lunedì 25 gennaio 2010

Ragnarok

09

« Ma come? Non ti degni neanche di salutarmi? »

Esta fu presa dal panico, cosa ci faceva suo fratello ad un ballo in maschera, per giunta nella capitale del regno? Avrebbe potuto dirgli che si stava sbagliando, che la stava confondendo con un'altra persona, avrebbe potuto persino dirgli che era ubriaco marcio e non distingueva bene la realtà, avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, ma non lo disse. La loro somiglianza era palese anche con le maschere che coprivano loro gli occhi e parte del volto.

« Cosa ci fai qui? » domandò in un soffio Esta al fratello.

« No, la domanda è: cosa ci fai TU qui? » la rimbeccò West prendendola per un polso e trascinandola via, nel recarsi verso l'uscita della sala incrociò lo sguardo di Katòn e gli fece cenno di seguirlo, il divertimento, per quella sera, era finito.


« Dunque siete di Hollas. Non ci sono mai stato. » rispose Kat quando la fanciulla, dopo essersi presentata, dichiarò di provenire dal regno di Hollas.

« Sì, in confronto ad Irrfad è un regno piccolo, ma sa farsi valere, la popolazione vive bene e questo è quello che conta. » affermò Shirea distogliendo per un attimo lo sguardo, come se in realtà pensasse tutto il contrario.

« Cosa vi porta qui ad Irrfad? Se posso chiedervelo ovviamente, madamigella Shirea. »

« Alcuni miei parenti da parte di madre vivono qui, i miei genitori desideravano che io facessi loro visita, è una buona scusa per farmi conoscere la vità di città. » disse mentre il suo volto, tutt'a un tratto, si illuminava di un candido sorriso.

"Che strana fanciulla, chissà a cosa pensa. Prima è titubante, poi sembra mentire mentre adesso è il ritratto della sincerità. Chi lo sa, magari è vincolata da qualcosa e non può rivelare certe informazioni..." pensò Katòn, i suoi pensieri erano legittimi, lei possedeva il ciondolo degli araldi, era legata ad una Dea e, come lui, aveva dei segreti che dovevano rimanere tali.

Stava per decantare le bellezze del suo regno quando vide West fargli cenno di andare via e di tornare a casa, notò che si stava letteralmente trascinando dietro una ragazza, in un raro impeto di gelosia concepì nella sua mente uno strano senso di ingiustizia, perché solo West poteva divertirsi con le donne? Scacciò immediatamente il pensiero, Katòn conosceva troppo bene il capitano delle guardie e sapeva benissimo che non avrebbe mai costretto una donna a seguirlo, mai! La questione dunque doveva essere grave.

Con un inchino si congedò da Shirea.

« Abbiate pazienza damigella, ma il mio caro amico ha bisogno di me, spero di potervi incontrare di nuovo qua in città. » la salutò con un elegante baciamano, Shirea s'inchinò a sua volta e lasciò che Katòn se n'andasse.


« Si può sapere cosa sta succedendo? » chiese il principe appena ebbe raggiunto West e la ragazza ai cavalli, lasciati in una stalla leggermente isolata dal gruppo di edifici.

West sguainò la spada che aveva lasciato legata alla sella e la rivolse verso la fanciulla.

« Katòn, ti presento mia sorella Esta, la stupida mercenaria che s'è fatta beccare. »

Esta si strappò di dosso la maschera che le copriva il volto e fissò rabbiosamente il fratello, come osava dire una cosa del genere? Cosa ne sapeva lui di quello che era successo? Non era in quella tenda quando aveva ucciso il vecchio pezzo, non poteva parlare di cose di cui non era a conoscenza.

Stava per sputargli addosso tutta la frustazione che aveva in corpo quando la sua mente ponderò un attimo su ciò che il fratello aveva appena detto. West aveva nominato Katòn e Katòn era il nome del fratello di Frey, lo osservò con attenzione per qualche secondo, se i due fratelli di differenziavano per gli occhi - Frey castani e Katòn grigi - non si poteva dire lo stesso per i capelli: medesima tonalità di nero lucente, stessi lineamenti, i punti in comune erano troppi per sembrare solo una coincidenza.

La donna decise di lasciar perdere il fratello - se gli avesse dato peso sarebbe andata a finire con un duello di spade e nella precaria situazione in cui si trovava doveva dare il meno possibile nell'occhio - e si rivolse direttamente al principe.

« Voi siete Katòn? Katòn noc Ferac? Fratello di Frey noc Savhr? »

Kat trasalì un istante, la donna lo conosceva e conosceva anche suo fratello, era la sorella di West, ma chi era in realtà per conoscere Frey? Come aveva potuto conoscerlo se erano due mesi che se n'era partito per la guerra.

Poi un'idea sinistra gli balenò in mente, nell'ultimo dispaccio era venuto a conoscenza di un fallito attentato al principe ereditario, Esta era una mercenaria ed era stata vista per l'ultima volta a Sejh'katar, l'ultima città prima del deserto... dove l'esercito stava marciando. E se fosse stata lei e cercare di uccidere suo fratello? Del resto non aveva esitato ad uccidere un nobile.

« Se siete davvero voi, » riprese la mercenaria « dovete ascoltarmi, vostro fratello ha una lettera per voi, non sto mentendo, datemi il tempo di raggiungere il mio alloggio e vi dimostrerò che sto dicendo la verità! »

« Stai scherzando vero? Io sono il capitano delle guardie del castello, tu sei ricercata, non ti permetterò di andare oltre le prigioni del castello! » esclamò West avvicinandosi alla sorella.

