fin tanto il suo araldo è vivo, se tu muori, io verrò eliminata dal Ragnarok.
Ricordatene bene. »
Shirea annuì mesta, giocare con i sentimenti altrui era una cosa che le aveva insegnato fin dai primi tempi e non si era mai fatta scrupoli, da quando aveva conosciuto Julian – in verità solo da pochissimi giorni, tuttavia tanto le era bastato – dei moti di repulsione le attanagliavano l’animo, iniziava a credere che quello che stava facendo era moralmente sbagliato, chi era lei per ingannare e deludere i sentimenti altrui?
Evitò saggiamente di affrontare l’argomento con la sua Signora, non era il momento più adatto, una volta che il Ragnarok fosse terminato avrebbe avuto tutto il tempo per delineare i suoi principi di vita.
La fanciulla tornò a casa, una piccola stanza munita dei servizi essenziali, posta sopra un fruttivendolo, senza cenare di distese sul letto, stava ancora pensando alla sua vita, a come era cresciuta, il suo pensiero ritornò ai suoi genitori adottivi, che l’avevano lasciata andare quando avevano capito che era impossibile metterle delle catene.
Un’ombra nascosta dalla notte la stava spiando attraverso il vetro della finestra, un ampio cappuccio calato sul volto rendeva impossibile la sua identificazione, il colore del mantello lo confondeva con l’ambiente circostante.
L’ombra prendeva nota mentalmente di tutte le azioni compiute dalla ragazza, quando fu certo che s’era addormentata si guardò intorno: le vie erano deserte.
Con abilità scalò la parete fino ad arrivare alla finestra, che aprì con un corto fil di ferro, rovistò nei pochi cassetti disponibili senza trovare ciò che cercava; alla fine scostò le coperte che coprivano la fanciulla intravedendo l’oggetto della ricerca.
Non fece altro, rimise a posto la stanza ed uscì come era entrata, l’ombra corse per le strade acciottolate della città dirigendosi verso il quartiere religioso.
« Ne ho trovato uno, è una giovane fanciulla. »
« Ottimo, prima di ucciderla, scopri quale dea serve e proponile un’alleanza, se dovesse rifiutare allora sai cosa fare. »
« Come desiderate, Signora. »

