domenica 30 gennaio 2011

Ragnarok

Ritorno, dopo troppo troppo troppo periodo di assenza. Non ho giustificazioni, spero solo vogliate perdonarmi e di non farvi attendere troppo per il prossimo capitoletto.

29

I suoi occhi la stavano ingannando? Era veramente Julian il ragazzo proprio dietro il Sicario? E l'altro giovane dai capelli biondi non era per caso il soldato che gli era rimasto impresso nella mente quando ancora lavorava alla locanda?
Il respiro le mancò per qualche attimo, non credeva certo che lui... no, doveva esserci uno sbaglio, assolutamente! Come aveva fatto altrimenti a non accorgersene? L'amore non poteva averla rammollita fino a quel punto.
Tornò in sé con profondi respiri, vide che il sicario stava sorridendo beffatamente, di sicuro stava tramando qualcosa di losco, non c'era da fidarsi dell'araldo della Dea della Discordia.
Nessuno osò parlare per primo, la tensione era carica fino a livelli inimmaginabili; Katòn osò fare un passo verso l'araldo di Corinne, doveva assolutamente domandargli spiegazioni.
« Ma cosa sta succedendo? »
« Maestà, lasciate che vi presenti la piccola Shirea, rappresentante in terra della Dea della Bellezza Ilùva. »
L'atmosfera si fece ancora più pesante. Shirea sgranò gli occhi per lo stupore, perché il Sicario aveva chiamato Julian "Maestà"? Lui non faceva parte della famiglia reale, era semplicemente il figlio di un notabile di corte...
« Oh, pare che la giovane non sappia niente, credevo sapesse che voi siete il principe minore, Katòn noc Ferac al Irrfad. » continuò il Sicario.
Il principe si mosse con lo sguardo in direzione di Shirea, la sua espressione era più che eloquente, non voleva mentirle, o almeno era sua intenzione rivelarle tutto appena fosse stato possibile; i suoi occhi chiedevano perdono.
L'unico che se ne stava leggermente in disparte era West, che non capiva esattamente la piega degli avvenimenti. Ricordava di aver già visto la ragazza, ma non aveva idea di chi fosse e come mai il Sicario si fosse così accanito contro di lei. Poi gli venne in mente tutte le volte in cui Katòn gli aveva nominato di una certa ragazza, la medesima della festa in maschera, che doveva assolutamente scoprire chi essa fosse. Mettere insieme le idee e capire finalmente cosa stava accedendo fu tutt'uno.
« Shirea non dargli ascolto, lui... »
« Voi siete... »
Un lampo balenò nella testa del capitano delle guardie, quello che gli aveva detto Katòn, sulla ciclicità della storia, su Corinne e su cosa era successo all'epoca delle leggende.
West si rivolse al sicario con tutto lo sdegno che aveva in corpo.
« Tu hai cercato di metterci contro, volevi fare in modo che ci combattessimo in modo tale poi, quando uno dei due avrebbe vinto, tu ti saresti occupatp del vincitore sconfiggendolo approfittando della sua debolezza. Sei proprio il degno rappresentante della Dea della Discordia. »
« Fandonie. »
Shirea osservava tutti attentamente, ormai non si poteva fisare più di nessuno. Eppure Ilùva l'aveva avvertita, perché aveva voluto fare di testa sua? Perché dare retta alle sue emozioni, al suo cuore?
Cosa poteva fare in quel momento? Non sapeva combattere, un duello sarebbe equivalso ad una condanna a morte: c'era un'unica cosa fare: scappare.
La ragazza approfittò del momento propizio, il sicario era volto verso West cercando di negare ciò che il capitano delle guardie aveva detto sul suo conto e Katòn, o Julian o come voleva farsi chiamare, non le badava. Corse il più velocemente possibile per le stradine strette e i viottoli della Capitale.