« Sarò anche ricercata, ma il mandato di cattura ancora non è arrivato ufficialmente in questa regione del regno. Mi tengo informata sai? »

La tensione tra i due parenti pareva scaturire elettricità, si fissavano rabbiosamente negli occhi e nessuno sembrava intenzionato a cedere; Katòn si trovava tra quei due fuochi, indeciso sul da farsi: seguire il consiglio dell'amico e fidarsi della ragazza? Dare retta al capitano o fare come affermava la mercenaria?
Se Esta non avesse tirato in ballo suo fratello la scelta sarebbe stata semplice, ma Kat conosceva suo fratello, non si affidava alla prima persona incontrata per caso, specie se era intenzionato ad ucciderlo.

West ed Esta stavano per arrivare alle mani, Katòn li fermò prima che potessero azzuffarsi e, inghiottendo un amaro boccone, decise di dar retta alla donna.

« Cosa? Sei impazzito tutto d'un tratto? Lei è un'assassina! Va fermata, non dobbiamo andarci a passeggio insieme! »

« É stata legittima difesa, se può interessarti, e comunque è lui che comanda no? Devi sottostare alle sue decisioni! E adesso, se permetti, vado a recuperare la lettera e torno in un battibaleno, sta' pure tranquillo che non scappo... non posso permettermelo. »


Il principe lesse attentamente la lettera scritta di proprio pugno dal fratello, poche ma significative righe.

"Fratello, se stai leggendo questo vuol dire che Esta è con te.

É stata accusata di tentato omicidio nei miei confronti, ma sono tutte bugie, anzi, lei mi ha salvato la vita! Finché non chiarirò la situazione con nostro padre e il mandato non sarà revocato ti prego di tenerla al sicuro e di proteggerla, è molto importante per me, lei mi è molto cara."

West gli strappò di mano la lettera per poterla leggere a sua volta, non poté fare a meno di ridere per quello che c'era scritto.

« Non solo sei un'assassina, ma sei pure la sgualdrina dell'erede al trono. »

Lo schiaffo lo colpì forte sulla guancia.

« Tu non sai. Evita di parlare. »

venerdì 22 gennaio 2010

Ragnarok

08

Non c'è niente al mondo di più volubile del cuore di una donna. Può amore o odiare con la stessa intensità una medesima persona, può provare entrambe le emozioni, costantemente al centro di vorticose emozioni che non riesce a controllare. Amare per una donna significa donare tutta se stessa. Odiare per una donna significa mettere tutta se stessa. Non c'è una gran differenza, amore e odio sono due facce della stessa medaglia, il momento prima ami con tutto il cuore, l'attimo dopo preghi per la sua disfatta.

Non c'è niente al mondo di più volubile del cuore di una donna.

Questo Esta lo aveva imparato a sue spese. Mercenaria, non per sua volontà, si era ritrovata a combattere nell'esercito di Irrfad, arruolata dal principe Frey noc Savhr, ancora aveva da capire come aveva fatto a cedere al fascino del principe ereditario. Uno dei tanti insegnamenti di suo padre, anch'esso mercenario, era quello di non farsi incantare dagli altri, ma vedere sempre e solamente dentro gli animi della gente. E lei lo aveva fatto, aveva visto gentilezza e pietà in Frey, nel momento in cui le aveva offerto di combattere per il regno; si era dimostrata una valida guerriera e l'esercito aveva bisogno di ogni persona che fosse capace di combattere, anche se donna.

« Siete abile nel maneggiare una spada, da sola avete sconfitto tre dei miei uomini migliori, vorreste arruolarvi? Avreste una paga assicurata e dopo che questa guerra sarà finita, se ve lo sarete meritato, potreste anche fare carriera. »

Esta lo aveva squadrato dalla punta dei capelli fino alla pianta dei piedi, era indubbiamente sincero e maledettamente bello. Ne aveva incontrati di uomini nella sua vita, ma mai affascinante come il principe. Si era lasciata convincere ed era partita da Sejh'katar insieme alle truppe di Irrfad, lungo la traversata del deserto aveva saputo molte cose di lui cavalcandogli accanto, dapprima aveva ammirato i lunghi capelli neri, raccolti in una bassa coda, ondeggiare e seguire il ritmo che la cavalcatura imponeva, poi, parlando con lui, aveva avuto modo di osservare attentamente il nocciola dei suoi occhi.

Aveva saputo che aveva un fratello, Katòn, che era il suo opposto, ma che gli voleva un bene dell'anima, aveva saputo che era fidanzato e che presto si sarebbe sposato, non amava la sua fidanzata, il suo era un matrimonio combinato, ma per il bene del regno e per mantenere rapporti di amicizia con la nobiltà, avrebbe preso in moglie questa fanciulla.

Esta non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe innamorata, suo padre le aveva insegnato che i sentimenti rovinano quelli che facevano quello sporco mestiere, i sentimenti avevano traviato West, suo fratello, rendendolo un debole, un cagnolino, solo chi escludeva i sentimenti dalla propria vita poteva dirsi mercenario.

Aveva scoperto l'amore.

Il principe Frey apprezzava la sua compagnia, era l'unica persona con cui poter parlare liberamente, la riteneva superiore a chiunque egli conoscesse; certo, l'aspetto di lei influenzava molto il principe, ma era una cosa che passava in secondo piano, era la belleza interiore di Esta che ammaliava il giovane Frey, così tanto che non esista altro all'infuori di lei.

