sabato 27 marzo 2010

Ragnarok

14

Esta al Denìo stava svolgendo la sua ronda notturna sui camminamenti delle mura del castello. Stava pensando che, in fondo, la sua vita non era cambiata poi così tanto, se prima veniva pagata per proteggere dei mercanti durante i loro spostamenti, adesso veniva pagata per difendere Sua Maestà, il principio di fondo non era cambiato: essere pagati, proteggere il padrone a costo della vita.

Il fatto che suo fratello fosse il capitano delle guardie, però, non le facilitava il compito, anzi, molto spesso era stata oggetto di scherno e scherzi brutali da parte degli altri soldati, era vista come del favoritismo bello e buono e la cosa non era stata accettata con serenità; per molto lei era ancora colei che aveva cercato di uccidere Frey noc Savhr.

La cappa, che le arrivava fino alle caviglie, le intralciava i movimenti, era un peso inutile, scomodo e controproducente durante un attacco, come poteva un soldato combattere, se prima doveva riuscire a vincere su quel pezzo di stoffa pesante? Fu tentata di levarselo e di gettarlo via, non aveva bisogno di una cappa per proteggere Sua Maestà.

La torre campanaria suonò la mezzanotte ed Esta si fermò ad ascoltare il dolce suono delle campane, il suo sguardo si fissò sulle stelle alte nel cielo, le sembravano diverse rispetto a quelle che vedeva a Sejh'katar, alcune le riconosceva, ma erano spostate rispetto a dove aveva imparato a vederle. Quante volte aveva rimirato le stelle in compagnia del principe ereditario e del suo caldo abbraccio...

No! Doveva scacciare assolutamente quei pensieri dalla sua mente, Frey ormai era sposato già da due mesi e si vociferava che Lady Utena fosse gravida, non poteva più permettersi il lusso di certi ricordi; quei momenti ormai erano morti e sepolti, per quanto avesse sofferto doveva andare avanti, ricordandosi che aveva scelto lei di rimanere, nessuno l'aveva costretta.

Un piccolo sorriso guizzò sul suo volto quando ricordò la lettera d'addio che Frey le aveva mandato, suo fratello West era andato su tutte le furie e minacciava, non solo di sbandierare tutta la faccenda per far rendere conto a tutti che razza di persona era il principe, ma anche di prenderlo a pugni e di sfidarlo a singolar tenzone. C'era voluto Katòn e le sue argomentazioni per calmarlo e farlo tornare alla ragione.

« Ehi raccomandata! » esclamò un soldato da sotto le mura, « Il tuo turno è finito, hai intenzione di scendere oppure rimani per accaparrarti i favori di tuo fratello, eh? »

Esta lo guardò sdegnata, non gli rispose e, con tutta la calma che aveva in corpo, scese da delle scalette nelle vicinanze; non poteva dargliela vinta, non doveva scendere al loro livello, impassibile, ecco come doveva essere. Gli passò accanto a testa alta ignorandolo completamente.

Le era stato assegnato un comodo alloggio accanto a quello del fratello, piccolo, spartano, ma accogliente; un letto, un armadio, un piccolo camino, un tavolo ed una sedia, la stanza non conteneva altro, ma era la cosa che più si avvicinava ad una casa per lei che non aveva mai avuto fissa dimora. West le aveva fatto trovare una coperta pesante per l'inverno e una leggera per l'estate, l'uniforme che avrebbe indossato da quel giorno in avanti, l'armatura per i combattimenti e le armi date in dotazione. Durante il suo primo giorno come guardia del castello suo fratello le aveva fatto da guida, le aveva insegnato ogni luogo e corridoio dell'enorme fortezza, alcuni indispensabili passaggi segreti e, cosa più fondamentale, le aveva insegnato le regole per una pacifica convivenza insieme agli altri soldati.


Dalla finestra della sua stanza le stelle non si vedevano bene come sulle mura, Esta si arrese all'evidenza e si sdraiò sul letto ancora vestita, non aveva sonno.