Per una decina di minuti fu sicura di non essere seguita, corse a prendere le sue cose, già stipate in una borsa non troppo grossa e poi si diresse verso la porta cittadina a sud-ovest con l'intento di recarsi a Roth'fenen, nel cuore della Valle degli Orsi, dove aveva delle amicizie e dei favori da riscuotere, sarebbe dovuta nascondersi lì per un po', almeno finché le acque non si fossero calmate.
« Anche se fuggi la situazione non si sistemerà, probabilmente il sicario verrà a cercarti e purtroppo non dubito della sua riuscita. »
Katòn la sorprese poco fuori la città, Shirea, che gli stava dando le spalle, era allibita, era sicura di non essere stata seguita, si era guardata indietro più e più volte, ma del principe, del sicario o del soldato biondo non aveva vistro traccia.
« Ma come... »
« Pura fortuna » confessò il principe.
« E ora cosa intendete fare, Maestà? Volete forse uccidermi? Deridermi per come siete riuscito ad imbrogliarmi? Su, ditemi. »
« Io non desideravo imbrogliarvi, la mia intenzione era scoprire a quale dea rendevate di conto, solamente ciò... Il problema è che nel frattempo io... »
« Silenzio, non dite altro. » lo fermò Shirea, ne aveva abbastanza delle sue bugie. Sapeva cosa le avrebbe detto, le avrebbe confessato il suo amore e giurato che non aveva mai voluto farle del male, che si era lasciato ingannare anche lui dal sicario e che entrambi erano delle vittime. Forse buona parte era la verità, ma la fanciulla non voleva rischiare, era viva per miracolo.
« Ilùva è la mia dea, siete soddisfatto adesso? »
« Io servo Roriath. »
« Perché mi dite una cosa del genere? »
« Mi sembra il minimo dopo quello che è successo. »
La loro conversazione fu interrotaa da West, che arrivò informando il principe della scomparsa del sicario.
Quando la ragazza era fuggita, il capitano delle guardie era alle costole dell'uomo misterioso, voleva battersi con lui e sconfiggerlo, sfortunatamente l'aveva perso di vista durante l'inseguimento.
« Quindi è libero. Shirea, cosa hai intenzione di fare? »
« Non credo che siano affari che vi riguardano. » rispose lei freddamente.
« Shirea, per favore, collabora. Quell'assassino potrebbe essere qui intorno per quel che sappiamo, con ogni probabilità ti cercherà poiché sei l'obiettivo più debole. Non ti voglio avere sulla coscienza, quindi dimmi dove vuoi andare, ti farò avere una scorta adeguata. »
Shirea evitò il suo sguardo, il suo animo era diviso in due parti. La prima le diceva di non fidarsi, il principe l'aveva ingannata una volta, non gli sarebbe costato molto ingannarla una seconda volta; avrebbe potuto anche ucciderla, così da spianare la strada alla sua divinità. La seconda invece insisteva nel dirle che non era così, che di Katòn ci si poteva fidare e che avrebbe mantenuto la sua parola.
« Roth'fenen » cedette poi Shirea.
« Roth'fenen è distante da qui, ci vorrà almeno una settimana, dieci giorni di viaggio. » constatò West.
« Bene, dunque sarà così, ti scorterò personalmente fino alla tua destinazione e mi assicurerò che non ci siano pericoli, poi, se lo vorrete, le nostre strade non s'incroceranno più. »
Il capitano delle guardie annuì vigorosamente, facendo capire che anche lui li avrebbe accompagnati e protetti.
Shirea scosse la testa, me nel tempo stesso sorrideva.

