venerdì 21 maggio 2010

Ragnarok

21

Katòn e West entrarono negli appartementi privati del principe cadetto, il capitano si mise a sedere su una poltrona mentre l'amico sedette su un divanetto.

« Ti ricordi della festa in maschera? Quando mi facesti conoscere la ragazza che fissavo da tempo? » domandò Katòn chiedendo che fosse portato qualcosa da bere alla servitù.

« Vagamente. »

« Devo rintracciarla urgentemente. » spiegò il principe appoggiando i gomiti sulle ginocchia e stringendo le mani.

« Posso azzardarmi a chiederti il motivo? »

« Faccio prima a raccontarti tutto. Di nuovo. Da capo »

West impallidì, la sintesi non era mai stata il punto di forza dell'amico.

Per l'ora di pranzo il principe non aveva ancora finito, il capitano delle guardie del castello, disperato, supplicò una pausa che gli venne negata quasi sdegnosamente; fu costretto a mangiare con lui assentandosi dai suoi doveri militari.

Ad un certo punto scattò in piedi dicendo che non poteva più rimanere, quel pomeriggio sarebbero arrivati delle nuove reclute dlla caserma e lui doveva essere presente.

« Ma non ho finito di raccontarti! »

« Finisci con mia sorella, lei ti crede no? Va' da lei! »

"Forse ho esagerato" pensò timidamente il principe.


Katòn vagò per il castello alla ricerca di Esta senza riuscire a trovarla da alcuna parte, perlustrò ogni corridoio, ogni sala, chiese ai soldati se sapessero dove si trovasse, ma nessuno seppe dargli una risposta; a metà del pomeriggio, quando la sera incombeva, raggiunse West nel cortile d'addestramento, le reclute mandate dalla caserma avevano superato l'esame del capitano delle guardie e quest'ultimo gli stava spiegando quali sarebbero stati i loro doveri, dove avrebbero alloggiato e come si dovevano relazionare con gli altri.

Il principe rimase ad aspettare che avesse finito per poter parlare di nuovo con lui, quando West lo vide mise subito le mani in avanti e le cose in chiaro.

« Alt, fermo. Se sei venuto per finire il discorso di oggi, levatelo di mente. Ho accettato di aiutarti, è vero, ma niente storie assurde. »

« Sono venuto per chiedere di tua sorella, dato che non si trova, tu dovresti saperlo, no? Sei il suo capitano. »

« Mica posso sapere sempre tutto; vai nella sala comune e domanda al soldato che organizza i turni, lui saprà risponderti. »

Katòn sospirò rassegnato e fece come indicatogli dall'amico. Venne a sapere che Esta aveva accompagnato il principe Frey e la moglie in visita ad alcuni parenti di lei a Namida, lei e una piccola squadra scelta erano partiti in mattinata; la guardia gli riferì che Esta sembrava contrariata della scelta del principe ereditario, inoltre in principio lei non era stata scelta, il principe Frey l'aveva aggiunta all'ultimo secondo.

Katòn lo ringraziò e, dato l'orario, raggiunse suo padre per unirsi a lui a cena.


« Allora, dove si trova mia sorella? »

« Con mio fratello e mia cognata in viaggio verso Namida, non ho idea di quando possa tornare. »

West scosse la testa, appoggiato alla balaustra della "Piazza Alta" – così era chiamato il tetto della torre più alta del castello – poteva osservare i suoi uomini di guardia alle mura, se fosse stato di giorno, sarebbe pure riuscito a scorgere le vette dalla Cinta Montanaria alle spalle del castello e della Foresta Oscura.

« Il principe Frey non si è ancora rassegnato? Nessuno gli ha detto che mia sorella sta iniziando a frequentare un soldato della guardia? »

« Evidentemente no.

Domani andrò in città, devo trovare quella ragazza, a tutti i costi. »

« Il capo delle guardie della città è un mio amico, se hai bisogno di qualcosa rivolgiti a lui e fai il mio nome, ti aiuterà all'istante. »

« Credevo che il mio essere parte della famiglia reale mi bastasse. »

West ridacchiò.

« Non con Kent, lui se ne infischia della famiglia reale, il suo compito è mantenere l'ordine e la giustizia in città, non conta altro per lui. »

« Terrò a mente il tuo consiglio, ti ringrazio. »

« E di cosa? Siamo amici. »

Katòn gli sorrise, era fortunato ad avere persone come lui al suo fianco.

