giovedì 13 maggio 2010

Ragnarok

20

Il sole, tondo e rosso, era ormai basso sull'orizzonte, segno inequivocabile dell'imminente tramonto, presto, il gelo dell'inverno avrebbe avvolto ogni cosa nella sua morsa per restituire il tutto solo al mattino, circondato da una patina di brina.

In città i lavoratori, stretti nelle loro pellicce, ritornavano a casa, ansiosi di consumare un pasto caldo e ricevere l'affetto della famiglia; le strade si svuotarono e le locande si riempirono, ancora una volta i proprietari di tali taverne benedissero la notte, portatrice di clienti e guadagno; le prostitute non si affacciavano più dai loro balconi, ma erano tutte riunite nelle sali comuni dei bordelli, dove gli avventori erano sempre allegri e felici, le grida e i rumori dell'amore si potevano udire in tutti gli angoli, anche quelli più nascosti, della città.

Solo nel quartiere religioso vigeva il silenzio, solitamente il Gran Sacerdote intonava una liturgia, pregando gli Dei affinché donassero agli uomini un altro giorno di pace, quella notte però, quella strana notte che avrebbe dovuto essere come le precedenti, non si udì nessuno cantare o pregare, il prete se ne stava nella sua umile dimora cercando di scacciare i brutti presentimenti che aveva in corpo.

Non c'era niente da temere, era solo una normale nottata come altre, niente di più, niente di meno, eppure il Gran Sacerdote sentiva che quella sarebbe stata la notte della svolta.

La calma prima della tempesta era giunta al termine, con la venuta del sole il Ragnarok avrebbe avuto ufficialmente inizio.


Al castello reale regnava la pace e la serenità, le guardie di turno svolgevano il loro lavoro alla perfezione assicurando alla famiglia reale un sonno tranquillo; solo il principe cadetto, Katòn noc Ferac al Irrfad, il Pacifico, non dormiva.

Si rigirava nelle coperte nella speranza di potersi finalmente addormentare, non gli fu concesso l'ultimo sonno pacifico, senza problemi o gravi questioni. Si alzò rassegnato e, coprendosi con una pesante vestaglia, si recò nella biblioteca del castello.

La torre campanaria suonò un rintocco.

I libri non risposero alle domande che stavano venendo a galla nella sua mente, analizzando la situazione aveva capito che Roriath, alla fine, non gli aveva insegnato niente, come avrebbe fatto a cavarsela in un mondo in cui sarebbe stato braccato da altri araldi come lui?

Della polvere si alzò quando richiuse il volume con uno scatto improvviso, era un uomo fatto ormai, inutile preoccuparsi di quello che poteva accadere in futuro, sapeva cavarsela da solo ormai, doveva necessariamente bastarsi.

Ritornò nelle sue stanze. Rabbrividì chiudendo la porta, faceva veramente freddo quella notte, anche lui poteva percepire la magia che le tenebre recavano con sé.
Cercò di scacciare il pensiero per potersi addormentare senza preoccupazioni.


Presto l'oscurità cedette il passo alla luminosità del sole che nasce, i contadini erano già svegli, pronti per andare a lavorare la terra, vangare, innaffiare, curare le piante; le donne di città prepararono le colazioni per i mariti; gli uomini uscirono per recarsi ai loro lavori, la città si stava svegliando ancora, i negozi e le botteghe aprivano ai clienti, dai forni usciva il buon odore del pane caldo, i bambini delle famiglie benestanti si fecero accompagnare dalle madri a scuola.

La brina depositata durante la notte iniziò a sciogliersi bagnando i campi e i prati intorno a La Capitale e creando pozze e fango lungo le strade, i carri procedevano a rilento.

Tutto sembrava scorrere tranquillo, una normale giornata d'inverno.

Solo poche persone avevano avvertito il cambiamento.

All'alba una ragazza era uscita dalla sua casetta per recarsi al quartiere religioso. I sacerdoti intonarono canti e preghiere, candele venivano accese sugli altari delle divinità.

« Mia Signora. »

« È giunto il momento, Shirea. »


Katòn si svegliò per il freddo, il fuoco nel camino era spento e nessuno lo aveva ravvivato a tempo debito. Informò il padre che si sarebbe recato in città e si fece sellare il cavallo; Roriath lo stava aspettando.

Il tempio della Dea della Guerra era avvolto nel silenzio come di consueto, il principe entrò notando dell'incenso appena acceso ai fianchi dell'ingresso.

Si avvicinò all'altare e si inginocchiò.

« Eccomi, mia Signora. »

« Katòn, sei pronto? Il Ragnarok è appena iniziato, non abbiamo tempo da perdere. »

L'uomo fece un cenno d'assenso con la testa, la Dea approvò e continuò il suo discorso.

« La prima cosa che devi fare è rintracciare quell'araldo che incontrasti alla festa in maschera mesi fa. Scopri a quale Dea fa riferimento.

Non hai limitazioni per le tue missioni, usa tutto il tuo ingegno e tutti i mezzi che hai a disposizione, se ti credono puoi anche farti aiutare dai tuoi amichetti. »

Katòn sussultò a quelle ultime parole.

« Non crederai che io non sappia niente vero? So che hai raccontato tutto al tuo amichetto e a sua sorella. A me non interessa a chi dici del Ragnarok, io voglio vincere questa guerra, è chiaro? »

« Chiarissimo. »

« Bene, allora vai.

Non farti notare quando uscirai da questo tempio, se la ragazza è ancora in questa città sarà in un tempio, non farti scoprire. »

« Tu non puoi sapere dove si trova? »

« No, gli araldi sono difesi dalle Dee che servono, nessuna Dea saprà che tu sei il mio araldo. È il ciondolo che ogni araldo porta con sé a permetterlo, è un catalizzatore del potere della Dea che serve. Hai ascoltato quello che ti ho detto in queto ultimo anno? »

« Certo! Peccato solo che di queste cose pratiche non mi hai mai detto niente! »

« Ops... » ridacchiò Roriath, « Rimedierò, vedrai. Adesso va'. »


Il principe cadetto si ritrovò a fare colazione in una taverna non lontana dal quartiere dei templi, da quanto era nervoso quella mattina non aveva nemmeno mangiato, delle uova e della pancetta gli avrebbero risollevato l'umore.

Il ritorno al castello fu sereno, fece la carità ad alcuni mendicanti, distribuì sorrisi a chiunque lo riconosceva. West lo aspettava nel cortile di addestrmento.

« Ti cercavo poco fa, ma mi hanno detto che eri andato in città. »

« Sì. »

West lo guardò con circospezione, c'era qualcosa che gli teneva nascosto.

« C'è qualcosa che devi dirmi? » gli domandò mentre salivano la gradinata che li avrebbe portati all'interno del palazzo.

Katòn strinse il passamano.

« Lo so che non mi credi, ma ti assicuro che la storia sul Ragnarok è vera. »

« Insisti? »

« Sì, perché voglio il tuo aiuto. Ti fidi di me no? »

Il capitano delle guardie studiò attentamente il volto dell'amico, era cambiato molto in un anno, l'incertezza era sparita del tutto per fare spazio ad una certa determinazione, come poteva non fidarsi del suo migliore amico?

« E sia, mi farò coinvolgere nei tuoi pazzi progetti, ma solo perché se ti do corda alla fine la smetterai con questo stupido scherzo. »

Il principe cadetto gli sorrise, adesso era molto più sicuro nell'affrontare il Ragnarok.

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