martedì 26 ottobre 2010

Ragnarok

28

Fendenti, scoccate, parate, per tre lunghi giorni Katòn si dedicò ad affinare le sue misere capacità con le armi bianche insieme a West, suo spietato mentore. Non riusciva a capire come mai, dopo ogni scontro, i muscoli delle gambe e delle braccia gli dolevano così tanto da farlo lacrimare mentre West pareva fresco come una rosa; questo faceva montare al principe cadetto una rabbia tale da renderlo, scontro dopo scontro, più determinato a batterlo, fosse stato anche solo per una volta sola.
Il primo giorno aveva dimostrato a tutto il castello di non essere affatto portato per combattere con la spada, perfino suo padre era andato ad assistere a quell'evento straordinario, il principe Katòn che tirava di spada non era certamento uno spettacolo ordinario.
Il secondo giorno di allenamenti vide il principe minore combattere con suo padre, nobili e alti dignitari di corte accorsero immediatamente, West stava da parte incitando l'amico a battersi con forza e coraggio. Sua Maestà si era rivelato uno spadaccino ancora in forma, dopo aver battuto il figlio ricevette il plauso di tutti gli spettatori; Katòn si defilò nelle sue stanze, meditando sulle infime possibilità che aveva di sconfiggere un Sicario in duello.
Il terzo giorno Katòn riuscì, dopo ingenti sforzi, a colpire West ad un braccio, tuttavia fu subito sconfitto dall'attacco successivo dell'amico: il principe aveva attaccato, ma West aveva parato e lo aveva colpito allo stomaco con un pugno deciso. Katòn cadde a terra ansimando e tossendo violentemente.
« Non si combatte come cani rabbiosi, Katòn.
Se vuoi attingere alla rabbia che hai in corpo per combattere va bene, ma fallo con la testa. »
« Mi hai tirato un pugno... » protestò Katòn ansimando per il colpo ricevuto.
« Sì, non crederai mica che i Sicari siano degli uomini d'onore, vero? »
Il giovane rifletté per qualche minuto sulle parole dell'amico, non gli si poteva certo dar torto.
Aborrava l'idea di dover condurre un duello, men che mai in maniera tanto subdola eppure sapeva che era l'unica possibilità che aveva.
Non gli importava degli altri araldi, in quel momento la sua priorità era sconfiggere il Sicario prima che potesse commettere altri omicidi.
Katòn rinfoderò la spada. Era quasi ora di andare.

Il luogo scelto per l'appunto era il medesimo dove l'araldo di Corinne s'era fatto vedere tre giorni prima. Il sole era alto nel cielo e la temperatura dell'aria era piacevolmente calda per essere agli inizi della primavera; la foresta si stava animando dei piccoli animaletti in carca di cibo, degli uccellini e del loro canto, della vita che si risvegliava dopo il lungo inverno.
Katòn e West arrivarono puntuali, era possibile sentire i tre rintocchi pomeridiani della Torre Campanaria, esattamente come il Sicario aveva chiesto...
Quando il principe e il capitano delle guardie erano tornati al castello una cameriera porse a Katòn una busta sigillata con della ceralacca nera, il principe era andati nei suoi appartamenti e, insieme a West, l'aveva aperta leggendo così che il Sicario incontrato prima gli aveva fornito le indicazioni per l'incontro successivo.
« Il nostro uomo non si fa vedere. » commentò West smontato da cavallo.
« Dev'esserci sicuramente una motivazione per questo suo ritardo. » rispose Katòn guardando apprensivamente l'amico.
Da una fonte sicura – una vecchia cameriera che si era occupata di entrambi con amore – aveva scoperto che ultimamente il giovane capitano delle guardie era solito cenare insieme a Dama Felia, vedova del conte Gunfrast, ucciso durante la Battaglia del Deserto. Non che la cosa gli desse fastidio, anzi, era molto contento che finalmente West avesse iniziato a mettere la testa a posto; quello che lo preoccupava era il coinvolgimento dell'amico nel Ragnarok.
Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Poi gli balenò alla memoria una cosa che gli aveva detto il capitano dopo il suo incontro con il Veggente. Se davvero il povero vecchio poteva vedere nel futuro, allora...
Cercò di tornare ai suoi pensieri principali, non era il momento di esultare per certe cose, la sua priorità era il Sicario, guadagnarsi in qualsiasi modo la sua fiducia e poi colpirlo alle spalle.
« Perdonate il mio ritardo, il mio lavoro mi espone spesso a dei contrattempi. »
L'araldo di Corinne si presentò finalmente al principe e al capitano delle guardie.
In poche parole spiegò loro che in città c'era un altro araldo e che il loro compito era quello di farlo uscire di scena il prima possibile per evitare scontri inutili alle loro dee.
« Aspetta, anche se noi diventassimo alleati, alla fine rimarrebbero Roriath e Corinne, lo scontro finale.
Chi mi assicura che non cercherai di farmi fare la medesima fine degli altri araldi? »
« Principe, suvvia, così m'offendete. Una volta che rimarranno solo loro due il nostro compito sarà finito, spetterà alle nostre Signore combattere, noi non dovremo più fare niente. »
Katòn lo fisso perplesso, non si fidava.
« Indicaci la strada. » sospirò il principe cadetto affiancandosi all'amico.
Il Sicario fece un sorrisetto e si portò avanti; non parlarono per tutta la durata del breve viaggio, West era concentrato ad osservare ogni minimo movimento del sicario, Katòn perso nei suoi pensieri. In città presero vie secondarie e stretti viottoli.
« Poco più avanti ci aspetta il nostro obiettivo, per depistarlo gli ho suggerito che avremmo potuto essere alleati. Ovviamente non sarà così, non guardatemi di sbieco. »
« Sempre che di te ci si possa fidare. » insinuò West.