Il mattino dopo si alzò all'alba e, come aveva già riferito al capitano delle guardie, si recò in città, cercando di fare mente locale sulla ragazza della festa in maschera. Ricordava l'abito di buona fattura della fanciulla, i capelli castani e gli occhi azzurri, ma quante altre damigelle potevano corrispondere a quella descrizione in città? Oltretutto Kent al Naif, il capitano delle guardie della città, nonché responsabile della Caserma e amico di West, non gli era stato d'aiuto, la descrizione che gli aveva dato era troppo vaga perché gli potesse essere d'aiuto.
Al Naif promise comunque al principe che sarebbe stato avvertito ogni volta che i suoi uomini avessero anche solo intravisto una ragazza corrispondente alla descrizione fornita.

Katòn lo ringraziò calorosamente nonostante non avesse risolto il suo problema. All'improvviso gli venne in mente un'idea un po' pericolosa, ma decisamente fattibile: il principe sapeva che Shirea, la fanciulla che cercava, non aveva visto il suo ciondolo, per lui era Julian, signore benestante. Avrebbe potuto girovagare nel quartiere religioso senza timori, la sua strategia era quella di rintracciare Shirea "per caso" e guadagnarsi la sua fiducia, il resto sarebbe venuto da sé.

Prima di tutto, però, andò a ristorarsi nella locanda in cui l'aveva intravista, da lì sarebbe stato tutto molto più semplice, si sarebbe fatto scoprire e avrebbero iniziato a conversare, magari Katòn si sarebbe comportato come faceva West con le donne, forse l'avrebbe pedinata fino a quando non avesse scoperto la Dea di riferimento; in ogni caso era da quella taverna che doveva partire.

Quando vi entrò notò il solito affollamento della volta precedente, questo non gli impedì di guardarsi attorno e scoprire che della fanciulla non c'era traccia.
Domandò di lei al locandiere e tutto quello che riuscì a sapere era che Shirea si era licenziata tempo addietro e che aveva lasciato la camera.

Uscì imprecando tra i denti, il suo magnifico piano era appena andato in frantumi. Si mise a sedere su una panchina nella piazza del mercato per riflettere quando un miracolo apparve ai suoi occhi, dalla parte opposta della piazza Shirea stava portando delle stoffe.

giovedì 13 maggio 2010

Ragnarok

20

Il sole, tondo e rosso, era ormai basso sull'orizzonte, segno inequivocabile dell'imminente tramonto, presto, il gelo dell'inverno avrebbe avvolto ogni cosa nella sua morsa per restituire il tutto solo al mattino, circondato da una patina di brina.

In città i lavoratori, stretti nelle loro pellicce, ritornavano a casa, ansiosi di consumare un pasto caldo e ricevere l'affetto della famiglia; le strade si svuotarono e le locande si riempirono, ancora una volta i proprietari di tali taverne benedissero la notte, portatrice di clienti e guadagno; le prostitute non si affacciavano più dai loro balconi, ma erano tutte riunite nelle sali comuni dei bordelli, dove gli avventori erano sempre allegri e felici, le grida e i rumori dell'amore si potevano udire in tutti gli angoli, anche quelli più nascosti, della città.

Solo nel quartiere religioso vigeva il silenzio, solitamente il Gran Sacerdote intonava una liturgia, pregando gli Dei affinché donassero agli uomini un altro giorno di pace, quella notte però, quella strana notte che avrebbe dovuto essere come le precedenti, non si udì nessuno cantare o pregare, il prete se ne stava nella sua umile dimora cercando di scacciare i brutti presentimenti che aveva in corpo.

Non c'era niente da temere, era solo una normale nottata come altre, niente di più, niente di meno, eppure il Gran Sacerdote sentiva che quella sarebbe stata la notte della svolta.

La calma prima della tempesta era giunta al termine, con la venuta del sole il Ragnarok avrebbe avuto ufficialmente inizio.


Al castello reale regnava la pace e la serenità, le guardie di turno svolgevano il loro lavoro alla perfezione assicurando alla famiglia reale un sonno tranquillo; solo il principe cadetto, Katòn noc Ferac al Irrfad, il Pacifico, non dormiva.

Si rigirava nelle coperte nella speranza di potersi finalmente addormentare, non gli fu concesso l'ultimo sonno pacifico, senza problemi o gravi questioni. Si alzò rassegnato e, coprendosi con una pesante vestaglia, si recò nella biblioteca del castello.

La torre campanaria suonò un rintocco.