giovedì 1 luglio 2010

Ragnarok

23

Katòn diede un’ultima occhiata alla missiva, il mittente aveva scritto chiaramente il luogo e il momento dell’incontro: al tramonto, poco distante dalla parte ovest della capitale; il principe cadetto aveva riflettuto tutta la mattina, aveva chiesto consiglio a West ed era giunto alla conclusione che, se fosse stata una trappola, ci sarebbe stato il capitano delle guardie a proteggerlo, se invece il mittente era in buona fede, ci sarebbe stato tutto da guadagnare.
“Spero che Shirea non mi odi per aver saltato l’appuntamento che avevamo fissato ieri, le manderò una lettera di scuse e giustificazioni. Sono sicuro che capirà.”
Un refolo di vento fresco gli scompose i capelli, la neve si stava sciogliendo, segno inequivocabile che la primavera era vicina, e i primi boccioli di fiori facevano capolino dal diradato manto nevoso; gli alberi non erano più carini, se si guardava con attenzione si potevano scorgere i nidi degli uccelli; stare in mezzo alla natura era un’esperienza che a Katòn piaceva moltissimo, fin da piccolo aveva sempre frequentato il parco del castello, quando poi era diventato più grande aveva preso l’abitudine di recarsi almeno una volta ogni sette giorni nella foresta vicina.
Negli ultimi mesi, però, aveva dovuto rinunciare a questo suo “vizio”, l’assenza di suo padre e la conseguente reggenza prima e l’avvicinarsi del Ragnarok dopo lo avevano allontanato dai boschi, per questo era felice che il luogo d’incontro fosse proprio sul limitare della foresta: era come una ventata rinfrescante per il suo stato d’animo.
Katòn si rilassò, appostato sulle mura della città c’era West a controllare la situazione, il principe non doveva temere alcun ché, era perfettamente al sicuro.
« Principe Katòn. » lo chiamò una voce, riportandolo al mondo.
L’araldo di Roriath si voltò e vide un uomo anziano, curvo su un bastone, avvicinarsi tranquillamente, notò che i suoi occhi erano completamente bianchi.
« Voi siete cieco. » affermò Katòn sgomento.
« Sì, ma la mia dea mi ha donato la vista dell’Oltre.
Non vedo cosa accade intorno a me, ma posso vedere cosa accadrà in futuro. »
« Siete un veggente dunque. »
« Se così vi piace chiamarmi. La mia dea non partecipa al Ragnarok per combattere, solo per avvertire, col suo specchio incantato ha visto il futuro; mi ha chiesto di riferirti che le sorti del mondo dipendono da te. »
Il respiro del principe minore si arrestò per qualche istante, non era preparato per quel tipo di rivelazione, credeva che il Ragnarok fosse una guerra tra dee, la cui vincitrice sarebbe divenuta di diritto la preferita di Arman, il Re degli Dei; così gli era stato riferito da Roriath, possibile che fosse solo una bugia per indurlo ad accettare il ruolo d’araldo? E se fosse stato realmente l’inizio della fine del mondo, come scritto in tutti i libri e recitato in tutti i miti e leggende?
« Percepisco la tua confusione, principe.
Ascolta attentamente, questa è la visione della mia dea.
Eeda, somma dea della Ruota del Fato, ha visto una porta che non deve essere varcata, passano gli anni e ancora nessuno trova il coraggio di posare i piedi oltre la soglia, poi giungi tu, accompagnato da una figura misteriosa, ferita e malandata.
Qui lo specchio della mia Signora si sdoppia; da una parte vede te e quella figura fermarvi prima di addentrarvi oltre la porta, la figura muore, ma il mondo è salvo; sull’altra superficie ti vede superare quell’infausto confine, la misteriosa figura che ti accompagna si salva, ma a caro prezzo, un’oscura potenza viene risvegliata e tutto il mondo cade nelle tenebre. »
La luna iniziò a levarsi alta nel nero cielo notturno e l’oscurità circondò i due uomini, il gelo penetrò nel corpo del principe, non soltanto per l’effettiva temperatura di quell’ora, soprattutto per le parole dell’anziano uomo. Il destino del mondo ricadeva nelle sue mani, nella sua scelta.
« Quando accadrà? Insomma, credo di avere il diritto di sapere quando avrò la possibilità di scatenare la fine del mondo! E… e la porta? Come farò a riconoscerla? Ha qualche iscrizione particolare, un guardiano da affrontare, oppure… »
« Non essere impaziente, quando verrà il momento lo saprai; e allora saprai qual è la decisione da prendere. »
« Che domande, io so già quale decisione prendere, non voglio scatenare il caos! »
« Ne sei sicuro? »
Il vecchio non disse più una parola, esattamente come era arrivato se ne andò, piano piano, curvo sul bastone, lasciando Katòn in piena confusione.
Il principe sapeva che, razionalmente, la decisione più giusta da prendere era quella di non varcare la porta, la morte di una persona era accettabile se il prezzo da pagare era il mondo intero; però le ultime parole del’’anziano araldo gli avevano messo in corpo ulteriore agitazione, solo in quel momento, riflettendo con calma, considerò che nel fare una scelta non influiva soltanto la razionalità, ma anche fattori di tipo emotivi e personali; molte persone sceglievano la strada sbagliata perché guidati dai sentimenti.
Katòn se ne stava con la schiena poggiata al tronco di un albero, West lo trovò più pensieroso di quando l’aveva lasciato poco prima.
« Mi hai fatto prendere un bello spavento, sai? L’altro tipo è rientrato in città e della tua presenza nemmeno l’ombra, temevo ti avessero fatto qualcosa.
Che hai? Sei più teso della corda di un arco. »
« La corda di un arco è come burro paragonato a come mi sento in questo momento. Non è che mi daresti una mano? Non sono molto sicuro della stabilità delle mie gambe. »

Al castello si respirava aria di festa quella sera, Sua Maestà, per intrattenere alcuni suoi ospiti di Jukigabijo, aveva fatto allestire un piccolo circo nella sala dei ricevimenti, acrobati e giocolieri si esibivano al centro dell’ampio salone, serve e camerieri distribuivano tartine, bruschette, assaggi, bevande e pane; solo Katòn stava in disparte, sovrappensiero.
« Non darti pena per quello che ti ha detto quel vecchio, quando l’ho incrociato in città, alla porta, mi ha detto che mi sposerò entro un anno, pazzesco. Credimi, quel vecchio non ci sta con la testa, io che mi sposo, pf! »
Il principe minore fece un mezzo sorriso, l’idea di West come marito affettuoso e devoto era veramente un pensiero quasi impossibile da formulare; tutti al castello sapevano, in special modo le donne, che il capitano delle guardie era un uomo a cui piaceva divertirsi e che fuggiva dagli impegni, non più di un mese era il periodo a cui il giovane poteva dedicarsi ad una donna, si annoiava facilmente.
C’era da dire a suo favore, che non aveva mai cercato d’ingannare le fanciulle, queste ultime, infatti, erano sempre a conoscenza delle intenzioni del capitano, West era sempre stato chiaro su questo punto.
« West, se io posso scatenare l’apocalisse, tu puoi anche sposarti. » replicò divertito Katòn.
« Non scherzarci nemmeno, il giorno in cui mi dovessi sposare sarà davvero la fine del mondo. »
« Non indurmi a scommettere, lo sai che non mi piace il gioco d’azzardo. »
Il capitano delle guardie scosse la testa con fare scherzoso, aveva individuato un paio di “prede”, due bocconcini ancora da assaggiare.
« Perdonami se ti abbandono, ma la mia natura di predatore mi chiama. »
Katòn lo fissò andarsene, decise che anche lui se ne sarebbe tornato nelle sue stanze, doveva pensare a come scusarsi con Shirea e doveva farlo prima che fosse troppo tardi.

venerdì 25 giugno 2010

Ragnarok

22

Katòn la fissò con aria basita, proprio quando stava perdendo la speranza di trovarla, ecco che la ragazza gli sfilava davanti gli occhi; Shirea era esattamente come il principe la ricordava: una bellissima fanciulla, magra e slanciata, più giovane di lui di poco, elegante anche con miseri abiti.