La piazzetta dove il sicario aveva deciso di darle appuntamento era deserta, non si vedeva nessuno che camminasse o che passasse di là per puro caso.
Shirea si tormentava le mani, si era ripassata il discorso più e più volte durante quei tre giorni, solo poche frasi: "Ilùva non accetta, vuole combattere con Corinne, ora, immediatamente.", non era così difficile da pronunciare.
Si guardò intorno, di quell'uomo nemmeno una traccia. Era agitata, spaventata, ma si impose la calma, se qualcosa fosse andato storto Ilùva non sarebbe stata contenta, gliel'aveva promesso, l'avrebbe cercata anche all'altro mondo pur di vendicarsi.
Sentì dei passi dietro di lei.
Si volto lentamente, prendendo il coraggio a due mani per affrontare il Sicario.
Non era preparata alla visione che le si poneva agli occhi.

sabato 2 ottobre 2010

Ragnarok

27

« Vieni West, ti faccio conoscere la Dea della Guerra, mi sembra un atto dovuto dal momento che ti ho coinvolto in questa assurda guerra divina. »
« Sì... certo, e magari prendete anche il té insieme. »
« Non ti conviene fare lo spiritoso, non davanti a lei. »
Le vie della città erano affollate e strette, i banchi del mercato occupavano gran parte delle strade. La fiera era rinomata in tutto il regno, si diceva fosse possibile trovare tutto ciò di cui si aveva bisogno e non: cibi esotici, stoffe preziose, monili. C'erano addirittura commercianti che vendevano mobili; nelle piazze si potevano trovare dei venditori di frutta candita, ortaggi e frutta, frutta secca.
Le locande e le taverne erano piene e lavoravano di gran lena mentre nei postriboli le donne decantavano le gioie e i piaceri del sesso per attirare clienti.
Il mercato della Capitale era famoso anche per la sua lunga durata, si svolgeva una volta ogni tre mesi, una per ogni stagione dell'anno, ma per sette giorni e sette notti non chiudeva mai.
Le notti erano dedicate alle feste e agli artisti, i menestrelli suonavano le loro melodie, i pagliacci intrattenevano i bambini mentre i genitori potevano assistere a qualche opera teatrale all'aperto, giocolieri e funambolieri si facevano notare dal pubblico con i loro giochi.
In mezzo alla masnada di persone intente a guardare e comprare il principe cadetto e la sua nuova fedele guardia personale cercavano di farsi strada per arrivare al quartiere religioso.
« Dovevamo venire proprio oggi? Non era meglio aspettare? » protestò West tentando di non perdere di vista il suo compagno.
« Anche se fossimo venuti domani o fra tre giorni non sarebbe cambiato niente, meglio levarsi il dente subito. » rispose Katòn scostando gentilmente le persone.
Finalmente giunsero a destinazione, il tempio di Roriath era proprio di fronte a loro.
Katòn entro per primo, si accertò con un rapido sguardo che non fosse presente nessuno e si annunciò.
West lo guardò scettico, incrociò le braccia e inarcò un ciglio, ancora nessuna fantomatica dea si era presentata; Katòn si annunciò nuovamente e invocò Roriath affinché facesse la sua comparsa, il capitano delle guardie iniziò a sbuffare.
« Katòn andiamo via, è inutile perdere tempo qui. »
« Perdere tempo? Perdere tempo!? Hai veramente detto ciò!? Se non fossi un aiuto per Katòn ti avrei già infilzato con la mia lancia. »
La Dea della Guerra si materializzò dietro West, fissandolo furente; la povera guardia ebbe un tuffo al cuore, dietro di lui non c'era nessuno, ne era perfettamente sicuro, come aveva fatto quella donna ad avvicinarglisi senza farsi sentire? Non era una cosa possibile. La osservò attentamente, era la medesima figura della grande statua dietro l'altare, che si trattasse veramente di una divinità? Che Katòn avesse avuto ragione fin dall'inizio?
« Tu... tu sei... una dea? » domandò titubante, facendosi piccolo di fronte alla maestosità della divina persona.
« No, sono tua madre. » replicò sarcastica Roriath, « Certo che sono una Dea! Per chi mi hai preso, per una donna qualsiasi? »
« Roriath ti presento West al Denìo, capitano delle guardie del castello reale, mia guardia personale e mio più caro amico.
West ti presento Roriath, Dea della Guerra » intervenì Katòn facendo le presentazioni.
« E favorita uscente del Re. » puntualizzò Roriath avvicinandosi all'altare del tempio.
« Davvero? Non me lo avevi mai riferito. »
« Ah no? Be' adesso lo sai. »
la dea si mise a sedere sopra il blocco di marmo, accavallando le gambe e appoggiandosi sui gomiti.
« Corinne ha avanzato un'offerta, una proposta di alleanza. » disse il principe minore e raccontò nei minimi dettagli l'incontro con il Sicario e il loro scambio di parole.
West, che ascoltava distrattamente, era ancora basito per quello che era appena successo, una divinità gli era apparsa ai suoi occhi! A lui, che non credeva a niente di ciò che i suoi occhi non potevano vedere, a lui, che non aveva fede negli déi.
Era accaduto tutto troppo in fretta, doveva trattarsi necessariamente di un sogno, di un'allucinazione, Katòn non stava parlando davvero con una dea.
Nonostante si fosse dato pizzicotti su pizzicotti quella realtà non mutava, una delle sue tante filosofie di vita recitava: "Se non vedo, non credo". West però aveva visto, non aveva, dunque, più motivo per non credere alle parole dell'amico.
Si diede dello stupido e dell'infame, per tutto quel tempo - un anno? - aveva dato del pazzo a Katòn per colpa delle sue storia, ultimamente aveva persino creduto che fosse tutta una messinscena per incontrarsi con l'amante e invece...
E pensare che sua sorella Esta aveva creduto al principe fin da subito. Si ripromise di sdebitarsi con l'amico non appena ne avesse avuto l'occasione.
« Ritengo che sia una trappola, ma accettando avremo l'occasione di ucciderlo. Sono metodi che mi ripugnano, ma, come ho già detto a West, è l'unica soluzione che ho trovato. »
Roriath annuì soddisfatta, forse non aveva commesso un così grande errore nello sceglierlo come proprio araldo.

