sabato 26 dicembre 2009

Ragnarok

03


Il principe stava percorrendo le vie della capitale a cavallo. La città e il castello erano collegati da un sentiero di montagna: il castello si trovava alto sopra un rilievo mentre la città si trovava in basso, nella valle immediatamente circostante. Il castello era una fortezza impenetrabile e impossibile da assediare, dalla parte anteriore aveva la valle con la città e un poco praticabile sentiero collegato ad essa, poco adatto alla marcia di molti soldati, nella parte posteriore aveva la foresta, fitta e oscura, dove nessuno osava avventurarsi.
Katòn sembrava un forestiero qualsiasi, un lungo mantello lo copriva dalle spalle fino ai piedi e un turbante gli nascondeva i capelli e parte del viso, non che dovesse fare le cose di nascosto, lui era il principe e in una certa misura poteva fare quello che più desiderava, solo non voleva che il Consiglio lo vedesse andare a pregare una Dea per il ritorno del padre; forse il popolo lo avrebbe acclamato, Kat conosceva bene il suo livello di religiosità, ma la stessa cosa non sarebbe valsa per il Consiglio, solo i laici ne erano ammessi e da laici non avrebbero permesso l'intervento di chissà quale divinità in una battaglia così importante, no, la vittoria doveva dipendere esclusivmente dall'abilità del sovrano.
Il Tempio di Roriath, Dea della Guerra, era ormai prossimo, Katòn smontò da cavallo e lo affidò ad uno stalliere lì vicino; faceva freddo in quella zona della città ma era un freddo innaturale, il principe pensò che si trattasse di una normale sensazione di paura, in fondo stava per chiedere aiuto alla temibile Roriath.
Entrò nel Tempio a capo chino e in rispettoso silenzio, con sè aveva portato un paio di galline morte da offrire in sacrificio, il prezzo uguale per tutti da pagare, l'edificio era enorme, la navata di colonne sembrava raggiungere il cielo, l'altare in fondo al Tempio era composto da un solo blocco di marmo nero e subito dietro c'era la statua della Dea, la Somma Roriath.
Anch'essa in marmo la statua raffigurava la Dea in una posizione solenne, ferma e immobile, con lo sguardo fisso davanti a sè, nella mano destra la sua alabarda, unica nel suo genere, formata da due lame ricurve, una più lunga e l'altra più corta, le cui punte cercavano di riunirsi, un plebeo avrebbe detto che quella forma assomigliava al numero sei, nella mano sinistra la spada, intagliata di meravigliosi fregi; la statua indossava una vera armatura d'oro decorata con piccole pietre preziose e fregi bianchi, sembrava potesse animarsi da un momento all'altro.
Katòn noc Ferac vi si avvicinò, posò le due galline sull'altare e si mise in ginocchio, con i palmi delle mani rivolte verso la Dea.
« Somma Roriath, Dea della Guerra, ti prego, ascolta la mia supplica.
Mio padre è il re di questo regno, ha sempre governato con saggezza e virtù e ha sempre operato per il bene del popolo; purtroppo un nemico è giunto, molto tempo fa, e mio padre non s'è tirato indietro, mio fratello l'ha seguito e adesso sono entrambi nel pieno di una battaglia che potrebbe essere decisiva per la fine della guerra.
Oh, Somma Roriath, io vi chiedo di fare in modo che né mio padre né mio fratello rimangano coinvolti, loro devono tornare sani e salvi e continuare a regnare su Irrfad.
Ti prego, ascolta la mia preghiera. »
Katòn alzò lo sguardo, non era successo niente, le candele non s'erano spente e la Dea non s'era manifestata per accordarglii la supplica; si diede dello sciocco, come aveva potuto pensare, anche solo per un secondo, che Roriath avrebbe accettato la sua richiesta.
Si alzò e fece per uscire dal Tempio, era tardi e al castello presto avrebbero scoperto la sua assenza, West non poteva continuare a dargli man forte ancora per molto.
