lunedì 8 febbraio 2010

Ragnarok

10

Lo schiaffo pulsava ancora sulla guancia di West, gli occhi del soldato erano puntati verso la terra smossa dai cavalli poco prima, un segno rosso stava iniziando ad apparire proprio nel punto in cui la mano di Esta aveva centrato la pelle del fratello. Il capitano delle guardie si allontanò e restituì la lettera ad un Katòn incapace di proferire verbo, quella situazione s'era venuta a creare anche per colpa sua.

« Aspetta West! Perché non ne approfitti per recuperare il tempo e il rapporto perduto con tua sorella, eh? »

« Come desiderate Vostra Altezza. »

Il principe rimase spiazzato da quella risposta così fredda, così distante.

West montò a cavallo e si diresse verso il castello, non si voltò indietro né attese che il principe e la mercenaria salissero sulle loro cavalcature per seguirlo, sua sorella lo umiliava e colui che credeva il suo migliore amico l'aveva appena tradito; possibile che Katòn non capisse che la sola presenza della sorella bastava ad oltraggiare la sua reputazione? Dal momento in cui aveva deciso di fare carriera nell'esercito, West aveva ben pensato di non far assolutamente trapelare la notizia che suo padre e sua sorella erano mercenari, notizia che gli sarebbe costata cara se si fosse sparsa la voce. Era andato tutto per il meglio fino a quel momento, ma sua sorella lì, insieme a lui... doveva fare molta attenzione.

Il capitano delle guardie era molto amareggiato. Da una parte c'era la gioia di sapere che sua sorella stava bene, dall'altra c'era il suo dovere di soldato, che gli imponeva di arrestare la donna e come se non bastasse c'era pure la questione dell'onore; non aveva la più pallida idea di cosa fare.


Katòn cavalcava lungo il sentiero che l'avrebbe riportato al castello, dietro a West e accompagnato da Esta; durante il tragitto si era fatto un'idea dei sentimenti che potevano albergare nel cuore dell'amico ed aveva cercato di trovare una soluzione che potesse soddisfarlo. Poco lontano dal bivio che portava all'entrata segreta, il principe chiamò West e gli ordinò di porre agli arresti la mercenaria.

« Come sarebbe a dire!? Credevo di potermi fidare! » esclamò Esta, indignata per le parole del reggente.

« E ti puoi ancora fidare. Il problema è che non possiamo far finta di niente, a breve il mandato di cattura arriverà qui al castello e non so per quanto potrei aiutarti a nascondere. Se invece venissi arrestata subito e rimandassi il tuo giudizio fino al ritorno di mio padre e di mio fratello, allora saresti al sicuro. Posso fare in modo che la tua permanenza nelle prigioni non sia tremenda, farò in modo che tu possa avere un trattamento di riguardo, va bene? »

Esta distolse lo sguardo, credeva che una volta che avesse trovato il principe sarebbe stata al sicuro, che non avrebbe più dovuto scappare come braccata da cani, non si aspettava certo di finire in carcere. Se da un lato c'era la delusione, la sua parte razionale dava ragione alle parole del principe, una volta arrestata non avrebbe dovuto far altro che attendere il perdono del re - perché sapeva che sarebbe giunto, lei aveva salvato la vita del principe ereditario! - e tornare libera. La logica vinse sui sentimenti e, chinando il capo, accettò la sua sorte.

« Ma che non si venga a sapere che tu sei mia sorella. » intervenì West dopo aver tirato un sospiro di sollievo.

« Ti fa tanto schifo la nostra parentela? »

« Fondamentalmente non mi interessa, il problema è che io sono il capitano delle guardie del castello, tu una mercenaria. Sai cosa potrebbe significare per me, il mio onore e la mia carriera? »

Katòn sorrise nel vedere i due bisticciare tra loro, biologicamente uniti, ideologicamente avversari, non c'era astio o rancore nei loro occhi, solo un felicità mascherata.

« West sbrighiamoci, più stiamo via e più c'è il rischio che scoprano la nostra assenza. »

Il giovane annuì e in breve tempo giunsero al castello, la vecchia entrata da cui erano passati prima era ancora incostudita, esattamente come l'avevano lasciata.

« Domani la farò murare, è intollerabile una mancanza come questa. » sussurrò il principe non appena furono entrati dentro.

« Stai scherzando vero? Se dovesse succedere qualcosa, questa porta è l'unica via di fuga. » replicò West sgranando gli occhi.

« Ti darei ragione se per mettersi in salvo non bisognasse passare accanto al castello; chi ha progettato questo castello non doveva avere le idee molto chiare. »

« Forse all'epoca non c'era ancora la foresta che ci circonda. » ipotizzò Esta guardandosi intorno.

« No, la foresta è molto più vecchia. »

« Be', in ogni caso non mi sembra il momento adatto per discuterne, adesso dobbiamo fare assoluto silenzio. Katòn, io porto mia sorella in una delle celle meglio messe, tu vai nelle tue stanze. »

Non ci fu bisogno di ripeterlo due volte.

Katòn si buttò letteralmente sul suo letto, la stanchezza iniziava ad entrargli nelle ossa, aveva sonno, ma nonostante avesse chiuso gli occhi e non pensasse a niente non riusciva ad addormentarsi, le giunture gli dolevano, non trovava una posizione in cui stare comodo e, come se non bastasse, mille pensieri gli affollavano la mente. Inutile resistere dunque. Si ritrovò a riflettere sulla serata appena trascorsa e alle informazioni in suo possesso; sapeva per certo che la ragazza che aveva conosciuto, Shirea era un'araldo, aveva visto chiaramente il ciondolo che contraddistingueva la categoria. Il problema era che non sapeva assolutamente come comportarsi con lei in futuro. Aveva meno di un anno per agire come uomo libero, ma come avrebbe agito? Da sconsiderato o avrebbe pensato alle conseguenze future?

C'era qualcosa nella ragazza che lo attraeva, qualcosa di indefinito che sembrava legarlo indissolubilmente a lei. Chissà chi era la Dea che serviva... si ripromise di domandarlo a Roriath, forse la Dea della Guerra poteva scoprire a quale rivale apparteneva.

E poi c'era Esta, la sorella mercenaria di West. Non poteva assolutamente non trovare una soluzione per quella questione. Il principe conosceva fin troppo bene suo fratello per non capire i sentimenti che le poche righe della lettera trapelavano, eppure ancora non riusciva a credere che Frey si fosse innamorato di una mercenaria, non solo era già fidanzato, ma era anche l'erede di Irrfad! Katòn pregò gli dei perché alla fine prendesse la decisione giusta.

Questo era uno dei tanto motivi per cui era contento di essere figlio cadetto, non avrebbe sopportato il dover pensare prima al regno e poi a se stesso, ed era per questo che ogni giorno sperava e pregava per il ritorno dei suoi parenti. Forse era stata l'educazione impartatagli, forse la consapevolezza che non sarebbe mai divenuto Re, era cresciuto pensando esclusivamente a sé, non aveva minimamente tenuto di conto che un sovrano deve pensare prima di tutto al benessere del proprio regno, crescendo aveva capito questo concetto, ma mai prima d'allora lo aveva messo in pratica.

Alla fine la morsa del sonno lo intrappolò, ma non dormì sogni tranquilli: strane visioni di donne che si azzuffavano tra loro invasero la sua testa.

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