E una notte finalmente si conobbero.


Essere giovani, belli e principi ereditari si sa, porta gioia e sofferenza, invidia da parte degli altri.

E l'invidia portò un vecchio nobile decaduto, che aveva speso la sua fortuna in donnacce, alcool e gioco d'azzardo, a reclamare, in un momento di svergonata euforia, un suo antico diritto ereditario, Il principe non gli diede peso, era solo un povero pazzo inebriato dai fumi dell'alcool.

Finì male, il nobile morì sotto i colpi della spada di Esta, accusata - da alcuni soldati che l'avevano sentita gridare "Ti ucciderò con le mie stesse mani!" - dell'omicidio del nobile e del tentato omicidio del principe.

Non ci fu il tempo di dare spiegazioni, Esta doveva scappare. Frey scrisse poche righe su un foglio e lo consegnò alla ragazza.

« Presto fuggi! Quando le acque si saranno calmate spiegherò la situazione a mio padre, non devi temere. Ora devi andare a La Capitale, al castello reale e cercare mio fratello, dagli questa lettera, lui saprà cosa fare. »

Braccata come fosse selvaggina Esta era riuscita ad arrivare in città, la notizia dell'attentato al principe ancora non si era diffusa e le probabilità di non essere scoperta erano aumentate visibilmente, ora doveva confondersi con la gente, trovare un metodo per entrare nel castello senza destare sospetti e trovare il fratello di Frey, non sarebbe stato un compito difficoltoso, tutto il regno sapeva che Katòn era reggente, la difficoltà stava nel rimanere sola con lui e sperare che le credesse.

Quale modo migliore per venire a conoscenza di certi segreti di un ballo in maschera? Suo padre glielo diceva sempre: "Approfitta di ogni occasione utile per carpire i segreti e le debolezze del tuo obbiettivo." ed Esta non si sarebbe certa lasciar sfuggire un'occasione come quella.


Aveva fallito. Non aveva trovato nessuno che potesse rispondere alle sue domande, pareva impossibile che nessuno sapesse niente, aveva chiesto, discretamente, ma non aveva ottenuto risposta. Non aveva altro da fare a quella feste quindi decise di tornare al piccolo alloggio che aveva affittato, certa che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza.

Ciò di cui non si era accorta era che suo fratello West l'aveva riconosciuta nonostante la maschera e seguiva ogni suo minimo spostamento.

Non le permise di uscire dalla sala.

« Aspetta un attimo sorella, dopo anni che non ci vediamo nemmeno ti degni di salutarmi? »

domenica 17 gennaio 2010

Ragnarok

07

« West, credo che dovremmo tornare al castello. »

« Katòn, per favore, sto cercando di farti divertire un po', ti ho visto quanto eri annoiato oggi in compagnia degli al Kino. E ringraziami che non ti portato in un bordello! »

Katòn noc Ferac scosse la testa, discutere con il capitano delle guardie era una cosa non fattibile, aveva provato a ribellarsi, ad imporre la sua autorità come suo principe e come reggente del regno, ma non ci fu niente da fare, West fu implacabile, con lui quegli atteggiamenti non funzionavano, e così Kat si ritrovò nel bel mezzo di un ballo in maschera organizzato dalla media nobiltà che viveva nella città.

Il pranzo con Lady Utena che le aveva promesso il giorno prima non si era svolto esattamente come aveva pianificato il principe, la damigella aveva frainteso le parole del reggente e aveva portato con sé anche i suoi genitori; Katòn, vedendoli a disagio per aver commesso un errore così grossolano, li rassicurò affermando che un giorno suo fratello sarebbe stato suo figlio, quindi era giusto preoccuparsi per la sorte di un membro della famiglia. Più tardi West si complimentò con lui con l'enorme fantasia che aveva,aveva rimpastato ai nobili al Kino la medesima frase, modificata nei punti giusti, che aveva propinato alla fanciulla.

La presenza dei futuri suoceri di Frey indisponeva Kat, non poteva parlare liberamente, era sottoposto ancora una volta alle rigide regole dell'etichetta. In ogni modo informò che, basandosi sulle ultime notizie arrivate proprio quella mattina, il principe ereditario stava bene, era in perfetta salute ed aveva conquistato onore e gloria nella battaglia del deserto svoltasi qualche giorno prima; nel dispaccio si parlava anche di un attentato andato in malora, ma Katòn ritenne di non doverne parlare. Lady Utena tirò un sospiro di sollievo, il suo principe era sano e salvo, questo era l'unica cosa che le interessava, il suo era un matrimonio combinato, nonostante ciò amava realmente Frey con tutto il cuore, ne era innamorata da sempre, per lei fu una gioia indescrivibile sapere che avrebbe sposato il grande amore della sua vita e non un vecchio nobile, già sposato altre volte, con figli addirittura più vecchi di lei, come era capitato a molte sue conoscenze.

Dopo pranzo Katòn si occupò delle solite faccende che svolgeva da ormai due mesi, era tutto così noioso, così ripetitivo. Con i libri non aveva questo rapporto, al contrario, ogni lettura era una nuova scoperta, un nuovo viaggio verso la conoscenza, aveva letto tutti i libri presenti nella biblioteca ed ogni nozione era rimasta impressa nella sua mente: storia, geografia, natura, cultura; di tutto ciò il principe era competente; negli ultimi tempi, prima che suo padre decidesse di partire per la guerra, si era interessato alla teologia e come per ogni cosa che gli interessava, lesse tutto ciò che aveva a disposizione che parlasse di divinità, non ne era un grande esperto - poteva nominare almeno cinque saggi che ne sapessero più di lui - ma ne sapeva abbastanza per poter intavolare un discorso come si deve.