Alla fine si tolse la divisa e si infilò sotto le coperte quando sentì del trambusto provenire dalla stanza del fratello. Gli bussò alla porta.
« Non so se te ne sei accorto, ma è notte fonda, potresti evitare tutta questa confusione? Ci sono soldati che vorrebbero dormire. »

West le aprì, puzzava di vino, ma non sembrava ubriaco. Esta lo squadrò da cima a fondo, era lampante come il sole che il capitano era uscito per fare baldoria ed era rientrato solo in quel momento.

« Si può sapere dove sei stato? » gli domandò Esta incrociando le braccia sul petto.

« In una locanda in città insieme ad altri compagni. Adesso dovrei prepararmi, tra poco devo essere di pattuglia sulle mura. » le rispose controvoglia.

« Conciato in quel modo? »

« Sì. »

« E non dormi? »

« Dormirò domattina. »

« Bah, contento tu... »

Esta ritornò nella sua stanza, occuparsi di suo fratello era l'ultima delle sue preoccupazioni, era un adulto capace di assumersi le sue responsabilità - esattamente come aveva fatto assumendosi la responsabilità di garantire per lei, che passasse pure la notte in bianco, non era un suo problema.


La donna si svegliò all'alba, si lavò e fece colazione nella sala comune al piano terra del castello, suo fratello era fresco come una rosa e parlottava con una guardia anziana riguardo a certi nuovi soldati da reclutare. Esta gli fece un cenno con la testa come saluto ed iniziò con il suo giro per il castello. Di solito pattugliava i giardini e i corridoi meno trafficati, ma quel giorno si ritrovò a passare di fronte alla porta che conduceva alle stanze del principe cadetto. Stava per tornare indietro quando la porta si spalancò e il principe Katòn uscì in tutta fretta quasi andandole addosso.

« Oh, scusami Esta, non ti avevo visto. Mi piacerebbe fermarmi a parlare un po' con te, ma vado di fretta. »

Il principe abbozzò un sorriso e scappò via, chissà qual era la sua destinazione.

Senza dargli troppo peso, Esta continuò il suo giro finché non arrivò nel cortile delle guardie del castello. Lì vide suo fratello esaminare alcuni ragazzi provenienti dalla caserma della città, erano forti, ma le loro mosse e i loro attacchi erano troppo scolastici, prevedibili.

« No ragazzi, così non va, un guerriero esperto vi batterebbe in pochi minuti. Qui al castello vogliamo di più. »

La donna osservò attentamente la scena, i ragazzi, tre in tutto, non sembravano soddisfatti della risposta, confabularono tra loro e, quando West diede loro le spalle per andarsene, lo attaccarono in gruppo. I soldati rimasero esterrefatti da quella vile azione vigliacca, con le spade già sguainate circondarono i tre ragazzi, ma fu del tutto inutile, West li aveva già battuti con pochi colpi.

« É esattamente questo a cui mi riferivo poc'anzi. »

Esta sorrise e raggiunse il fratello mentre le altre guardie si dileguarono in fretta.

« Non sei stato un po' troppo severo? » domandò la donna indicando i ragazzi.

« No, fa parte dei miei doveri umiliare i ragazzini come loro.

Ah, per caso hai visto Katòn? »
« Sì, l'ho visto, è uscito stamani, aveva fretta. Perché me lo chiedi? »

West si portò il pollice e l'indice della mano al mento assumendo un'aria pensierosa.

« É che una volta al mese sparisce di mattina per poi comparire in tarda serata. »

« Ed è così grave? »

« Uhm... secondo me ha una relazione segreta. »

martedì 23 marzo 2010

Ragnarok

No, non sono morta, ho solo avuto dei grossi contrattempi.

13


West al Denìo assisteva impotente al processo della sorella, i giorni di festa che avevano seguito il ritorno del re erano terminati ed era tempo che re Gothan tornasse a riprendere i suoi impegni. Fra questi c'era il giudizio in sospeso di Esta, la mercenaria arruolata nell'esercito dal principe ereditario e accusata del suo tentato omicidio; il sovrano sedeva composto e autoritario sul suo trono, alla sua destra v'era Katòn, il figlio minore, alla sinistra, il rappresentante del Consiglio di Stato.