« Ma come? Te ne vai di già? Non vuoi sentire quello che io ho da proporti? »
Il principe si fermò ad un passo dalla soglia, una voce, una voce di donna l'aveva bloccato, dietro di sé non c'era nessuno, sicuramente si era trattato di uno scherzo a suo danno.
« Secondo te io sarei uno scherzo? »
Si fece freddo, Kat tremava e il vapore usciva dalla sua bocca, aveva paura di quello che poteva accadere.
« Hai terrore di me? Eppure sei stato tu stesso a venire nella mia casa a supplicare il mio aiuto. Che c'è? Ti sei già rimangiato tutto? Perché non parli? Il gatto t'ha mangiato la lingua? »
Il principe volse il suo sguardo alla statua, non era cambiata in quei pochi secondi quindi non poteva aver parlato, il giovane fu preso dalla smania di correre via, di riprendersi il cavallo e raggiungere il castello, dove sarebbe stato al sicuro.
« Illuso, il tuo castello non è così invincibile come credi, io posso entrare e uscire quando voglio.
Adesso basta con i giochetti, voltati e inginocchiati a me, la Somma Roriath. »
Kat esitò un attimo, lentamente girò su stesso e finalmente la vide, vide la Dea della Guerra di fronte a sé, bella e imperturbabile come solo lei poteva essere, i lunghi capelli rossi che fluttuavano dietro la schiena, gli occhi del colore del sangue che lo fissavano divertiti.
« Io sono Roriath, Somma Dea della Guerra, tu sei venuto da me per chiedermi un favore, ebbene, ho deciso di esaudire la tua richiesta ma c'è un prezzo da pagare. »
Katòn deglutì quel poco di saliva che gli si era creata in bocca, osservò con attenzione e desiderio la donna che gli si presentava davanti: era molto diversa da come era raffigurata nella statua; in primo luogo non indossava l'armatura ma vestiva un abito azzurro, stretto in vita da una fascia viola e scollato tanto da far intravedere la linea dei seni, dalla vità in giù l'abito era più corto dalla parte sinistra mentre la parte destra arrivava fino ai piedi, racchiusi in sandali di pelle le cui stringhe si intrecciavano fino poco sotto il ginocchio; ai polsi una miriade di bracciali in purissimo oro tintinnavano ad ogni suo movimento e un piccolo ciondolo le cadeva dal collo a rimarcare il prosperoso seno.
« Non ti conviene far pensieri sconci su di me, ne va della tua stessa vita. » lo ammonì severamente la Dea.
Il principe distolse lo sguardo, sogno o realtà quello che gli si presentava agli occhi? Roriath voleva davvero esaudire il suo desiderio o era giunta dal mondo divino unicamente per prendersi gioco di lui?
La Dea si posò a terra e iniziò a camminare in cerchio intorno a Kat, con le braccia conserte lo studiava da cima a fondo, il giovane non aveva l'aspetto del soldato, conosceva molte cose, sapeva come comportarsi con ambasciatori e sovrani, forse Roriath aveva trovato la persona che facesse al caso suo.
« Katòn noc Ferac al Irrfad... Hai un nome troppo lungo, se dovessi chiamarti quando sei a due passi da me è probabile che tu sia già andato via quando ho finito di pronunciare l'ultima lettera del tuo nome. Di', ce l'hai un qualcosa di più corto? »
« Kat... Kat è il mio nomignolo. »
« Molto bene, Kat. Farò in modo che tuo padre e tuo fratello escano vivi da quella battaglia, la condizione che io pongo è questa: fra un anno a partire da oggi dovrai diventare il mio nuovo araldo. »
Il principe sbarrò gli occhi, di cosa se ne faceva una Dea di un araldo?
« Di cosa me ne faccio ti domandi? La risposta è molto semplice, ne ho bisogno per quando inizierà il Ragnarok. »
Katòn noc Ferac, reggente del regno di Irrfad, rimase a bocca aperta per lo stupore, il Ragnarok stava per iniziare, la fine del mondo era vicina.