Cenò insieme ai ministri e diede le ultime direttive della giornata, quando credette di potersi finalmente riposare nel suo bel letto, sotto le spesse coperte, West venne da lui e lo obbligò a seguirlo.

« West, no, non voglio! »

« Dai che ti diverti, stanotte ti porto in un bel posto. »

Uscirono di nascosto, protetti da lunghi mantelli nero che si confondevano con la notte, e con i cavalli raggiunsero il centro della città per partecipare ad un ballo in maschera. West aveva preparato tutto il giorno prima, quando con i suoi uomini era andato ad ingrandire il numero di soldati della guardia cittadina.

I disordini furono sistemati in breve tempo e il capitano delle guardie del castello ne aveva approfittato per fare un giro per la città, da molto tempo non vi si recava ed era ansioso di scoprire se i suoi luoghi di svago preferiti erano ancora aperti; dalle chiacchiere di due dame era venuto a sapere del ballo in maschera, non poteva non andarci e non poteva non portare il suo migliore amico. Comprò due mascherine che coprissero gli occhi e le nascose sotto l'armatura di ferro prima di rientrare al castello.


Katòn era leggermente in disparte, la maschera che gli aveva procurato West gli pizzicava il naso e gli procurava un enorme fastidio, inutili i consigli dell'amico di non pensarci, quel prurito c'era ancora e non accennava ad andarsene.

Il principe osservò ciò che gli si presentava davanti, quello che doveva essere un ballo organizzato da nibili alla fine si rivelò essere una festa medio borghese, non che avesse qualcosa da ridire, solo all'inizio non capiva come potevano i nobili comportarsi in modo così sfacciato e parlare sguaiatamente.

Una fanciulla attirò la sua attenzione; anch'essa, dall'altra parte della sala, se ne stava in disparte, si guardava intorno come se stesse cercando con gli occhi il suo accompagnatore, Kat non riusciva a vederla bene - i danzatori occultavano gran parte della sua visuale - e più di una volta desiderò il collo della giraffa, l'esotico animale che viveva nel sud dell'Hollas la cui particolarità era il lunghissimo collo. Dovette spostarsi verso l'angolo a destra, dove poteva ammirare la ragazza sconosciuta senza l'intoppo della gente che gli ballava davanti.

Più passava il tempo e più Katòn le si avvicinava, la ammirava da lontano, scorgendo quei particolari che prima non poteva captare; il vestito della damigella era di buona fattura, era di un taglio semplice, che richiamava quello degli abiti delle dame borghese, una lunga gonna che cadeva fino ai piedi e la parte superiore scollata tanto da scoprirle le spalle, gli orli delle maniche erano ornati da pizzo bianco e intorno al collo troneggiava un ciondolo molto familiare al principe. Assomigliava moltissimo al ciondolo che gli aveva consegnato la Dea Roriath il giorno in cui avevano stipulato il patto.

Si avvicinò ancora per poter osservare meglio, ormai non c'erano dubbi, era il solito ciondolo quindi questo stava a significare che la fanciulla era l'araldo di una delle Dee partecipanti al Ragnarok.

West gli si accostò portando due bicchieri di vino bianco ghiacciato.

« West dimmi, tu che conosci molte fanciulle, la conosci la ragazza laggiù? Quella con il vestito rosa. »

« Uhm... No, ma penso che l'andrò a conoscere subito. » ridacchiò il capitano finendo di bere in un sorso il suo vino.

« Aspetta! »

« Che c'è?

Ah, ho capito... Vieni con me. »

West prese per un braccio Katòn e lo invitò a seguirlo, un dolce profumo di vaniglia proveniente dalla fanciulla - ormai a pochi passi di distanza da lui - lo inebriò; era come diventato ubriaco, non sentiva altro che vaniglia tutto intorno a lui.

« Mirabile fanciulla, » disse West con il suo tono più seducente, « il mio amico qua presente è stato attratto dalla vostra bellezza, può avere l'onore di conversare con voi? Ve l'avrebbe chiesto lui stesso se non fosse troppo timido, posso sperare nella vostra magnanimità? »

La fanciulla non rispose, ma fece intendere, con un sincero sorriso ed un inchino, che era ben disposta ad accettare la richesta del capitano, questi si voltò in direzione del principe e gli fece un cenno con la mano per poi dileguarsi tra la folla.

Katòn poté notare l'azzurro delle iridi della damigella e il colore del cioccolato dei capelli, le sorrise e le baciò la mano. Per sua fortuna il suo ciondolo era nascosto tra le pieghe dell'abito, si domandò che reazione potesse aver avuto la ragazza di cui ignorava il nome alla vista di ciò che quel monile significava. Scacciò il pensiero, il Ragnarok non era ancora iniziato, non v'era motivo per pensarci.