Il principe Frey sarebbe stato il primo ad essere ascoltato in quanto vittima e testimone; West, che era a conoscenza del rapporto che esisteva fra il principe e sua sorella, si augurò che il fratello del suo migliore amico avesse abbastanza fegato da difendere l'onore della donna, gli doleva ammettere che, effettivamente, la soluzione migliore per togliersi da quell'impiccio - perché maturare un rapporto con una donna e essere fidanzato con un'altra non lo metteva in buona luce - per il principe sarebbe stata proprio quella di negare la versione di Esta.

"Se solo ci prova giuro che lo faccio a fettine, anche se è il principe ereditario!" pensò con una punta d'odio il giovane capitano delle guardie.

Il silenzio pervase la grande sala, il re stava per prendere parola.

« Come ben sapete l'attentato alla vita di mio figlio è avvenuto durante la campagna contro Jukigabijo, ma solo ora è stato possibile organizzare un degno processo, mercenaria Esta, vogliate perdonarmi se il vostro giudizio è stato sospeso per così tanto tempo. »

La donna chinò il capo in segno di rispetto, era raro che un re chiedesse perdono, men che mai ad un sospetto omicida, rimase in silenzio per ascoltare la testimonianza del principe ereditario.

« Padre mio, l'offesa che mi è stata arrecata è molto grave, non solo per me, ma anche per la vostra persona, chiunque osi recare danno a me è come se recasse danno a voi. Padre, l'offesa è stata vendicata nel momento in cui è stata ricevuta, credetemi quando vi dico che Esta, la mercenaria che si accusa, non solo non ha mai alzato un dito contro di me, ma mi ha salvato la vita!

Io non sono qui per accusarla, sono qui per difenderla dalle accuse che le sono state mosse ingiustamente. »

Un mormorio generale si spanse per la sala, Lady Utena, in prima fila, strinse il ventaglio che aveva con sé fino a farle male le dita. Come osava quella sgualdrina stare vicino al suo principe? Era avvenuto tutto nella tenda del principe, era noto, quindi cosa ci faceva lei lì? Improvvisamente si sentì osservata, percepiva gli occhi della gente come coltelli affilati pronti a mutilarla.

« Poverina, ancora non sono sposati e già lui ha l'amante. »

« Tradita ancor prima del matrimonio. »

« E io che credevo che il principe avesse una dignità. »

« Che coraggio a sposarlo adesso. »

Lady al Kino ignorò i sussurri e le risatine, era una dama di classe e non poteva abbassarsi a quel misero livello, ma nel silenzio pregò perché Esta venisse ritenuta colpevole e condannata alla pena capitale.


Katòn lesse attentamente i rapporti del generale in cui spiegava nei minimi dettagli i motivi per cui la mercenaria doveva essere condannata, la sua attenzione fu colpita da una strana contraddizione: prima affermava che la donna aveva ucciso un vecchio nobile, in seguito nei rapporti successivi parlava di attentato al principe ereditario. Non tornava, a livello logico era evidente l'errore madornale.

« Padre, vorrei sottoporre alcune domande al generale Finve, che si è occupato del mandato di cattura. »

Re Gothan osservò il figlio minore, negli occhi del ragazzo riusciva a leggere qualcosa, voleva scoprire fin dove si sarebbe spinto poiché aveva capito già capito che avrebbe fatto di tutto per difendere la donna.

« Procedi pure. »
Katòn ringraziò con un cenno della testa, si alzò, si inchinò di fronte al padre ed invitò il generale Finve a prendere posto nel palco posto poco lontano dal trono reale.
« Generale Finve, voi siete stato incaricato da mio padre di seguire la questione, giusto?

Nel vostro primo rapporto parlate dell'omicidio di un nobile decaduto, in quelli successivi però, si nota che il capo d'accusa cambia drasticamente. Parlate di "attentato alla vita del principe ereditario Frey noc Savhr al Irrfad." Come spiegate questo improvviso cambiamento? »

Esta sussultò, anche se sapeva non gli aveva mai dato peso, solo in quel momento comprese che, grazie all'aiuto del principe cadetto, aveva qualche possibilità in più di aver salva la pelle.