mercoledì 23 dicembre 2009

Ragnarok

02


« Maestà, le sue mucche continuano ad invadere le mie terre e a mangiare il mio raccolto, lui sostiene che non riesce a controllarle e che devo portare pazienza, ma le sue mucche mangiano il raccolto con cui sfamo la mia famiglia! Cosa dobbiamo fare Maestà? »
Katòn noc Ferac, reggente del regno di Irrfad, colui che regna in nome del sovrano Gothan noc Hjad, stava ascoltando l'ultima supplica del postulante posto in ginocchio di fronte a lui, si trattava di una questione banale, facilmente risolvibile, ma nonostante ciò i due contadini avevano chiesto l'aiuto del re.
I due uomini erano proprietari di terre confinanti, uno viveva di raccolta, l'altro di allevamento, il bestiame era solito oltrepassare le terre per mangiare i frutti del raccolto del postulante lasciando così la sua famiglia senza di che vivere, Kat aveva ascoltato attentamente la supplica del contadino e sapeva esattamente come agire.
« Quello che dovete fare è questo: recintate le vostre terre uomini, così tu non dovrai temere per il tuo raccolto, » disse rivolgendosi al postulante « e tu non dovrai preoccuparti del tuo bestiame. »
West stava ad osservare appoggiato ad una colonna in penombra posta dietro il seggio reale, nascosta dagli enormi drappi che partivano dal soffitto fino ad arrivare al pavimento; era passato un mese da quando il principe gli aveva chiesto aiuto e lui non gliel'aveva negato, il capitano delle guardie si era autonominato segretario particolare di Katòn. Il Consiglio aveva avuto qualcosa da ridire a riguardo sul loro rapporto ma Katòn li zittì asserendo che per il compito che suo padre gli aveva affidato aveva bisogno di tutte le persone di fiducia e il capitano ne faceva parte.
« L'udienza è finita. » proclamò il ciambellando mentre ordinava alle guardie di far sgomberare la sala.
Katòn noc Ferac si alzò dal trono e si incamminò in prossimità dell'uscita posta dietro i drappi, sicuro di trovare West ad aspettarlo, non si sbagliò, l'amico era lì, come sempre, e gli faceva segno di sbrigarsi, aveva letto la sua agenda e per quel giorno il principe era pieno di impegni.
« No aspetta, chi ti ha dato il permesso di sbriciare nella mia agenda? Aaaaaaaaaaaaa! » esclamò Kat letteralmente trascinato per un braccio da West.
« Sbrigati, non hai tempo di lamentarti, ora devi andare ad approvare il progetto per il ponte sul Grande Fiume, poi a pranzo dei ricevere gli ambasciatori di Hollas e nel pomeriggio devi dedicarti alla corte. Ah, ricordati che stasera c'è il Ballo di Primavera, non puoi assolutamente mancare. »
Il capitano parlava con estrema serietà, come se si trattasse di normali doveri che competono ad un soldato, Katòn rise leggermente e si liberò dalla presa dell'amico.
« Torna a fare il capitano delle guardie, non sei il mio segretario. » gli disse fermandosi un attimo per massaggiarsi il polso.
« Lo sto facendo per il bene di questo regno, se non avessi avuto bisogno di me non saresti strisciato a chiedere il mio aiuto. »
Touché. Il principe non osò rispondergli e lasciò che lo portasse verso il luogo del suo prossimo affare.


« Sua Maestà il principe Katòn noc Ferac al Irrfad, reggente del regno. »
Il ciambellano annunciò alla corte l'arrivo del principe, senza di lui il ballo non poteva avere inizio, c'era bisogno dell'approvazione del reggente. Kat fece la sua comparsa nell'ammirazione totale della corte, le fanciulle in età da marito lo guardavano speranzose, nonostante il principe avesse compiuto da poco i vent'anni ancora non aveva scelto la sua futura moglie, un barlume di speranze per tutte le ragazze nobili.
Katòn si guardò intorno, era a disagio ma cercava di non darlo a vedere, era la prima volta che sentiva acclamare il suo nome completo da così tanta gente; Katòn noc Ferac al Irrfad, Katòn il Pacifico di Irrfad. Insieme a suo fratello maggiore era l'ultimo discendente di Damos noc Yutas, il Possente, primo re di Irrfad che diede il nome al regno.
Alcuni specchi riflettevano la sua immagine, statura normale, occhi grigi e capelli neri come la notte, leggermente ondulati e corti, fisico asciutto e portamento regale, questo era quello che la corte vedeva in lui.
Con la coda dell'occhio vide West parlare con due dame, non c'era di che stupirsi, il capitano delle guardie era un uomo molto affascinante, i capelli biondi come l'oro incorniciavano il suo viso, illuminato da due iridi di smeraldo, era forte e muscoloso e l'alta uniforme che indossava per le occasioni particolari lo facevano sembrare ancora più alto rispetto alla sua enorme statura, fra le ragazze di basso ceto riscuoteva un grande successo.
Katòn si sedette sul trono e con un cenno della mano diede il via alle danze, la tradizione voleva che l'erede non ancora sposato dovesse ballare con tutte le fanciulle nobili che partecipavano al ballo così da poter scegliere colei che un giorno sarebbe stata sua moglie; Kat non sapeva ballare bene, ma non si sottrasse ai suoi doveri.