La temperatura stava iniziando ad aumentare, segno che la Primavera era ormai alle porte. Non nevicava più da un paio di settimane e il manto bianco era sparito quasi totalmente, solo alla mattina presto e alla sera il freddo tornava a regnare incontrastato.
West era stranamente silenzioso, osservò Katòn, non era affatto da lui starsene buono buono in silenzio, cercò di attaccare bottone, ma la guardia sembrava non ascoltarlo; alla fine Katòn decise di tirare avanti fino al castello senza più parlare.
Arrivati al cortile smontarono da cavallo e affidarono le due bestie allo stalliere, il principe stava già dirigendosi verso il grande portone quando West lo bloccò.
« West, cosa c'è? »
« Sfodera la tua spada e combattiamo. » disse serio il giovane capitano.
« Stai scherzando spero, lo sai che non sono bravo a combattere. »
« Appunto, devi saperti difendere. »
« West, ma... »
« Katòn Noc Ferac al Irrfad, sfoder la tua spada e combatti contro di me. » il tono della voce di West non ammetteva repliche.
Ammutolito Katòn fece come gli era stato ordinato, sguainò la sua arma e la puntò verso West, in posizione d'attacco.
« Proprio ora? Qui? »
« Sì, Qui alleno le nuove matricole e qui allenerò te. »
Il principe cadetto si preparò all'attacco dell'amico. Non fece in tempo a parare un paio di stoccate che fu subito disarmato, West lo guardò esterrefatto, non credeva che il principe fosse talmente scarso.
« Dovremo lavorare molto... » sospirò West quasi rassegnato.