giovedì 1 luglio 2010

Ragnarok

23

Katòn diede un’ultima occhiata alla missiva, il mittente aveva scritto chiaramente il luogo e il momento dell’incontro: al tramonto, poco distante dalla parte ovest della capitale; il principe cadetto aveva riflettuto tutta la mattina, aveva chiesto consiglio a West ed era giunto alla conclusione che, se fosse stata una trappola, ci sarebbe stato il capitano delle guardie a proteggerlo, se invece il mittente era in buona fede, ci sarebbe stato tutto da guadagnare.
“Spero che Shirea non mi odi per aver saltato l’appuntamento che avevamo fissato ieri, le manderò una lettera di scuse e giustificazioni. Sono sicuro che capirà.”
Un refolo di vento fresco gli scompose i capelli, la neve si stava sciogliendo, segno inequivocabile che la primavera era vicina, e i primi boccioli di fiori facevano capolino dal diradato manto nevoso; gli alberi non erano più carini, se si guardava con attenzione si potevano scorgere i nidi degli uccelli; stare in mezzo alla natura era un’esperienza che a Katòn piaceva moltissimo, fin da piccolo aveva sempre frequentato il parco del castello, quando poi era diventato più grande aveva preso l’abitudine di recarsi almeno una volta ogni sette giorni nella foresta vicina.
Negli ultimi mesi, però, aveva dovuto rinunciare a questo suo “vizio”, l’assenza di suo padre e la conseguente reggenza prima e l’avvicinarsi del Ragnarok dopo lo avevano allontanato dai boschi, per questo era felice che il luogo d’incontro fosse proprio sul limitare della foresta: era come una ventata rinfrescante per il suo stato d’animo.
Katòn si rilassò, appostato sulle mura della città c’era West a controllare la situazione, il principe non doveva temere alcun ché, era perfettamente al sicuro.
« Principe Katòn. » lo chiamò una voce, riportandolo al mondo.
L’araldo di Roriath si voltò e vide un uomo anziano, curvo su un bastone, avvicinarsi tranquillamente, notò che i suoi occhi erano completamente bianchi.
« Voi siete cieco. » affermò Katòn sgomento.
« Sì, ma la mia dea mi ha donato la vista dell’Oltre.
Non vedo cosa accade intorno a me, ma posso vedere cosa accadrà in futuro. »
« Siete un veggente dunque. »
« Se così vi piace chiamarmi. La mia dea non partecipa al Ragnarok per combattere, solo per avvertire, col suo specchio incantato ha visto il futuro; mi ha chiesto di riferirti che le sorti del mondo dipendono da te. »
Il respiro del principe minore si arrestò per qualche istante, non era preparato per quel tipo di rivelazione, credeva che il Ragnarok fosse una guerra tra dee, la cui vincitrice sarebbe divenuta di diritto la preferita di Arman, il Re degli Dei; così gli era stato riferito da Roriath, possibile che fosse solo una bugia per indurlo ad accettare il ruolo d’araldo? E se fosse stato realmente l’inizio della fine del mondo, come scritto in tutti i libri e recitato in tutti i miti e leggende?
« Percepisco la tua confusione, principe.
Ascolta attentamente, questa è la visione della mia dea.
Eeda, somma dea della Ruota del Fato, ha visto una porta che non deve essere varcata, passano gli anni e ancora nessuno trova il coraggio di posare i piedi oltre la soglia, poi giungi tu, accompagnato da una figura misteriosa, ferita e malandata.
Qui lo specchio della mia Signora si sdoppia; da una parte vede te e quella figura fermarvi prima di addentrarvi oltre la porta, la figura muore, ma il mondo è salvo; sull’altra superficie ti vede superare quell’infausto confine, la misteriosa figura che ti accompagna si salva, ma a caro prezzo, un’oscura potenza viene risvegliata e tutto il mondo cade nelle tenebre. »
La luna iniziò a levarsi alta nel nero cielo notturno e l’oscurità circondò i due uomini, il gelo penetrò nel corpo del principe, non soltanto per l’effettiva temperatura di quell’ora, soprattutto per le parole dell’anziano uomo. Il destino del mondo ricadeva nelle sue mani, nella sua scelta.
« Quando accadrà? Insomma, credo di avere il diritto di sapere quando avrò la possibilità di scatenare la fine del mondo! E… e la porta? Come farò a riconoscerla? Ha qualche iscrizione particolare, un guardiano da affrontare, oppure… »
« Non essere impaziente, quando verrà il momento lo saprai; e allora saprai qual è la decisione da prendere. »
« Che domande, io so già quale decisione prendere, non voglio scatenare il caos! »
« Ne sei sicuro? »
Il vecchio non disse più una parola, esattamente come era arrivato se ne andò, piano piano, curvo sul bastone, lasciando Katòn in piena confusione.
Il principe sapeva che, razionalmente, la decisione più giusta da prendere era quella di non varcare la porta, la morte di una persona era accettabile se il prezzo da pagare era il mondo intero; però le ultime parole del’’anziano araldo gli avevano messo in corpo ulteriore agitazione, solo in quel momento, riflettendo con calma, considerò che nel fare una scelta non influiva soltanto la razionalità, ma anche fattori di tipo emotivi e personali; molte persone sceglievano la strada sbagliata perché guidati dai sentimenti.
Katòn se ne stava con la schiena poggiata al tronco di un albero, West lo trovò più pensieroso di quando l’aveva lasciato poco prima.
« Mi hai fatto prendere un bello spavento, sai? L’altro tipo è rientrato in città e della tua presenza nemmeno l’ombra, temevo ti avessero fatto qualcosa.
Che hai? Sei più teso della corda di un arco. »
« La corda di un arco è come burro paragonato a come mi sento in questo momento. Non è che mi daresti una mano? Non sono molto sicuro della stabilità delle mie gambe. »