Katòn si alzò dalla panchina e la raggiunse raggiante, ripassò mentalmente tutta la strategia che aveva elaborato durante la sua ricerca, doveva solo avvicinarla e conquistarsi la sua fiducia, il resto sarebbe venuto da sé; o almeno così credeva, non aveva avuto relazioni con donne fino a quel giorno e la sua unica fonte di conoscenza in quel campo era un aitante capitano delle guardie del castello a cui piaceva divertirsi.

« Signorina Shirea!

Che bello rivedervi, credevo foste tornata ad Hollas, a casa. » esordì il principe cadetto con un sorriso smagliante.
Shirea lo fissò stranita per qualche secondo, non aveva idea di chi fosse quel giovane, lui sembrava conoscerla, ma non era vero il contrario.

« Sono Julian, la festa in maschera. »

Un lampo si accese nella mente della ragazza, adesso ricordava benissimo dove lo aveva conosciuto e in quale situazione, effettivamente aveva una certa aria familiare, le tornò alla memoria anche il suo amico, il bel biondino che li aveva fatti conoscere e che assomigliava incredibilmente al soldato che aveva visto alla locanda tempo addietro.

Shirea accennò ad un breve inchino, facendo ben attenzione a non far cadere le stoffe che portava, e rispose al saluto del giovane.

« Anche io sono felice di vedervi, come potete vedere sono ancora qui, ad Irrfad, lavoro come sarta. »

« Permettetemi dunque di aiutarvi, è indecente che una fanciulla porti da sola tutto questo carico. »

« Non datevi pena, sono in grado di farcela, » replicò Shirea con un sorriso, « e poi se mi aiutaste la padrona potrebbe arrabbiarsi, però accetto volentieri la vostra compagnia. »

“Ottimo, è fatta. Non è stato così difficile, West senso delle non ha il misure.”

Katòn indirizzò il discorso su argomenti totalmente estranei alla causa che stava combattendo, parlò della bellezza del regno, della primavera incombente, di alcuni pettegolezzi reali, di cose che potessero interessarle.

« Sir Julian, io sono arrivata, è stato piacevole passeggiare al vostro fianco, ma il dovere chiama e io devo rispondere. »

« Comprendo. Ditemi, posso avere l’onore di passeggiare ancora con voi domani, prima del vespro? » le domandò con un baciamano eseguito alla perfezione.

« Siete ardito, sir Julian. »

« Vi prego di perdonarmi, da quella festa non ho fatto altro che pensarvi. »

I due si guardarono negli occhi per qualche istante, non lo sapevano, ma entrambi desiderarono che quel momento non dovesse finire mai; il principe intendeva realmente approfondire la conoscenza di lei, non più soltanto per scopi materiali, la fanciulla era sorpresa dall’atteggiamento dell’uomo, non le sembrava il tipo di persona che usa le donne come fossero giocattoli.

« Sir Julian… »

Shirea distolse lo sguardo, una piccola fitta, proprio all’altezza del petto dove era il ciondolo, le ricordò che non era il tempo dei divertimenti.

« Non posso impegnarmi, non ora. Non intendo fuggire da voi, solo che ho delle questioni da risolvere, quando tutto sarà finito sarò vostra, è una promessa! » esclamò lei nell’impeto dell’eccitazione.

« Avete dei problemi? Forse posso aiutarvi, io… »

« No, sir Julian, no, purtroppo non potete aiutarmi, ma apprezzo tantissimo il pensiero. »

Shirea gli scoccò un casto bacio sulla guancia per poi entrare nella sartoria; quella sensazione era nuova per lei, chi era quello strano tipo che, visto a malapena un paio di volte, le aveva fatto venire un farfallìo allo stomaco?

Troppo presto per l’amore, ma già abbastanza per l’infatuazione; Shirea ripeté a se stessa di non cadere mai in quella trappola. Una volta concluso il Ragnarok l’avrebbe ricercato e gli avrebbe spiegato che, a malincuore, non poteva mantenere la parola data.
Nel suo mondo non poteva esistere l’amore, solo il proprio tornaconto e l’avanzamento sociale; la fanciulla si maledì per quella stupida promessa, se l’era appena ripetuto, ma solo in quel momento capì di essere caduta nella trappola del sentimento da lei tanto evitato.


