sabato 13 febbraio 2010

Ragnarok

11

Il Tempio era illuminato da fiaccole appese lungo i muri ed in cima alle colonne della navata, che conferivano all'ambiente un'atmosfera tetra e lugubre, in perfetta sintonia con quello che l'edificio rappresentava. La Casa della Dea della Guerra doveva infondere negli uomini un senso di impotenza e reverenziale timore, la luce soffusa e le lunghe ombre proiettate sui muri adempivano perfettamente a quel compito.

Roriath, la temibile Dea dagli occhi di sangue, era seduta pigramente sul suo seggio, quasi non ascoltava quello che il suo araldo le stava dicendo, ma si concentrava sui piccoli particolari che la circondavano. Come per esempio la porta in legno massiccio fregiata dal miglior artista dell'epoca in cui venne costruito il Tempio, i cui bassorilievi narravano la storia del prode condottiero Damos noc Yutas, di come avesse sconfitto da solo un'intero esercito di barbari invasori, avesse unito sotto un'unica bandiera quei territori e si fosse incoronato re.

« E quindi mi chiedevo se voi potevate saperne di più... »

La prima colonna a destra era lievemente scheggiata, Roriath storse il naso, il suo Tempio doveva essere perfetto, non esisteva posto per una minima scheggiatura come quella, ne andava del uso stesso onore! Si ripromise di punire l'inutile accolito del sacerdote che aveva il compito di pulire, da cima in fondo, il Tempio.

« Insomma, avrà poco più di 16 inverni, è troppo piccola e immatura per ricoprire un ruolo del genere! »

Lo sguardo della Dea abbracciò l'interno nel suo complesso e ne ammirò l'insieme: panche spartane, nessuna traccia di comodità alcuna, chi veniva a pregarla non aveva bisogno di stupidi cuscini o altre diavolerie che nei templi delle altre divinità si trovavano come funghi.

Le quotidiane offerte erano state posate sul suo altare come ogni mattina, il sacerdote non aveva badato a spese, sui grandi vassoi si potevano trovare frutta a volontà, verdure fresche e saporite, carne essiccata della migliore qualità, pane e biscotti in grande quantità. Evidentemente cercava di ingraziarsi il suo favore per vincere la guerra contro Jukigabijo.

Roriath si alzò ignorando Katòn, che già da qualche minuto era in attesa di una risposta, e si mosse per prendere qualcosa dalle sue offerte. Lanciò una mela rossa matura al suo araldo mentre ne addentava un'altra.

« La mela è la risposta? »

« A cosa? »

« Alla domanda che ti ho posto. »

« Mi hai posto una domanda? »

Il principe sospirò sconsolato, se prima aveva dei dubbi, adesso erani chiariti, la Dea non aveva ascoltato niente di quello che aveva detto fino a quel momento, nulla, nemmeno quando le aveva detto di Shirea e delle sue ipotesi, zero assoluto. Roriath ricambiò il suo sguardo rassegnato con un'espressione curiosa, chissà cosa si era mai persa.

« A volte sai renderti noioso. » disse con nonchalance finendo di mangiare la sua mela.

« Se sono noioso, allora perché mi hai fatto diventare il tuo araldo? » chiese esasperato Katòn alzando le braccia al cielo.

« Punto primo: hai accettato tu, io ti ho fatto semplicemente la proposta.

Punto secondo: i vari motivi per cui ho scelto te non sono di tua competenza.

Punto terzo: C'è ancora tempo per discutere di Shirea e del suo futuro, quello che voglio sapere è come hai intenzione di comportarti con Esta. »

"Ma allora ha ascoltato!" pensò Katòn nel riflettere alle parole appena pronunciate dalla sua Dea, ma allora perché far finta di non sapere niente, non aveva assolutamente senso!

« Se stai pensando che io in realtà ti abbia ascoltato, scordatelo. Ho semplicemente visto gli eventi dalla mia dimora nel Mondo Divino. »

« Ah... Ma quindi tu sai cosa è successo realmente a mio fratello e a Esta? »

« Certo, ma non azzardarti a chiedermi di raccontarti cosa è successo, non mi impiccio negli affari umani, risolvetevi da soli i vostri problemi.

Moltissimo tempo fa una divinità fu presa dalla pietà e dalla compassione nel vedere il caos in cui regnava il Mondo Umano, così decise di rivelarsi e di parlare con la voce di una donna per risolvere i vostri problemi. Accorrevano da ogni luogo per risolvere i loro problemi. All'inizio si trattava veramente di gravi problemi, si presentavano re e sovrani, antiche famiglie nobili; poi venne il ceto borghese e infine i contadini e gli ignoranti, le questioni che gli ponevano erano così banali che il Dio si rifiutò di parlare ancora chiaramente.

Deciso a porre fine all'ingenuità degli uomini, il Dio iniziò a parlare per bocca della donna con profezie e indovinelli. Gli uomini, stolti nella loro piccola mente, non capirono il gesto del Dio ed iniziarono ad appellarla "strega", "pazza".

La povera donna si suicidò per la disperazione e il Dio, indignato, si rifugiò nella sua dimora nel Mondo Divino e non ne è più uscito fino ad oggi.

Dimmi Katòn, che cosa ti insegna questa storia? »

Il principe ripensò alle sue letture dell'adolescenza e ricollegò il tutto all'antico caso della Sibilla, la donna che prevedeva il futuro e risolveva i grandi dilemmi dell'umanità, nel libro che aveva letto non c'era scritta la fine della storia, la notizia della Sibilla s'era dispersa nel nulla, come dal nulla era sorta.

« Mi insegna che devo sempre vedere oltre il limite della mente umana per poter comprendere a pieno i segreti e i misteri della vita, non devo mai soffermarmi di fronte alle difficoltà, ma devo affrontarle e trovare le risposte che cerco. »

« Siamo filosofici eh? Io pensavo semplicemente che non ho nessuna intenzione di finire come quei due, non voglio ritrovarmi a dover predire il futuro o a dover risolvere i problemi dei contadini, e soprattutto non ho nessuna intenzione di immischiarmi, ma questo te l'avevo già detto no? »

La Dea sapeva. Conosceva esattamente tutti i risvolti di quella spina nel fianco che si era ritrovato nell'accogliere la sorella di West.

La soluzione più facile da eseguire sarebbe stata quella di giudicare e condannare Esta, dato che il mandato di cattura nei confronti della donna era giunto fino a La Capitale, ma né Frey né West gliel'avrebbero perdonato. No, doveva escogitare altro; il Consiglio lo premeva affinché emettesse il suo giudizio, non tollerava che il processo della mercenaria fosse sospeso fino al ritorno del sovrano, Katòn era il reggente e aveva pieni poteri, non aveva senso attendere ancora. Il ragionamento del Consiglio non aveva pecche logiche se fosse stata una situazione normale, ma nascosti c'erano dei particolari da non rendere pubblici.

La Dea sapeva. Lei era in grado di fornirgli tutte le informazioni di cui necessitava.

Il principe scosse la testa, se gli aveva narrato la novella della Sibilla c'era un motivo ben particolare, e se realmente non c'era, lui voleva credere così. La storia gli aveva appena insegnato a non fermarsi al solo visibile e al solo noto, ma di proseguire oltre al fine di scoprire tutti i segreti celati dietro una tal cosa. Una storia che gli ricordava quella degli schiavi e della caverna, lui doveva fare esattamente la stessa cosa.

Con un reverenziale inchino si congedò dalla Dea per ritornare ai suoi doveri reali. Non aveva la più pallida idea di cosa fare, ma sapeva come fare.

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