Al castello si respirava aria di festa quella sera, Sua Maestà, per intrattenere alcuni suoi ospiti di Jukigabijo, aveva fatto allestire un piccolo circo nella sala dei ricevimenti, acrobati e giocolieri si esibivano al centro dell’ampio salone, serve e camerieri distribuivano tartine, bruschette, assaggi, bevande e pane; solo Katòn stava in disparte, sovrappensiero.
« Non darti pena per quello che ti ha detto quel vecchio, quando l’ho incrociato in città, alla porta, mi ha detto che mi sposerò entro un anno, pazzesco. Credimi, quel vecchio non ci sta con la testa, io che mi sposo, pf! »
Il principe minore fece un mezzo sorriso, l’idea di West come marito affettuoso e devoto era veramente un pensiero quasi impossibile da formulare; tutti al castello sapevano, in special modo le donne, che il capitano delle guardie era un uomo a cui piaceva divertirsi e che fuggiva dagli impegni, non più di un mese era il periodo a cui il giovane poteva dedicarsi ad una donna, si annoiava facilmente.
C’era da dire a suo favore, che non aveva mai cercato d’ingannare le fanciulle, queste ultime, infatti, erano sempre a conoscenza delle intenzioni del capitano, West era sempre stato chiaro su questo punto.
« West, se io posso scatenare l’apocalisse, tu puoi anche sposarti. » replicò divertito Katòn.
« Non scherzarci nemmeno, il giorno in cui mi dovessi sposare sarà davvero la fine del mondo. »
« Non indurmi a scommettere, lo sai che non mi piace il gioco d’azzardo. »
Il capitano delle guardie scosse la testa con fare scherzoso, aveva individuato un paio di “prede”, due bocconcini ancora da assaggiare.
« Perdonami se ti abbandono, ma la mia natura di predatore mi chiama. »
Katòn lo fissò andarsene, decise che anche lui se ne sarebbe tornato nelle sue stanze, doveva pensare a come scusarsi con Shirea e doveva farlo prima che fosse troppo tardi.

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