Katòn tornò al castello, doveva cercare West e supplicarlo di svelargli qualche frase o azioni che gli avrebbero fatto conquistare Shirea; non sarebbe stato facile dato che West non amava parlarne, secondo la sua filosofia, ogni uomo doveva cavarsela da solo, altrimenti che uomo sarebbe stato, se non fosse stato in grado di far cadere ai suoi piedi una donna?

Lo cercò in tutti i luoghi da lui maggiormente frequentati: il cortile d’addestramento, la mensa, gli alloggi dei soldati, ma non riuscì a scovarlo da nessuna parte.

Solo per l’ora di cena il capitano delle guardie ricomparve nelle sale del castello.

« È tutto il giorno che ti cerco, si può sapere dove ti eri cacciato? »

« Ai margini della Foresta Oscura, Sua Maestà desiderava conoscere lo stato d’avanzamento degli alberi. Presto dovremmo mandare i taglialegna per tracciare un piccolo sentiero. »

« E mio padre manda te? »

« Be’, tu non c’eri e poi il re si fida di me. » disse West orgogliosamente.

Katòn lo lasciò con una smorfia divertita, quando l’amico iniziava a parlare di quanto fosse onorato di godere della stime e della fiducia del sovrano, non c’era alcun modo di dirottare la conversazione verso altri lidi; il principe cadetto capì immediatamente che se fosse rimasto sarebbe stato intrappolato in una di quelle situazioni.


Chiuse delicatamente la porta dei suoi appartamenti. Alla fine il principe non aveva potuto evitare gli sproloqui del suo migliore amico, arresosi al destino aveva accettato di buon grado la compagnia del capitano e delle sue storie.

Buttatosi sul letto si accorse di qualcosa di ruvido sul suo cuscino, una busta indirizzata a lui. Katòn lo prese e la aprì con cautela, non era stato avvisato di tale missiva, lo lesse con attenzione: qualcuno gli dava appuntamento per il giorno seguente al tramonto, aveva importanti informazioni da riferirgli riguardanti il Ragnarok.

giovedì 3 giugno 2010

Piccolo avviso di servizio.
A causa del mio temporaneo trasferimento causa lavoro non mi è possibile aggiornare come prima; se prima non ero velocissima, adesso lo sarò ancora meno.
Ci tengo a precisare che non è per un calo di ispirazione o voglia d'abbandono, semplicemente non ho tempo materiale per mettermi davanti al PC in santa pace per scrivere.
Spero possiate capire.

venerdì 21 maggio 2010

Ragnarok

21

Katòn e West entrarono negli appartementi privati del principe cadetto, il capitano si mise a sedere su una poltrona mentre l'amico sedette su un divanetto.

« Ti ricordi della festa in maschera? Quando mi facesti conoscere la ragazza che fissavo da tempo? » domandò Katòn chiedendo che fosse portato qualcosa da bere alla servitù.

« Vagamente. »

« Devo rintracciarla urgentemente. » spiegò il principe appoggiando i gomiti sulle ginocchia e stringendo le mani.

« Posso azzardarmi a chiederti il motivo? »

« Faccio prima a raccontarti tutto. Di nuovo. Da capo »

West impallidì, la sintesi non era mai stata il punto di forza dell'amico.

Per l'ora di pranzo il principe non aveva ancora finito, il capitano delle guardie del castello, disperato, supplicò una pausa che gli venne negata quasi sdegnosamente; fu costretto a mangiare con lui assentandosi dai suoi doveri militari.

Ad un certo punto scattò in piedi dicendo che non poteva più rimanere, quel pomeriggio sarebbero arrivati delle nuove reclute dlla caserma e lui doveva essere presente.

« Ma non ho finito di raccontarti! »

« Finisci con mia sorella, lei ti crede no? Va' da lei! »

"Forse ho esagerato" pensò timidamente il principe.


Katòn vagò per il castello alla ricerca di Esta senza riuscire a trovarla da alcuna parte, perlustrò ogni corridoio, ogni sala, chiese ai soldati se sapessero dove si trovasse, ma nessuno seppe dargli una risposta; a metà del pomeriggio, quando la sera incombeva, raggiunse West nel cortile d'addestramento, le reclute mandate dalla caserma avevano superato l'esame del capitano delle guardie e quest'ultimo gli stava spiegando quali sarebbero stati i loro doveri, dove avrebbero alloggiato e come si dovevano relazionare con gli altri.

Il principe rimase ad aspettare che avesse finito per poter parlare di nuovo con lui, quando West lo vide mise subito le mani in avanti e le cose in chiaro.