I libri non risposero alle domande che stavano venendo a galla nella sua mente, analizzando la situazione aveva capito che Roriath, alla fine, non gli aveva insegnato niente, come avrebbe fatto a cavarsela in un mondo in cui sarebbe stato braccato da altri araldi come lui?

Della polvere si alzò quando richiuse il volume con uno scatto improvviso, era un uomo fatto ormai, inutile preoccuparsi di quello che poteva accadere in futuro, sapeva cavarsela da solo ormai, doveva necessariamente bastarsi.

Ritornò nelle sue stanze. Rabbrividì chiudendo la porta, faceva veramente freddo quella notte, anche lui poteva percepire la magia che le tenebre recavano con sé.
Cercò di scacciare il pensiero per potersi addormentare senza preoccupazioni.


Presto l'oscurità cedette il passo alla luminosità del sole che nasce, i contadini erano già svegli, pronti per andare a lavorare la terra, vangare, innaffiare, curare le piante; le donne di città prepararono le colazioni per i mariti; gli uomini uscirono per recarsi ai loro lavori, la città si stava svegliando ancora, i negozi e le botteghe aprivano ai clienti, dai forni usciva il buon odore del pane caldo, i bambini delle famiglie benestanti si fecero accompagnare dalle madri a scuola.

La brina depositata durante la notte iniziò a sciogliersi bagnando i campi e i prati intorno a La Capitale e creando pozze e fango lungo le strade, i carri procedevano a rilento.

Tutto sembrava scorrere tranquillo, una normale giornata d'inverno.

Solo poche persone avevano avvertito il cambiamento.

All'alba una ragazza era uscita dalla sua casetta per recarsi al quartiere religioso. I sacerdoti intonarono canti e preghiere, candele venivano accese sugli altari delle divinità.

« Mia Signora. »

« È giunto il momento, Shirea. »


Katòn si svegliò per il freddo, il fuoco nel camino era spento e nessuno lo aveva ravvivato a tempo debito. Informò il padre che si sarebbe recato in città e si fece sellare il cavallo; Roriath lo stava aspettando.

Il tempio della Dea della Guerra era avvolto nel silenzio come di consueto, il principe entrò notando dell'incenso appena acceso ai fianchi dell'ingresso.

Si avvicinò all'altare e si inginocchiò.

« Eccomi, mia Signora. »

« Katòn, sei pronto? Il Ragnarok è appena iniziato, non abbiamo tempo da perdere. »

L'uomo fece un cenno d'assenso con la testa, la Dea approvò e continuò il suo discorso.

« La prima cosa che devi fare è rintracciare quell'araldo che incontrasti alla festa in maschera mesi fa. Scopri a quale Dea fa riferimento.

Non hai limitazioni per le tue missioni, usa tutto il tuo ingegno e tutti i mezzi che hai a disposizione, se ti credono puoi anche farti aiutare dai tuoi amichetti. »

Katòn sussultò a quelle ultime parole.

« Non crederai che io non sappia niente vero? So che hai raccontato tutto al tuo amichetto e a sua sorella. A me non interessa a chi dici del Ragnarok, io voglio vincere questa guerra, è chiaro? »

« Chiarissimo. »

« Bene, allora vai.

Non farti notare quando uscirai da questo tempio, se la ragazza è ancora in questa città sarà in un tempio, non farti scoprire. »

« Tu non puoi sapere dove si trova? »

« No, gli araldi sono difesi dalle Dee che servono, nessuna Dea saprà che tu sei il mio araldo. È il ciondolo che ogni araldo porta con sé a permetterlo, è un catalizzatore del potere della Dea che serve. Hai ascoltato quello che ti ho detto in queto ultimo anno? »

« Certo! Peccato solo che di queste cose pratiche non mi hai mai detto niente! »

« Ops... » ridacchiò Roriath, « Rimedierò, vedrai. Adesso va'. »


Il principe cadetto si ritrovò a fare colazione in una taverna non lontana dal quartiere dei templi, da quanto era nervoso quella mattina non aveva nemmeno mangiato, delle uova e della pancetta gli avrebbero risollevato l'umore.

Il ritorno al castello fu sereno, fece la carità ad alcuni mendicanti, distribuì sorrisi a chiunque lo riconosceva. West lo aspettava nel cortile di addestrmento.

« Ti cercavo poco fa, ma mi hanno detto che eri andato in città. »

« Sì. »

West lo guardò con circospezione, c'era qualcosa che gli teneva nascosto.