Il ballo era terminato già da un paio d'ore ma Kat non ne voleva sapere di dormire, in tutta la giornata non aveva avuto il tempo di pensare a quella che era la questione più urgente di tutte: la battaglia contro il regno nemico. Dopo più di un mese ancora suo padre e suo fratello non gli avevano fatto pervenire un messaggio, era preoccupato per le loro sorti.
« C'è qualcosa che ti turba? »
Katòn si voltò di scatto, non credeva di trovare West per i corridoi del castello a quell'ora della notte.
« No, niente in particolare, sempre la solita cosa... A proposito, che ci fai ancora a giro? Non dovresti essere di guardia stasera? »
« Come? » il capitano sembrava stupito dalla parole del principe non aveva idea di cosa stesse parlando.
« In che senso "di guardia"? » chiese per togliersi tutti i dubbi.
« West! E tu dovresti essere il capitano delle guardie del castello!? Tanto vale appendere un cartello con su scritto "Ladri e Assassini, Benvenuti!" »
I due si fisarono per qualche secondo, la comicità della situazione era troppo alta per rimanere seri, una fragorosa risata risuonò in quel corridoio.
« Ah sì, il turno di guardia... Be' devi sapere che essere il capitano comporta molti vantaggi, per esempio sei tu che decidi i turni e sia il caso che per stasera ho fatto a cambio con un commilitone, non potevo perdermi questo ballo per niente al mondo. » spiegò West tornando serio.
« Non volevi perderti il ballo o le ragazze con cui hai chiacchierato per tutto il tempo? »
La frecciatina di Kat era maliziosa ma non intendeva ferire l'amico; West, dal canto suo, era abituato a frasi del genere, aveva acquisito una certa fama come donnaiolo e parole come quelle non gli facevano né caldo né freddo.
« E te? Quand'è che la smetterai di perdere il tuo tempo sui libri e non ti dedichi ad una bella donna? Non è che a te piacciono gli uomini vero? »
« Ma sei scemo!? »
« Era per saperlo... Tornando seri, se sei preoccupato per tuo padre e tuo fratello perché non vai a pregare un Dio? Dicono che gli Dei esaudiscano le preghiere a loro rivolte. »
« E a chi dovrei rivolgermi secondo te? »
West lo fissò negli occhi divertito, il principe era un pozzo di sapere ma era ingenuo e poco sveglio come un ragazzino a volte.
« Ma alla Dea della Guerra no? »

lunedì 21 dicembre 2009

Ragnarok

[OT: Prima puntata della prima novel che ospito in queste terre. Di norma non pubblico prima di aver completato la storia, ho sempre il timore di non riuscire a finirla, ma per questa volta voglio fare uno strappo alla regola, voglio vedere fino a che punto arriverò.]

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01


La neve cadeva sul castello reale di Irrfad, cadeva leggera, ricopriva tutta la natura circostante l'enorme complesso, ogni tanto dagli alberi cadeva un mucchio di neve rompendo il silenzio della foresta; gli animali erano in letargo, al riparo nel caldo delle loro tane, anche il principe era al caldo nel castello, ma un grave affare lo turbava, gli rendeva le notti insonni.
La guerra stava imperversando già da due anni, il sovrano del regno vicino aveva dichiarato guerra al padre del ragazzo per conquistarne alcune terre, ma il re di Irrfad non cedette alle richieste e preparò il suo esercito; da allora molte battaglie furono vinte e altre perse, nessuno dei due regni aveva intenzione di arrendersi; l'ultima battaglia avrebbe potuto essere quella decisiva, per questo il re Gothan e il suo erede Frey, fratello maggiore del ragazzo, erano partiti insieme all'esercito, era loro preciso volere partecipare come i loro soldati, essere in prima linea per vedere la disfatta del nemico.
Il giovane principe era inquieto, finché non sarebbero ritornati lui era il reggente del regno, una carica troppo stretta per lui, abituato fin da piccolo a visitare biblioteche ed a frequentare precettori che gli trasmettessero lo scibile umano; non era mai stato portato per la guerra, mal maneggiava una spada, poco s'intendeva di strategie militari e meno che mai era desideroso di fare carriera nell'esercito; data la sua posizione di figlio cadetto reale si sarebbero potuto spalancare per lui le porte dell'esercito, sarebbe potuto diventare un Sommo Generale in brevissimo tempo, forse non ci sarebbe neanche stato bisogno di fare esperienza sul campo, ma la sua decisione fu irremovibile, non desiderava l'esercito, preferiva di gran lunga i templi degli Dei e delle Dee, le biblioteche, i luoghi di sapere.