« Perdonatemi Signore, ma non conosco il vostro nome. »

« Julian, il mio nome è Julian, e il vostro? »

Katòn non ci pensò due volte a mentire riguardo il proprio nome, per prima cosa non intendeva far sapere che si era recato a quella festa; se si fosse sparsa in giro la voce sarebbe stato uno scandalo per il regno, mentre suo padre combatteva a sud lui si divertiva ai ritrovi popolari; no, non poteva assolutamente permettersi una cosa del genere, poi c'era da considerare che in quel momento ricopriva il titolo di reggente del regno, un'aggravante.

Per seconda cosa non si stava dimenticando che stava conversando con un araldo, se le avesse confessato il suo vero nome non sarebbe stato difficile per lei rintracciarlo durante il Ragnarok, doveva essere cauto.

« Piacere di fare la vostra conoscenza sir Julian, io sono Shirea da Hollas. »

giovedì 14 gennaio 2010

Ragnarok

[Per capire meglio la prima parte dell'episodio di oggi occorrerebbe una mappa. Una mappa, almeno per me, è fondamentale per comprendere bene, dove si svolge la storia, specialmente se si inizia a parlare di altri luoghi e strade da prendere. Per questo motivo, grazie ai miei potentissimi mezzi grafici - leggasi Paint - sto finendo di elaborare la mappa di Irrfad, quando sarà pronta troverò il modo di farvela avere a disposizione.]

06


Sejh'katar, la roccaforte del deserto. L'ultimo avamposto umano prima della grande distesa di sabbia che separava Irrfad da Jukigabijo, il regno nemico. La città non fu costruita nei pressi di un'oasi, né era presente un lago nelle vicinanze, da sempre gli abitanti di Irrfad, in particolar modo i contadini e chiunque non potesse avere accesso ad un'istruzione decente, si chiedevano come facesse Sejh'katar a prosperare così magnificamente, non si era mai sentito parlare di condizioni ai limiti della sopravvivenza in quell'unico centro di civiltà di tutto il deserto, al contrario, le notizie che giungevano erano di assoluto gaudio, gli uomini lavoravano la terra, le donne compravano al mercato e i bambini giocavano spensierati nella piazza della città, incuranti dall'essere circondati da una vasta distesa di sabbia.

Tutto ciò era reso possibile da un fiume sotterraneo che partiva dal lago Hui, a molte miglia di distanza verso nord, giungeva nei pressi delle mura della città per poi curvare e lambire i confini del deserto verso ovest, tornando in superficie soltanto nel regno di Hollas; un sistema di acquedotti e macchine drenanti permettevano a tutti i cittadini di usufruire dell'acqua.

Sejh'katar era una città molto indipendente dal punto di vista del commercio, grazie a quella sua peculiarità non aveva particolare bisogno di scambiare merci con altri centri urbani, aveva i propri campi da coltivare, i propri pascoli, dagli animali traevano il cuoio e dai campi il cotone per intessere abiti, l'unica cosa che richiedevano era ferro, nient'altro che ferro.

« Ti è sufficiente questa barra di ferro? »

« Oh! Sì mia signora, è sufficiente, non dirò a nessuno che siete passata di qua, ve lo giuro in nome dl Re degli Dei! »

« Assicurati allora di mantenere la tua parola, in caso contrario verrò a prendere il tuo scalpo. »

La donna sellò il cavallo, un maestoso esemplare di cavallo da guerra e uscì dalla stalla lanciando il destriero al galoppo. Era ricercata per un crimine che non aveva commesso, non aveva tempo per cercare le prove della sua innocenza, se l'avessero scovata, l'avrebbero imprigionata e forse condannata a morte, l'omicidio di un nobile non passa inosservato.
Coperta da un mantello uscì dalla città prendendo la strada che l'avrebbe condotta a Kantara, continuando poi passando per Namida e infine sarebbe giunta a La Capitale, dove avrebbe dovuto incontrare un uomo di fiducia di colui che amava; in una tasca interna della sua veste era al sicuro una pergamena, la sua unica via di salvezza.

Lady Utena passeggiava nei giardini del castello, accerchiata dalle sue dame di compagnia e dalle altre nobili fanciulle, desiderose di entrare fra le sue grazie in quanto promessa sposa dell'erede al trono; la dama era al centro di tutte le attenzioni, "Guarda le rose, non sono niente in confronto alla tua bellezza." "I gigli sono così delicati ma mai quanto la tua pelle." "Sei liscia più di una pesca.". Utena al Kino sorrideva maliziosa a quelle premure così false come il sole di notte, tutte le damigelle del castello pendevano dalle sue labbra ma nessuna era degna della vera attenzione della signorina al Kino.

Un giorno lei sarebbe diventata regina, sarebbe diventata superiore a quel branco di gallinelle che lottavano fra loro per una briciola d'attenzione, e finalmente avrebbe potuto esternare il suo disgusto verso questo atteggiamento, odiava tutte le donne che la circondavano, avide e bramose di privilegi che non possedevano; il filo dei suoi pensieri si diradò non appena vide il principe reggente accompagnato da uno dei ministri costeggiare i loggiati del cortile, con un sorriso e un filo di voce si allontanò dal cerchio di donne e si avvicinò a Katòn con l'aria più umile che potesse assumere.

« Dunque cosa mi consigliate? »

« La cosa migliore da fare è quella di accontentare gli operai del ponte Maestà. »

Lady Utena esitò un attimo, non le piaceva origliare il discorso del reggente, da quel poco che aveva sentito doveva trattarsi di una questione importante, non voleva fargli perdere tempo ma non voleva nemmeno lasciar perdere.