« C'è qualcosa che devi dirmi? » gli domandò mentre salivano la gradinata che li avrebbe portati all'interno del palazzo.

Katòn strinse il passamano.

« Lo so che non mi credi, ma ti assicuro che la storia sul Ragnarok è vera. »

« Insisti? »

« Sì, perché voglio il tuo aiuto. Ti fidi di me no? »

Il capitano delle guardie studiò attentamente il volto dell'amico, era cambiato molto in un anno, l'incertezza era sparita del tutto per fare spazio ad una certa determinazione, come poteva non fidarsi del suo migliore amico?

« E sia, mi farò coinvolgere nei tuoi pazzi progetti, ma solo perché se ti do corda alla fine la smetterai con questo stupido scherzo. »

Il principe cadetto gli sorrise, adesso era molto più sicuro nell'affrontare il Ragnarok.

venerdì 7 maggio 2010

Ragnarok

19

La mischia nel pomeriggio fu meno spettacolare dei singoli incontri del mattino, il principe Frey noc Savhr vinse e dedicò la vittoria alla moglie e al piccolo che stava crescendo nel grembo della donna; Sua Maestà lo incoronò campione della giostra sotto gli applausi del popolo. Katòn si alzò per congratularsi con il fratello.

« Sei stato eccezionale! » gli disse.

Frey sorrise, poi s'allontanò, aveva intenzione di cercare Esta e parlare privatamente con lei, la trovò insieme al fratrellastro intenta ad aiutarlo per la processione di ritorno al castello. La donna lo vide, ma lo ignorò deliberatamente, non era sicura dei suoi sentimenti e l'indifferenza era, così credeva lei, la soluzione migliore.


La cena fu un trionfo di ilarità e festa, Sua Maestà aveva ordinato che fossero preparate almeno una quindicina di portate, giocolieri e saltimbanchi animavano la serata con i loro spettacoli, musici e danzatrici si esibivano in un angolo ricevendo le lodi dei presenti.

La principessa Utena dispensava parole e sorrisi a chiunque, al contrario di suo marito, il principe Frey, che mangiava in silenzio, pensieroso; Katòn intratteneva alcuni nobili e ministri con alcuni discorsi riguardanti l'istruzione e la cultura nella popolazione contadina. West ed Esta invece ispezionavano la sala come era loro dovere.

Alla decima portata Katòn chiese il permesso per potersi ritirare nelle sue stanze, si fece accompagnare da Esta, il principe cadetto cercò di protestare, di dire che non c'era nessun pericolo, ma fu tutto vano, sia suo padre sia il capitano delle guardie del castello non volevano sentire repliche.

« Davvero, non ho bisogno della scorta per andare nei miei appartamenti, conosco la strada e conosco il mio popolo, nessuno oserebbe farmi del male, amano mio padre e mio fratello; sul serio non corro rischi. »

« Se mio fratello o Sua Maestà vengono a scoprire che non ho svolto il mio dovere, sono io quella che corre dei rischi; ricordati che per molti io sono ancora la mercenaria che ha tentato di uccidere il principe ereditario. »

Katòn rimase interdetto per qualche secondo.

« Mi dispiace, non ho fatto molto per aiutarti. »

« Hai fatto più di quanto avresti dovuto. È anche merito tuo se ho potuto avere un giusto processo. Piuttosto dimmi, stasera eri pensieroso, c'è forse qualcosa che ti turba? »

« Sì, c'è qualcosa, ma lascia stare, ti prego. »

« Non ne vuoi parlare? »

« Se te ne parlassi mi prenderesti per pazzo come fece West a suo tempo. »

« Non è detto che sia così. »

Il principe fissò la donna negli occhi, era sincera, ma dubitava potesse credergli, in fondo quella storia era stata assurda anche per lui, che ne era un protagonista.

« Tu credi negli Dei? » le domandò Katòn di fronte la porta che conduceva alle sue stanze.

« Sì »

« E sai cos'è il Ragnarok? »

« Non è la Guerra degli Dei, che sancisce l'inizio della fine del mondo? Così ho sentito dire da un sacerdote. »

« No. »

« No? »

« No. »

Le raccontò tutto dall'inizio, da quando era diventato reggente, dal suo incontro con la Dea, le sue strane istruzioni, tutto. Esta lo ascoltava con attenzione, annuendo di quando in quando, non c'era traccia di derisione nel suo volto e dalla sua voce non trapelava nota di scherno.