« Alt, fermo. Se sei venuto per finire il discorso di oggi, levatelo di mente. Ho accettato di aiutarti, è vero, ma niente storie assurde. »

« Sono venuto per chiedere di tua sorella, dato che non si trova, tu dovresti saperlo, no? Sei il suo capitano. »

« Mica posso sapere sempre tutto; vai nella sala comune e domanda al soldato che organizza i turni, lui saprà risponderti. »

Katòn sospirò rassegnato e fece come indicatogli dall'amico. Venne a sapere che Esta aveva accompagnato il principe Frey e la moglie in visita ad alcuni parenti di lei a Namida, lei e una piccola squadra scelta erano partiti in mattinata; la guardia gli riferì che Esta sembrava contrariata della scelta del principe ereditario, inoltre in principio lei non era stata scelta, il principe Frey l'aveva aggiunta all'ultimo secondo.

Katòn lo ringraziò e, dato l'orario, raggiunse suo padre per unirsi a lui a cena.


« Allora, dove si trova mia sorella? »

« Con mio fratello e mia cognata in viaggio verso Namida, non ho idea di quando possa tornare. »

West scosse la testa, appoggiato alla balaustra della "Piazza Alta" – così era chiamato il tetto della torre più alta del castello – poteva osservare i suoi uomini di guardia alle mura, se fosse stato di giorno, sarebbe pure riuscito a scorgere le vette dalla Cinta Montanaria alle spalle del castello e della Foresta Oscura.

« Il principe Frey non si è ancora rassegnato? Nessuno gli ha detto che mia sorella sta iniziando a frequentare un soldato della guardia? »

« Evidentemente no.

Domani andrò in città, devo trovare quella ragazza, a tutti i costi. »

« Il capo delle guardie della città è un mio amico, se hai bisogno di qualcosa rivolgiti a lui e fai il mio nome, ti aiuterà all'istante. »

« Credevo che il mio essere parte della famiglia reale mi bastasse. »

West ridacchiò.

« Non con Kent, lui se ne infischia della famiglia reale, il suo compito è mantenere l'ordine e la giustizia in città, non conta altro per lui. »

« Terrò a mente il tuo consiglio, ti ringrazio. »

« E di cosa? Siamo amici. »

Katòn gli sorrise, era fortunato ad avere persone come lui al suo fianco.

Il mattino dopo si alzò all'alba e, come aveva già riferito al capitano delle guardie, si recò in città, cercando di fare mente locale sulla ragazza della festa in maschera. Ricordava l'abito di buona fattura della fanciulla, i capelli castani e gli occhi azzurri, ma quante altre damigelle potevano corrispondere a quella descrizione in città? Oltretutto Kent al Naif, il capitano delle guardie della città, nonché responsabile della Caserma e amico di West, non gli era stato d'aiuto, la descrizione che gli aveva dato era troppo vaga perché gli potesse essere d'aiuto.
Al Naif promise comunque al principe che sarebbe stato avvertito ogni volta che i suoi uomini avessero anche solo intravisto una ragazza corrispondente alla descrizione fornita.

Katòn lo ringraziò calorosamente nonostante non avesse risolto il suo problema. All'improvviso gli venne in mente un'idea un po' pericolosa, ma decisamente fattibile: il principe sapeva che Shirea, la fanciulla che cercava, non aveva visto il suo ciondolo, per lui era Julian, signore benestante. Avrebbe potuto girovagare nel quartiere religioso senza timori, la sua strategia era quella di rintracciare Shirea "per caso" e guadagnarsi la sua fiducia, il resto sarebbe venuto da sé.

Prima di tutto, però, andò a ristorarsi nella locanda in cui l'aveva intravista, da lì sarebbe stato tutto molto più semplice, si sarebbe fatto scoprire e avrebbero iniziato a conversare, magari Katòn si sarebbe comportato come faceva West con le donne, forse l'avrebbe pedinata fino a quando non avesse scoperto la Dea di riferimento; in ogni caso era da quella taverna che doveva partire.

Quando vi entrò notò il solito affollamento della volta precedente, questo non gli impedì di guardarsi attorno e scoprire che della fanciulla non c'era traccia.
Domandò di lei al locandiere e tutto quello che riuscì a sapere era che Shirea si era licenziata tempo addietro e che aveva lasciato la camera.

Uscì imprecando tra i denti, il suo magnifico piano era appena andato in frantumi. Si mise a sedere su una panchina nella piazza del mercato per riflettere quando un miracolo apparve ai suoi occhi, dalla parte opposta della piazza Shirea stava portando delle stoffe.

giovedì 13 maggio 2010

Ragnarok

20

Il sole, tondo e rosso, era ormai basso sull'orizzonte, segno inequivocabile dell'imminente tramonto, presto, il gelo dell'inverno avrebbe avvolto ogni cosa nella sua morsa per restituire il tutto solo al mattino, circondato da una patina di brina.

In città i lavoratori, stretti nelle loro pellicce, ritornavano a casa, ansiosi di consumare un pasto caldo e ricevere l'affetto della famiglia; le strade si svuotarono e le locande si riempirono, ancora una volta i proprietari di tali taverne benedissero la notte, portatrice di clienti e guadagno; le prostitute non si affacciavano più dai loro balconi, ma erano tutte riunite nelle sali comuni dei bordelli, dove gli avventori erano sempre allegri e felici, le grida e i rumori dell'amore si potevano udire in tutti gli angoli, anche quelli più nascosti, della città.