« Maestà? Scusate il mio ardire nell'interrompere i vostri impegni, ma c'è un'affare importante di cui vorrei parlarvi. »

La nobile fanciulla s'inchinò rispettosamente e attese che il principe le rispondesse. Katòn congedò il suo ministro con un cenno della mano e invitò Lady Utena a rialzarsi, come imponeva l'etichetta la prese sotto braccio e iniziarono a passeggiare sotto i loggiati.

« Volete sapere di mio fratello, ho indovinato? » chiese Kat guardando fisso in avanti.

« Sì Maestà, è molto tempo che il re e il mio promesso sono partiti e ancora nessuno della nobiltà ha sue notizie. Vi prego, se vi dovessero arrivare delle informazioni io... »

« Non preoccupatevi Lady al Kino, voi sarete la prima che informerò, dopo il Consiglio di Stato s'intende. Presto diventerete mia sorella, che fratello sarei se mi comportassi altrimenti? »

Lady Utena gli rivolse il più sincero dei suoi sorrisi e si scusò ancora una volta per averlo interrotto.

« Non avete niente di cui scusarvi Lady al Kino, le vostre preoccupazioni erano più che giustificate, »

West al Denìo s'intromise di gran fretta, era sbucato da una delle porte dei loggiati e si era avvicinato a corsa al principe.

« Maestà, ci sono dei disordini in città, il comandante delle guardie cittadine chiede rinforzi. »

L'allegra giovialità tipica del capitano sembrava scomparsa del tutto, della confidenza con cui si rivolgeva a chiunque non v'era più traccia, l'uomo inginocchiato di fronte a Katòn era un perfetto soldato. Nonostante si conoscessero da anni il principe anora non si era abituato a questo "cambio d'abito" dell'amico, di rado lo vedeva così assorto nel suo dovere, per lui, così come per tutti, West al Denìo era una persona affabile e alla mano.

Non ci pensò su due volte, ordinò che prendesse i migliori uomini del reggimento e che andasse a rinforzare le linee della guardia cittadina; si rivolse a Lady Utena porgendole le sue scuse per quel contratempo imprevisto e la invitò a pranzo per il giorno seguente, in modo da poter parlare tranquillamente e senza l'intoppo dell'etichetta.


Roriath, dall'alto della sua dimora nel Mondo Divino, osservava lo sviluppo delle vicende umane, lei, che aveva una visione globale di quello che stava accadendo, che conosceva ogni particolare della storia, ridacchiò.

« Mio caro Katòn... Voglio vedere come riuscirai a cavartela adesso.

Tu non hai idea della situazione in cui ti caccerai, ma io sì, e se davvero riuscirai allora non ci sarà bisogno che io ti insegni. Sembra quasi che il fato ti abbia riserbato questa prova apposta. »

venerdì 8 gennaio 2010

Ragnarok

05

« Mia sorella è ricercata. Sembra che abbia ucciso un vecchio nobile, decaduto tra l'altro, e adesso la stanno cercando in lungo e in largo. L'uomo che mi ha spedito la lettera dice di averla vista l'ultima volta nella città di Sejh'katar che si stava dirigendo a Nord. »
Il capitano delle guardie guardava il paesaggio innevato appoggiato con i gomiti sull'alto mura della terrazza del castello reale, gli faceva strano parlare di sua sorella, non aveva mai rivelato a nessuno della sua esistenza, sarebbe stata un'onta troppo grossa per esere lavata via facilmente, si vergognava di essere suo fratello ma, nonostante non si vedessero da anni, continuava a preoccuparsi per lei.
« Sai, non è propriamente mia sorella, in comune abbiamo il padre ma le nostre madri sono diverse. Siamo coetanei, nostro padre ci ha concepiti nello stesso periodo, non ho ide di come siano andate le cose, se lui abbia tradito mia madre o la madre di mia sorella, fatto sta che venne scoperto e che gli venimmo affidati senza troppi complimenti. Lui era un mercenario, combatteva per soldi, non ci faceva mancare nulla, questo lo ammetto ma ogni notte ci addormentavamo con il dubbio di non rivederlo mai più.
Poi non so cosa successe, ero troppo piccolo perché possa ricordare, so solo che venni affidato a Fafka al Denìo, ne presi il cognome e divenni suo figlio a tutti gli effetti; ogni tanto mi arrivavano notizie di mio padre e mia sorella, la fece diventare una mercenaria come lui... E adesso guarda come è ridotta, costretta alla fuga, esattamente come nostro padre. »
Katòn noc Ferac ascoltò il racconto dell'amico in religioso silenzio, era perfettamente conscio del fatto che West non stava realmente parlando con lui bensì stava confessandosi, stava liberandosi di un peso che lo opprimeva da tempo; il principe non sapeva cosa dire, cosa poteva fare lui? Anche se era il reggente non poteva annullare il mandato di cattura che pendeva sopra la testa della sorella dell'amico, non poteva usurpare la legge o si sarebbe comportato alla stregua di un tiranno, e poi non sapeva neppure come si chiamasse questa donna, West non aveva fatto il suo nome.
« Se posso fare qualcosa per te... » Kat gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla, non era di grande aiuto ma voleva sapesse che avrebbe potuto contare sempre su di lui. West sorrise e cambiò argomento di discussione, non era suo stile rimuginare troppo sulle cose.
La luna era coperta da nubi e non si riuscivano a vedere le stelle, il cielo era oscuro, nero, tenebroso; in lontananza si sentiva l'eco di un temporale che si stava avvicinando, in breve tempo avrebbe raggiunto quella zona per inondarla con la sua pioggia. Kat e West stavano in silenzio a fissare un paesaggio invisibile ai loro occhi, non c'era abbastanza luce per poter vedere oltre il proprio naso; il principe starnutì, faceva freddo quella sera e anche se si era coperto con una pelliccia di ermellino il gelo si insinuava dentro le sue ossa.
Ad un tratto una goccia di pioggia cadde dal cielo per posarsi su una guancia del capitano, poi un'altra sui capelli di Katòn, un'altra ancora sul pavimento del terrazzo, e alla fine il temporale giunse a distrarli dalle loro preoccupazioni. I due amici si rifugiarono sotto i loggiati della terrazza, West non era intenzionato a tornare giù al pian terreno, nell'ala dedicata ai soldati, voleva rimanere ancora là a non pensare a niente, se fosse tornato nella sala comune sarebbe stato sommerso di richieste e impegni, in quel momento desiderava soltanto restare in pace; Katòn noc Ferac, dal canto suo, aveva deciso di rimanere accanto all'amico in quel momento di più bisogno, si sostenevano a vicenda e come il capitano aveva sostenuto lui allora lui avrebbe fatto altrettanto.