Finve, un uomo di circa cinquant'anni, calvo e con un fisico non proprio al massimo della forza, si alzò dal suo seggio e si avvicinò lentamente al trono reale; era possibile percepire l'autorità che emanava dal fondo dell'enorme sala.
« Vostra Grazia, ciò che dite corrisponde al vero. Quando fui informato dell'accaduto, le notizie che avevamo erano poche e confuse, quello che era certo era che la mercenaria aveva ucciso il vecchio nobile. Nei giorni seguenti alcuni soldati vennero da me esponendo le loro testimonianze, combaciando i loro racconti l'intenzione della donna di uccidere il principe è diventato chiaro come il giorno. »

« Menzogna! Ha ucciso solo per la mia difesa. »

West strinse l'elsa della sua spada fino a fargli diventare le nocche bianche, che bisogno c'era di inscenare tutta questa farsa? La parola del principe Frey valeva molto più di quella del generale Finve, Sua Maestà avrebbe dovuto rilasciare Esta subito dopo aver ascoltato il figlio maggiore.

« Ordine. » comandò Re Gothan con un cenno della mano. « Ho udito abbastanza. Esta, alzatevi. »

La donna eseguì l'ordine ricevuto, fissava il pavimento e le decorazioni ottenute accostando piastrelle di marmo dai vari disegni geometrici, non osava alzare lo sguardo, non osava proferire parola. Nel suo mutismo pregò tutte le divinità che conosceva affinché le concedessero la grazia, la Dea dell'amore, il Dio della Giustizia, la Dea della Guerra, il Sommo Re degli Dei... innalzò una preghiera per tutti loro.

Con la coda dell'occhio vide suo fratello sudare freddo. Se il re l'avesse giudicata innocente, promise che gli avrebbe chiesto perdono per il modo orribile con cui l'aveva trattato.

« Esta Senzanome, siete stata accusata di aver tentato di uccidere mio figlio, il mio erede. So cosa è accaduto nel Deserto degli Scheletri, Frey venne a farmi rapporto immediatamente. Non ho mai creduto alle accuse che ti sono state mosse, ho imparato a conoscerti durante la marcia nel deserto e so che non avresti mai fatto una cosa del genere. »

Nella sala calò il silenzio generale, Lady Utena mostrava i denti come un cane rabbioso, West tratteneva il respiro, Katòn guardava speranzoso suo padre, Frey sospirò felice.

« Esta Senzanome, in base alla testimonianza di mio figlio, che amo con tutto il cuore, io ti assolvo dall'accusa del suo tentato omicidio. Generale Finve, avete svolto il vostro dovere con eccellente zelo, sono fiero di avere nel mio esercito uomini come voi.

Esta, io ti prosciolgo, ma non desidero la tua presenza nell'esercito. Trova qualcuno che ti faccia da garante ed entrerai nella Guardia del castello. »

La mercenaria si voltò immediatamente verso il fratello, lui era la sua unica possibilità.

West vide la sorella voltarsi nella sua direzione, aveva bisogno del suo aiuto, gliel'avrebbe negato? No. Con passo deciso e testa alta si avvicinò a Sua Maestà, poggiò un ginocchio a terra e con il tono di voce più convincente che aveva parlò.

« Maestà, in realtà Esta Senzanome è mia sorella, le nostri madri sono diverse, ma ci accomuna nostro padre. Maestà, voi chiedete un garante, ebbene io sono questo garante. Mi assumerò la responsabilità di ogni azione di mia sorella. »

« Voi siete West al Denìo, il capitano delle guardie, non è così? »

West annuì con un cenno della testa.

« Molto bene, sia così dunque. Non ti dispiacerà, immagino, che tua sorella prenda il tuo cognome. »

A West non dispiaceva affatto, non l'avrebbe mai ammesso, ma voleva bene a sua sorella, l'unica famiglia che gli fosse rimasta.