Solo nel quartiere religioso vigeva il silenzio, solitamente il Gran Sacerdote intonava una liturgia, pregando gli Dei affinché donassero agli uomini un altro giorno di pace, quella notte però, quella strana notte che avrebbe dovuto essere come le precedenti, non si udì nessuno cantare o pregare, il prete se ne stava nella sua umile dimora cercando di scacciare i brutti presentimenti che aveva in corpo.

Non c'era niente da temere, era solo una normale nottata come altre, niente di più, niente di meno, eppure il Gran Sacerdote sentiva che quella sarebbe stata la notte della svolta.

La calma prima della tempesta era giunta al termine, con la venuta del sole il Ragnarok avrebbe avuto ufficialmente inizio.


Al castello reale regnava la pace e la serenità, le guardie di turno svolgevano il loro lavoro alla perfezione assicurando alla famiglia reale un sonno tranquillo; solo il principe cadetto, Katòn noc Ferac al Irrfad, il Pacifico, non dormiva.

Si rigirava nelle coperte nella speranza di potersi finalmente addormentare, non gli fu concesso l'ultimo sonno pacifico, senza problemi o gravi questioni. Si alzò rassegnato e, coprendosi con una pesante vestaglia, si recò nella biblioteca del castello.

La torre campanaria suonò un rintocco.

I libri non risposero alle domande che stavano venendo a galla nella sua mente, analizzando la situazione aveva capito che Roriath, alla fine, non gli aveva insegnato niente, come avrebbe fatto a cavarsela in un mondo in cui sarebbe stato braccato da altri araldi come lui?

Della polvere si alzò quando richiuse il volume con uno scatto improvviso, era un uomo fatto ormai, inutile preoccuparsi di quello che poteva accadere in futuro, sapeva cavarsela da solo ormai, doveva necessariamente bastarsi.

Ritornò nelle sue stanze. Rabbrividì chiudendo la porta, faceva veramente freddo quella notte, anche lui poteva percepire la magia che le tenebre recavano con sé.
Cercò di scacciare il pensiero per potersi addormentare senza preoccupazioni.


Presto l'oscurità cedette il passo alla luminosità del sole che nasce, i contadini erano già svegli, pronti per andare a lavorare la terra, vangare, innaffiare, curare le piante; le donne di città prepararono le colazioni per i mariti; gli uomini uscirono per recarsi ai loro lavori, la città si stava svegliando ancora, i negozi e le botteghe aprivano ai clienti, dai forni usciva il buon odore del pane caldo, i bambini delle famiglie benestanti si fecero accompagnare dalle madri a scuola.

La brina depositata durante la notte iniziò a sciogliersi bagnando i campi e i prati intorno a La Capitale e creando pozze e fango lungo le strade, i carri procedevano a rilento.

Tutto sembrava scorrere tranquillo, una normale giornata d'inverno.

Solo poche persone avevano avvertito il cambiamento.

All'alba una ragazza era uscita dalla sua casetta per recarsi al quartiere religioso. I sacerdoti intonarono canti e preghiere, candele venivano accese sugli altari delle divinità.

« Mia Signora. »

« È giunto il momento, Shirea. »


Katòn si svegliò per il freddo, il fuoco nel camino era spento e nessuno lo aveva ravvivato a tempo debito. Informò il padre che si sarebbe recato in città e si fece sellare il cavallo; Roriath lo stava aspettando.

Il tempio della Dea della Guerra era avvolto nel silenzio come di consueto, il principe entrò notando dell'incenso appena acceso ai fianchi dell'ingresso.

Si avvicinò all'altare e si inginocchiò.

« Eccomi, mia Signora. »

« Katòn, sei pronto? Il Ragnarok è appena iniziato, non abbiamo tempo da perdere. »

L'uomo fece un cenno d'assenso con la testa, la Dea approvò e continuò il suo discorso.

« La prima cosa che devi fare è rintracciare quell'araldo che incontrasti alla festa in maschera mesi fa. Scopri a quale Dea fa riferimento.

Non hai limitazioni per le tue missioni, usa tutto il tuo ingegno e tutti i mezzi che hai a disposizione, se ti credono puoi anche farti aiutare dai tuoi amichetti. »

Katòn sussultò a quelle ultime parole.

« Non crederai che io non sappia niente vero? So che hai raccontato tutto al tuo amichetto e a sua sorella. A me non interessa a chi dici del Ragnarok, io voglio vincere questa guerra, è chiaro? »

« Chiarissimo. »

« Bene, allora vai.