La campana del castello suonò mezzanotte e ruppe il silenzio che vi aleggiava facendo sentire a tutti il miracolo della tecnologia. C'erano voluti quasi cinquant'anni perché gli scienziati e gli uomini di sapere di tutta Irrfad riuscissero a costruire la torre campanaria del castello, mezzo secolo di ingegni e progetti di costruzioni, discussioni tra i più esperti luminari e allegre scazzottate tra gli operai, ma alla fine era venuta su: un'alta torre che segnava l'orario del giorno diviso in ventiquattro ore.
Il problema degli scienziati non fu tanto quello di suddividere la giornata in ore, quanto quello di proiettare l'ora su un grande pannello di forma rotonda posto in cima alla torre.
Il risultato finale fu quella immensa torre, la più alta del castello, nella parte più alta, sui quattro lati vi era una lastra di ferro rotonda, intagliata in dodici parti, all'interno una grande stanza conteneva una dozzina di clessidre, ciascuna di essa misurava il tempo corrispondente ad un'ora; ogni clessidra faceva muovere due lancette sui pannelli, quando si svuotava una clessidra la sabbia di quella successiva iniziava a scendere in un ciclo che non si arrestava ormai da tre secoli; due uomini erano incaricati di girare le clessidre e di supervisionare lo stato delle complesse macchine che lavoravano giorno e notte. La torre campanaria fu il vanto di Irrfad per molto tempo, unica fra tutti gli stati a possedere una torre simile, negli anni avvenire quella tecnologia si diffuse in tutto il regno, ma quella del castello era rimasta la più famosa.
« Sarà meglio che tu ritorni nelle tue stanze, non è adatta ad un principe la vita notturna. » esordì il capitano delle guardie sospirando e scrollando le spalle mentre si avviava alle scale che l'avrebbero condotto nella sua stanza.
« uh? Sì, sì, è il caso di andare. » rispose Katòn interdetto per un secondo, il suo piano iniziale era quello di confessare all'amico che aveva battuto volontariamente la testa contro una colonna perché la sua parte razionale rifiutava la situazione in cui s'era cacciato, probabilmente gli avrebbe dato del pazzo ma West era l'unica persona a cui confidare un segreto simile.
« A proposito, tu non volevi dirmi qualcosa per caso? »
Come volevasi dimostrare, Kat rimase, per la seconda volta in brevissimo tempo, senza parole, cosa poteva rispondere all'amico?
« Chi io? Sì... cioè no, cioè... prima sì, ma adesso non importa più. »
« Non sei mai stato bravo a raccontare bugie, su, parla. »
« No davvero, non è niente di importante. »
West inarcò un ciglio e incrociò le braccia, non sopportava quando si tentava di nascondergli le cose.
« Me lo dici con le buone o devo estorcerti le parole con la forza? »
« E va bene, te lo dirò, » sospirò Katòn rassegnandosi « ma almeno sforzati di credermi! »
« Ok, va bene, non vedo quando mai ti avrei dato del bugiardo ma va bene. »
« West! Quando ti ho fatto il resoconto dettagliato della mia visita al Tempio di Roriath mi hai dato del bugiardo!! »
« Oh andiamo... non penserai mica davvero che io creda seriamente a questa storia della Dea? »
« Appunto... Be' se la metti così allora è inutile che io parli, dato che ha a che fare con la Dea! »
Il principe imboccò le scale con grande disappunto, era il suo migliore amico, perché continuava a non credergli? Era sempre stato sincero con lui, non aveva mai avuto motivo di mentirgli, perché mai avrebbe dovuto iniziare da quel momento? Non aveva voglia di stare a ragionarci sopra, si era preso una giornata di vacanza dai suoi impegni e doveva recuperare assolutamente, doveva consultarsi con il Consiglio per discutere sulle tasse, sulle condizioni del popolo, dello svolgimento della guerra... troppo da fare per un giovane principe più avvezzo alla conoscenza come lui.