Era ormai una settimana che il re suo padre e il principe ereditario erano partiti e ancora non erano pervenuti loro messaggi, il principe stava studiando libri di politica nelle sue stanze quando un soldato aprì la porta ed entrò dentro.
« Mi sembrava di aver ordinato espressamente che nessuno disturbasse i miei studi. » disse il ragazzo senza voltarsi o distogliere lo sguardo dal libro.
« Io non sono nessuno, mio caro Katòn noc Ferac, io sono il capitano delle guardie del castello nonché tuo migliore amico. Sono venuto a dirti che non puoi continuare così, devi farti vedere, i postulanti chiedono di te, non del tuo Consiglio di Stato. »
Kat si massaggiò gli occhi e chiuse il libro, si alzò dalla sedia e andò incontro al capitano sorridendogli.
«Da quant'è che non mi chiamavi con il mio nome completo? » gli chiese invitandolo a mettersi a sedere su una delle tante sedie del suo studio.
« Da sempre, è da quando ci siamo conosciuti per la prima volta che ti ho sempre chiamato con il tuo nomignolo, ma sai, adesso sei il reggente, l'equivalente di Sua Maestà, non posso permettermi di chiamarti semplicemente Kat, ti dovrò chiamare almeno con il nome completo. » rispose allegramente il capitano.
Katòn chiamò una cameriera e ordinò che fossero serviti del té con biscotti e che li lasciassero in pace, dovevano discutere di importanti questioni.

Katòn noc Ferac conobbe West al Denìo quando aveva appena sei anni, il ragazzo aveva cinque anni in più del principe e anche se era grande abbastanza da capire che gli doveva obbedienza, non aveva mai usato formule o titoli onorifici nei confronti del principino, il suo rispetto se lo sarebbe dovuto guadagnare in qualche modo.
Il principino era intimorito dal ragazzo più grande, sapeva che gli sarebba bastato un niente per fargli del male così mise subito in avanti le mani.
« Non voglio farti del male quindi tu non ne farai a me, va bene? » disse semplicemente il piccolo Katòn.
Da quel giorno West prese a chiamarlo Kat, un nomignolo carino ma pur sempre irrispettoso, chi era lui per poter affibbiare al principe un tale nome? Katòn però non aveva mai dimostrato disapprovazione, al contrario aveva sempre mostrato una certa ammirazione nei confronti di West, era lui quello forte e coraggioso, un modello a cui poter arrivare.
Poi con il passare del tempo Kat si era reso conto che non sarebbe mai potuto diventare come lui, ma questo non minò la loro amicizia; avevano preso strade diverse ma avevano continuato a sostenersi a vicenda.

West finì di sorseggiare il suo té lentamente, voleva gustarsi il caldo sapore dell'erbe usate; sospirò nel posare la tazza, quello per cui era andato da Kat non era un facile argomento.
« Ehi Kat, lo sai che adesso sei il reggente vero? » domandò appoggiandosi con i gomiti sulle ginocchia.
« Certo che lo so, ingenuo s'intende ma fino a questo punto... »
« Esatto, proprio fino a questo punto, tu sostituisci tuo padre, comandi in nome suo, sai cosa vuol dire questo? »
« Sì, lo so, non importava che tu venissi a dirmelo. »
« E invece importava! Girano già voci di mal contento sul tuo operato, te ne rendi conto? Dopo solo una settimana, è inaudito! Io lo capisco che non sei stato cresciuto con la convinzione di dover prendere il posto di tuo padre, ma è chiederti troppo recarti nella Sala delle Udienze, una volta al giorno tutti i giorni? »
L'atmosfera si fece tesa, i due ragazzi si fronteggiavano con gli occhi, senza dire una parola, Kat sapeva che l'amico aveva ragione, lo sapeva fin troppo bene, ma cosa poteva fare lui? Non aveva mai avuto a che fare con le questioni di stato, erano un affare troppo delicato, lui regnava in nome di suo padre, se avesse compiuto qualche azione o detto qualcosa di inanerrabile, la vergogna e il disonore sarebbero ricaduti sul re, non sulla sua persona.
West si alzò in piedi, era stanco di aspettare una risposta che non sarebbe mai arrivata, si diresse verso la porta e si fermò sulla soglia. In quel momento appariva come un vero e proprio soldato, aveva la mano destra appoggiata allo stipite della porta mentre la sinistra era calata sull'elsa della sua spada.
« Fa' come ti pare, io ti ho avvertito, ho fatto più di quello che dovevo fare. Sappi solo una cosa: so cosa pensi e ti dirò, se non lo fai, se non tenti, non sei degno di farti chiamare Principe. »
Il Principe rimase solo nelle sue stanze, solo a riflettere su quello che gli aveva appena detto il capitano delle guardie del castello, non aveva di certo tutti i torti; non era mai stato un tipo molto orgoglioso, non ebbe problemi ad inseguire per i corridoi del castello il suo migliore amico e chiedergli di aiutarlo in quell'impresa.