Non farti notare quando uscirai da questo tempio, se la ragazza è ancora in questa città sarà in un tempio, non farti scoprire. »

« Tu non puoi sapere dove si trova? »

« No, gli araldi sono difesi dalle Dee che servono, nessuna Dea saprà che tu sei il mio araldo. È il ciondolo che ogni araldo porta con sé a permetterlo, è un catalizzatore del potere della Dea che serve. Hai ascoltato quello che ti ho detto in queto ultimo anno? »

« Certo! Peccato solo che di queste cose pratiche non mi hai mai detto niente! »

« Ops... » ridacchiò Roriath, « Rimedierò, vedrai. Adesso va'. »


Il principe cadetto si ritrovò a fare colazione in una taverna non lontana dal quartiere dei templi, da quanto era nervoso quella mattina non aveva nemmeno mangiato, delle uova e della pancetta gli avrebbero risollevato l'umore.

Il ritorno al castello fu sereno, fece la carità ad alcuni mendicanti, distribuì sorrisi a chiunque lo riconosceva. West lo aspettava nel cortile di addestrmento.

« Ti cercavo poco fa, ma mi hanno detto che eri andato in città. »

« Sì. »

West lo guardò con circospezione, c'era qualcosa che gli teneva nascosto.

« C'è qualcosa che devi dirmi? » gli domandò mentre salivano la gradinata che li avrebbe portati all'interno del palazzo.

Katòn strinse il passamano.

« Lo so che non mi credi, ma ti assicuro che la storia sul Ragnarok è vera. »

« Insisti? »

« Sì, perché voglio il tuo aiuto. Ti fidi di me no? »

Il capitano delle guardie studiò attentamente il volto dell'amico, era cambiato molto in un anno, l'incertezza era sparita del tutto per fare spazio ad una certa determinazione, come poteva non fidarsi del suo migliore amico?

« E sia, mi farò coinvolgere nei tuoi pazzi progetti, ma solo perché se ti do corda alla fine la smetterai con questo stupido scherzo. »

Il principe cadetto gli sorrise, adesso era molto più sicuro nell'affrontare il Ragnarok.

venerdì 7 maggio 2010

Ragnarok

19

La mischia nel pomeriggio fu meno spettacolare dei singoli incontri del mattino, il principe Frey noc Savhr vinse e dedicò la vittoria alla moglie e al piccolo che stava crescendo nel grembo della donna; Sua Maestà lo incoronò campione della giostra sotto gli applausi del popolo. Katòn si alzò per congratularsi con il fratello.

« Sei stato eccezionale! » gli disse.

Frey sorrise, poi s'allontanò, aveva intenzione di cercare Esta e parlare privatamente con lei, la trovò insieme al fratrellastro intenta ad aiutarlo per la processione di ritorno al castello. La donna lo vide, ma lo ignorò deliberatamente, non era sicura dei suoi sentimenti e l'indifferenza era, così credeva lei, la soluzione migliore.


La cena fu un trionfo di ilarità e festa, Sua Maestà aveva ordinato che fossero preparate almeno una quindicina di portate, giocolieri e saltimbanchi animavano la serata con i loro spettacoli, musici e danzatrici si esibivano in un angolo ricevendo le lodi dei presenti.

La principessa Utena dispensava parole e sorrisi a chiunque, al contrario di suo marito, il principe Frey, che mangiava in silenzio, pensieroso; Katòn intratteneva alcuni nobili e ministri con alcuni discorsi riguardanti l'istruzione e la cultura nella popolazione contadina. West ed Esta invece ispezionavano la sala come era loro dovere.

Alla decima portata Katòn chiese il permesso per potersi ritirare nelle sue stanze, si fece accompagnare da Esta, il principe cadetto cercò di protestare, di dire che non c'era nessun pericolo, ma fu tutto vano, sia suo padre sia il capitano delle guardie del castello non volevano sentire repliche.

« Davvero, non ho bisogno della scorta per andare nei miei appartamenti, conosco la strada e conosco il mio popolo, nessuno oserebbe farmi del male, amano mio padre e mio fratello; sul serio non corro rischi. »

« Se mio fratello o Sua Maestà vengono a scoprire che non ho svolto il mio dovere, sono io quella che corre dei rischi; ricordati che per molti io sono ancora la mercenaria che ha tentato di uccidere il principe ereditario. »

Katòn rimase interdetto per qualche secondo.

« Mi dispiace, non ho fatto molto per aiutarti. »

« Hai fatto più di quanto avresti dovuto. È anche merito tuo se ho potuto avere un giusto processo. Piuttosto dimmi, stasera eri pensieroso, c'è forse qualcosa che ti turba? »

« Sì, c'è qualcosa, ma lascia stare, ti prego. »

« Non ne vuoi parlare? »

« Se te ne parlassi mi prenderesti per pazzo come fece West a suo tempo. »

« Non è detto che sia così. »

Il principe fissò la donna negli occhi, era sincera, ma dubitava potesse credergli, in fondo quella storia era stata assurda anche per lui, che ne era un protagonista.

« Tu credi negli Dei? » le domandò Katòn di fronte la porta che conduceva alle sue stanze.