lunedì 4 gennaio 2010

Ragnarok

04

« La prima cosa che devi fare è dimenticarti di tutto quello che sai o ti hanno raccontato sul Ragnarok. Sono tutte bugie e sciocchezze, poco di quello che dicono è vero.
Una cosa vera è che è una guerra, forse l'unica.
Prima di tutto devi metterti ben in testa che il Ragnarok è una guerra all'ultimo sangue fra le Dee del mondo divino, che si tiene una volta ogni cento anni; il premio in palio è quello di divenire la preferita del Re degli Dei.
Mi stai ascoltando? »
No, Katòn non ascoltava affatto la Dea della Guerra, era immerso nei suoi fitti pensieri e si domandava, ancora una volta, come aveva fatto a cacciarsi in quel guaio.
In un mese la sua vita era stata stravolta completamente. Maledetto il giorno in cui aveva seguito il consiglio di West al Denìo! Lui gli aveva suggerito di rivolgersi alla Dea della Guerra, lui! Ormai era troppo tardi per recriminare sulle azioni passate, il principe aveva accettato l'accordo dopo essersi assicurato che la fine del mondo non ci sarebbe stata, Roriath, Dea della Guerra, sorrise a quella sua domanda, non credeva che gli esseri umani potessero esere così creduloni da prendere per oro colato quello che vecchi pazzi scrivevano sui libri.
Stipularono il patto immediatamente, Roriath gli consegnò una catenella da mettere al collo come segno di riconoscimento; il principe era libero di fare quello che desiderava durante quell'anno, l'unica restrizione che aveva era quella di recarsi nella Casa della Dea una volta al mese per apprendere i segreti del Ragnarok e le mansioni che avrebbe dovuto svolgere una volta diventato a tutti gli effetti l'araldo di Roriath.
Ed ora eccolo lì, seduto su una panca del Tempio a riflettere sulla sua condizione. Aveva pure cercato di spiegare la situazione a West, ma questi non gli aveva creduto e gli aveva dato affettuosamente del pazzo.

La Dea lo fissò attentamente in volto, i suoi occhi penetrarono nella mente del principe per scovare l'ostacolo che lo stava distraendo, non le ci volle molto per capire cosa stava accadendo nei pensieri del giovane Katòn. Lo rimproverò aspramente, non poteva permettersi il lusso di pensare ad altro mentre lei gli stava insegnando, l'avesse fatto al cospetto di qualsiasi altri divinità sarebbe già stato fulminato.
« Continuiamo. Il tuo compito essenzialmente è quello di informarti sullo stato delle altre Dee attraverso i loro araldi, dietro c'è tutto un gioco di alleanze e scontri ma non preoccuparti, quando verrà il momento te ne informerò, riferirmi di quello che scopri e poi startene buono buono mentre combatto; niente di più facile, non trovi? »
Il principe non rispose, fissava il vuoto davanti a sé, un ebete, un imbecille che non capisce la domanda, ancora immerso nelle sue riflessioni, come farò, mi attaccheranno, non sono all'altezza. Si alzò lentamente, sotto lo sguardo attonito della Dea, che non credeva a quello che vedeva, e si avvicinò alla colonna più vicina, l'accarezzava come se fosse una cosa delicata. Roriath cercò di chiamarlo ma era come se Kat fosse sordo, poi, all'improvviso come un fulmine, il ragazzo batté la testa contro il duro marmo della colonna, non veloce abbastanza da essere fermato tempestivamente dalla Dea.
« Si può sapere che cosa ti è preso!? A momenti ti ammazzavi! » esclamò Roriath appena Katòn si fu svegliato.
La Dea della Guerra era furibonda, levitava a qualche centimetro da terra e delle scariche elettriche partivano dal suo corpo per irradiarsi intorno a lei, fissava irata il suo nuovo araldo, chissà cosa gli era preso per commettere una pazzia del genere! In tutta la sua esistenza non aveva mai trovato un servitore più strano di lui, tutti gli altri le obbedivano senza protestare, lui invece... non la stava ad ascoltare, si elissava dal mondo, aveva appena cercato di uccidersi! Un tipo veramente bizzarra, proprio come bizzarra era la situazione che lo aveva portato da lei.
Certamente era stata la prima e unica volta in cui un cadetto reale aveva pregato affinché il padre e il legittimo erede al trono tornassero sani e salvi da una guerra, solitamente chiedevano i contrario cosicché potessero ereditare il regno; forse era per quello che Katòn gli era piaciuto subito, perché per la prima volta aveva visto qualcuno interessarsi alle altre persone, una persona buona.
Roriath sospirò, era inutile continuare per quel giorno, avevano ancora molti appuntamenti in futuro e non sarebbe stata la fine del mondo se ne avessero saltato uno.
Lo rispedì a casa raccomandandosi per la volta successiva, non avrebbe più accettato un comportamento simile.

West al Denìo lesse per l'ennesima volta la lettera che gli avevano consegnato un'ora prima, i suoi occhi scorrevano da una riga all'altra ma il contenuto del foglio non cambiava: sua sorella Esta, esperta combattente, era ricercata per l'omicidio di un nobile decaduto. Il capitano si appoggiò alla sedia del suo ufficio tenendosi la testa con una mano, sua sorella era testarda e orgogliosa ma non era tanto stupida da uccidere una persona in vista.
Non si accorse nemmeno che il principe era di ritorno dalla città. Fu per un caso che gli sguardi dei dui ragazzi s'incrociarono, West vide l'incredulità in Kat e il principe vide la disperazione nell'amico; dopo cena si ritrovarono nella terrazza del castello, da cui si godeva di una vista mozzafiato.
« Devo dirti una cosa. »
« Anche io. »