« Ti sei cacciato proprio in una brutta situazione, hai pensato ai rischi che potresti correre? »

« Sì, ma alla fine sono tutti irrilevanti, io non sarò Re quindi non ho doveri di sorta, l'importante era che almeno mio fratello tornasse sano e salvo dalla guerra, tutto qui. »

« Se lo dici tu; in ogni caso presta ben attenzione, West potrebbe non resistere al dolore della tua perdita, ti vuole bene. »

« Non ti preoccupare, non sono intenzionato ad andarmene negli Alti Cieli. »

Rimasero in silenzio per qualche minuto, Katòn aveva aperto la porta, ma ancora non si decideva ad entrare, c'era un'ultima cpsa che doveva chiedere ad Esta.

« Mi credi davvero? »

« Sì, quando si ha a che fare con le divinità tutto è possibile, anche questo.

Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, non esitare; parlerò con mio fratello. »

« Ti ringrazio Esta. »

Si congedarono. Esta tornò ai suoi doveri di guardia, Katòn, invece, si svestì, si fece un bagno e si coricò a letto.

Sognò delle fanciulle senza volto che si tiravano i capelli, ad un certo punto gli sembrò di riconoscere Roriath, ma fu svegliato di soprassalto dal capitano delle guardie che borbottava qualcosa a proposito di certe scemenze, solo che Katòn era ancora troppo assonnato per capire quello che stava dicendo.

« Cosa hai detto? Puoi ripetere per favore? »

« Ti ho chiesto come ti è saltato in mente di raccontare tutte quelle stupidate a mia sorella, insomma, non ti credevo davvero pazzo. »

« Ma è la verità. » protestò debolmente il principe cadetto.

« Finché non vedrò questa fantomatica Dea non ti crederò. »

« Fantomatica!? West!, ma se sei stato proprio tu a consigliarmi di rivolgermi a lei! »

« Piccoli dettagli trascurabili. »

« Sono senza parole sai? »

« Strano, non sei tu quello che conosce tutte le cose? » ridacchiò West.

Katòn scosse la testa divertito, si alzò e dopo aver compiuto le quotidiane abluzioni mattutine si recò nella biblioteca del castello; era riuscito a procurarsi una rara copia de "La storia al principio del tempo" e aveva intenzione di trascorrere la mattina in sua compagnia.

Non trovava niente di più piacevole della lettura di un libro, ogni volta gli si spalancavano le porte del mondo, poteva udire gli antichi sapienti narrare le gesta dei primi eroi, poteva vedere gli scienziati usare la loro conoscenza, con l'immaginazione riusciva ad alzarsi in volo ed osservare il suo regno com'era mille anni prima della sua nascita.

Preso com'era dalla narrazione dell'autore del libro non si accorse che era giunta l'ora di pranzo, la torre campanaria aveva suonato dodici rintocchi; la biblioteca si trovava esattamente sopra le cucine reali, se si concentrava poteva sentire i cuochi che cucinavano e gli odori che uscivano dalle pentole.

Chiuse a malincuore il suo tesoro e si diresse verso la sala da pranzo, lì vi trovò suo fratello intento a discutere di strategia militare con West mentre la principessa Utena giocava a carte con una delle sue dame di compagnia vicino al camino scoppiettante.

« Oh, fratello, sei arrivato giusto in tempo, vuoi unirti con noi per il pranzo? » gli domandò Frey Noc Savhr avvicinandosi.

« Molto volentieri. »

Il principe ereditario diede ordine che fosse servito il pranzo e mentre i commensali si accomodavano chiese al capitano delle guardie del castello la ragione del perché sua sorella non fosse presente nonostante fosse stata invitata.

« Vogliate perdonarla, principe. » rispose West umilmente, « Mia sorella è indisposta oggi, mi manda a ringraziarvi per l'invito e allo stesso tempo si scusa per non poter essere presente. »

Katòn sorrise debolmente, in realtà Esta non aveva voluto partecipare a causa della presenza della principessa; come gli aveva spiegato poco prima, quando si erano incrociati in uno dei tanti corridoi del castello, Lady Utena non tollerava la sola vista della donna, l'accusava di averle portato via il cuore del marito, ed Esta non era sicura di poter sopportare la visione dell'uomo che aveva amato con tutto il cuore tra le braccia di un'altra donna.

"Questa rivalità potrebbe non essere più sostenibile un giorno."
constatò Katòn addentando della carne di cinghiale, "Ma in ogni caso non è affar mio, io ho altri problemi da affrontare."