« Sì »

« E sai cos'è il Ragnarok? »

« Non è la Guerra degli Dei, che sancisce l'inizio della fine del mondo? Così ho sentito dire da un sacerdote. »

« No. »

« No? »

« No. »

Le raccontò tutto dall'inizio, da quando era diventato reggente, dal suo incontro con la Dea, le sue strane istruzioni, tutto. Esta lo ascoltava con attenzione, annuendo di quando in quando, non c'era traccia di derisione nel suo volto e dalla sua voce non trapelava nota di scherno.

« Ti sei cacciato proprio in una brutta situazione, hai pensato ai rischi che potresti correre? »

« Sì, ma alla fine sono tutti irrilevanti, io non sarò Re quindi non ho doveri di sorta, l'importante era che almeno mio fratello tornasse sano e salvo dalla guerra, tutto qui. »

« Se lo dici tu; in ogni caso presta ben attenzione, West potrebbe non resistere al dolore della tua perdita, ti vuole bene. »

« Non ti preoccupare, non sono intenzionato ad andarmene negli Alti Cieli. »

Rimasero in silenzio per qualche minuto, Katòn aveva aperto la porta, ma ancora non si decideva ad entrare, c'era un'ultima cpsa che doveva chiedere ad Esta.

« Mi credi davvero? »

« Sì, quando si ha a che fare con le divinità tutto è possibile, anche questo.

Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, non esitare; parlerò con mio fratello. »

« Ti ringrazio Esta. »

Si congedarono. Esta tornò ai suoi doveri di guardia, Katòn, invece, si svestì, si fece un bagno e si coricò a letto.

Sognò delle fanciulle senza volto che si tiravano i capelli, ad un certo punto gli sembrò di riconoscere Roriath, ma fu svegliato di soprassalto dal capitano delle guardie che borbottava qualcosa a proposito di certe scemenze, solo che Katòn era ancora troppo assonnato per capire quello che stava dicendo.

« Cosa hai detto? Puoi ripetere per favore? »

« Ti ho chiesto come ti è saltato in mente di raccontare tutte quelle stupidate a mia sorella, insomma, non ti credevo davvero pazzo. »

« Ma è la verità. » protestò debolmente il principe cadetto.

« Finché non vedrò questa fantomatica Dea non ti crederò. »

« Fantomatica!? West!, ma se sei stato proprio tu a consigliarmi di rivolgermi a lei! »

« Piccoli dettagli trascurabili. »

« Sono senza parole sai? »

« Strano, non sei tu quello che conosce tutte le cose? » ridacchiò West.

Katòn scosse la testa divertito, si alzò e dopo aver compiuto le quotidiane abluzioni mattutine si recò nella biblioteca del castello; era riuscito a procurarsi una rara copia de "La storia al principio del tempo" e aveva intenzione di trascorrere la mattina in sua compagnia.

Non trovava niente di più piacevole della lettura di un libro, ogni volta gli si spalancavano le porte del mondo, poteva udire gli antichi sapienti narrare le gesta dei primi eroi, poteva vedere gli scienziati usare la loro conoscenza, con l'immaginazione riusciva ad alzarsi in volo ed osservare il suo regno com'era mille anni prima della sua nascita.

Preso com'era dalla narrazione dell'autore del libro non si accorse che era giunta l'ora di pranzo, la torre campanaria aveva suonato dodici rintocchi; la biblioteca si trovava esattamente sopra le cucine reali, se si concentrava poteva sentire i cuochi che cucinavano e gli odori che uscivano dalle pentole.

Chiuse a malincuore il suo tesoro e si diresse verso la sala da pranzo, lì vi trovò suo fratello intento a discutere di strategia militare con West mentre la principessa Utena giocava a carte con una delle sue dame di compagnia vicino al camino scoppiettante.

« Oh, fratello, sei arrivato giusto in tempo, vuoi unirti con noi per il pranzo? » gli domandò Frey Noc Savhr avvicinandosi.

« Molto volentieri. »

Il principe ereditario diede ordine che fosse servito il pranzo e mentre i commensali si accomodavano chiese al capitano delle guardie del castello la ragione del perché sua sorella non fosse presente nonostante fosse stata invitata.

« Vogliate perdonarla, principe. » rispose West umilmente, « Mia sorella è indisposta oggi, mi manda a ringraziarvi per l'invito e allo stesso tempo si scusa per non poter essere presente. »

Katòn sorrise debolmente, in realtà Esta non aveva voluto partecipare a causa della presenza della principessa; come gli aveva spiegato poco prima, quando si erano incrociati in uno dei tanti corridoi del castello, Lady Utena non tollerava la sola vista della donna, l'accusava di averle portato via il cuore del marito, ed Esta non era sicura di poter sopportare la visione dell'uomo che aveva amato con tutto il cuore tra le braccia di un'altra donna.

"Questa rivalità potrebbe non essere più sostenibile un giorno."
constatò Katòn addentando della carne di cinghiale, "Ma in ogni caso non è affar mio, io ho altri problemi da affrontare."